Un viterbese in Antartide – “Il capitalismo non è l’unica economia possibile, lo dicono i pinguini”

Un viterbese in Antartide – “Il capitalismo non è l’unica economia possibile, lo dicono i pinguini”

Homepage - Bruno Pagnanelli scrive dall'Antartide. Lontano da tutto probabilmente vede meglio, penetra di più nel senso delle cose. In quello della vita, della natura ma anche dell'economia mondiale. Sembrerà strano ma da quel pezzo remoto del mondo arrivano a Viterbo riflessioni semplici e incisive.

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Bruno Pagnanelli scrive dall’Antartide. Lontano da tutto probabilmente vede meglio, penetra di più nel senso delle cose. In quello della vita, della natura ma anche dell’economia mondiale. Sembrerà strano ma da quel pezzo remoto del mondo arrivano a Viterbo riflessioni semplici e incisive.

E mentre una parte di mondo si azzuffa, cercando di esportare la “democrazia” a chi non la vuole e un’altra nasconde obiettivi di mercato dietro consigli di tv e giornali, qui, invece, sembra tutto fermo.

Sembra. Perché qui è diversa la percezione dello spazio e stravolta quella del tempo cosicché quel rapporto che conosciamo come velocità restituisce percezioni completamente differenti.

Così, mentre produciamo, consumiamo, inquiniamo e la maggioranza della leadership mondiale cerca di convincerci tutti che il capitalismo è l’unica forma possibile di economia, qui, intanto, una fila di pinguini di Adelia corre curiosa a cercare nuovi spazi, si ferma, scruta, gongola, si avvicina ad una slitta, mentre il mare pian piano si dissolve, sotto il manto delle nuvole che scende dai crinali.

Le stesse nuvole che, dopo una manciata d’ore, lentamente si dissolvono, lasciando solo qualche straccio bianco a lottare, isolato, a cercare di rimanere appeso al cielo. Il tutto mentre, in lontananza, dietro i primi piani di bianco, altre nuvole si formano dal nulla, danzando sotto la spinta del vento, accompagnandoti dolcemente alla sera, quella senza tramonto.

Un po’ come dicevano i francesi, quando parlavano del Laos e del suo antico e voluto isolamento, quando navigando sul Mekong, da una parte, quella tailandese c’erano i grattacieli, le luci e dall’altra, invece, le capanne e i bambini nudi a giocare con gli aironi.

Dicevano: “i vietnamiti piantano il riso, i Khmer li stanno a guardare e i Lao ascoltano il riso che cresce”.

E a me piace quell’idea, quella dei Lao. L’idea di stare qui, ad ascoltare la natura che “corre lentamente”. In silenzio.

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