Fiocco Rosa- Elisa Spinelli, essere se stesse per essere libere

Fiocco Rosa- Elisa Spinelli, essere se stesse per essere libere

Fiocco Rosa - La donna che intervistiamo oggi è cresciuta nei corridoi dell'Università degli studi della Tuscia, ma anche in quelli degli atenei di mezza Europa. Fisicamente e con le sue ricerche come dottoranda e soprattutto come donna. Elisa Spinelli è ora station manager di RadioUnitus, web radio dell'Ateneo viterbese, e proprio dietro ad un microfono sta realizzando la sua identità. L'abbiamo incontrata.

ADimensione Font+- Stampa

La donna che intervistiamo oggi è cresciuta nei corridoi dell’Università degli studi della Tuscia, ma anche in quelli degli atenei di mezza Europa. Fisicamente e con le sue ricerche come dottoranda e soprattutto come donna. Elisa Spinelli è ora station manager di RadioUnitus, web radio dell’Ateneo viterbese, e proprio dietro ad un microfono sta realizzando la sua identità. L’abbiamo incontrata.

Elisa Spinelli, ricercatrice, station manager di RadioUnitus e giovane attivista contro la violenza sulle donne, ho messo in ordine giusto queste tue caratteristiche?

“Sì, le considero attività molto legate tra loro. La mia crescita personale passa dalla ricerca universitaria, al mio lavoro per la radio dell’Università degli Studi della Tuscia e anche dal mio impegno per le donne, non solo per quanto riguarda l’aspetto più atroce della violenza.”

Cominciamo dall’inizio: sei stata una studentessa dell’Università degli Studi della Tuscia fino a diventarne dottoranda. Come è nata questa tua scelta e cosa ti ha portato a studiare per il tuo progetto di dottorato? Ce lo descrivi?

“Fin dalla triennale ero molto interessata all’approfondimento. Ricordo molto bene che verso la conclusione della magistrale il mio obiettivo era già dedicarmi alla ricerca, è una strada complessa, ma davvero appassionante. È una scelta che nasce dalla mia profonda passione per l’analisi, l’osservazione e lo studio. Nell’estate 2014 i media cominciarono a parlare di Stato Islamico. Da quelle prime letture e dai primi tragici video delle decapitazioni, prodotti da quel gruppo terroristico, iniziai a scrivere il mio progetto di ricerca, che poi è stato accettato. Il mio progetto si è evoluto insieme alle vicende. Ho analizzato circa 2000 immagini che i quotidiani italiani hanno pubblicato per raccontare due attentati terroristici: quello contro la redazione di Charlie Hebdo e quello contro il Bataclan e i bistrot. Mi sono immersa, quindi, nella rappresentazione mediatica di quegli eventi. Ho analizzato cosa abbiamo visto di quegli orribili eventi, come i media si muovono all’interno della narrazione del e sul terrorismo.”

Che cosa ti ha insegnato lavorare per questa ricerca?

“Non è stato facile dal punto di vista emotivo lavorare sulla violenza che il terrorismo produce, ma ho dovuto sviluppare una distanza dagli eventi per poterli analizzare con strumenti scientifici. Questa competenza può essere molto utile anche nella propria vita di tutti i giorni. Non significa diventare insensibili, ma proteggersi. I primi periodi, ho avuto difficoltà a mantenere una mia serenità, perché le immagini entrano nel nostro inconscio. Ho deciso di dedicare la mia ricerca a Valeria Solesin e Giulio Regeni, due giovani ricercatori che avevano lasciato l’Italia per fare del mondo un posto migliore. Purtroppo sono stati uccisi. La ricerca per me è una risposta pacifica e potente alle culture della violenza. Questa ricerca mi ha insegnato, quindi, il coraggio di portare avanti le proprie idee.”

Station Manager per RadioUnitus, la radio ufficiale dell’Ateneo viterbese: come la passione per la radio diventa un lavoro?

“Ho iniziato perché avevo un blog in cui raccontavo storie che scrivevo basandomi su ciò che accadeva nell’attualità e nella mia quotidianità. Poi sono entrata in contatto con una webradio locale e lì mi sono innamorata della radio, raccontavo le mie storie al microfono. In seguito, grazie all’idea del Prof. Giovanni Fiorentino di creare una webradio universitaria, ho iniziato a collaborare mentre facevo il dottorato e poi non mi sono mai arresa. Volevo dare il mio contributo. La passione diventa lavoro quando ami profondamente ciò che fai e quando senti che puoi essere utile ad altri.”

Le tue prime esperienze radiofoniche su webradio come ti hanno permesso di crescere e di guidare tanti ragazzi che magari non sapevano di essere portati per questa passione?

“Ho fatto molta gavetta, diciamo che mi sento sempre in questa modalità. Non mi sento arrivata, voglio sempre migliorare. Questo mi permette anche di mettermi nei panni degli studenti che formo, cerco di essere empatica, soprattutto con chi è più timido. Se lavori con i giovani l’empatia è fondamentale, e poi la radio è molto divertente. Quindi, per certi versi sono agevolata nel farli appassionare, nel trasferire la mia passione anche a loro.”

Come sono i ragazzi che hai di fronte ogni giorno?

“Sono molto curiosi, qualcuno vuole sfidarsi di più e si mette in gioco maggiormente rispetto ad altri. Sicuramente la radio gli lascia un vissuto importante, anche se in futuro decideranno di fare altro.”

Come hanno saputo rinventarsi in periodo di pandemia?

“Moltissimo. Sono stati molto uniti. È stata emozionante la prima riunione fatta a distanza. Anche se non potevano fare radio dentro lo studio dell’università, hanno utilizzato i mezzi che avevano per produrre contenuti e per continuare, direi, a migliorare.”

Descrivici la prima emozione che hai provato quando si è acceso il microfono…

“Un mix di paura e adrenalina. Ero emozionata, ma da lì poi non ho mai smesso, anche facendo tantissimi errori. Sono innamorata della radio, mi insegna ogni giorno qualcosa di importante.”

L’intervista più importante per te?”

“Da ogni intervista cerco di prendere sempre un insegnamento. La più avvincente è stata quella a Giovanni Tria, l’ex ministro dell’economia.”

In questo periodo lunghissimo di vuoto sotto vari punti di vista, come ti sei difesa dalla solitudine e come il tuo lavoro ti ha aiutato a superare i momenti peggiori?

“Ho scritto molto, soprattutto cose mie personali. E ho cercato di “non cadere dentro al buco nero”, come dice una canzone, mantenendo contatti costanti con le persone a me care. La meditazione buddista mi ha aiutata molto.”

Chi ti segue soprattutto via social, può notare una tua forte determinazione verso tutti quei progetti legati alla lotta contro la violenza sulle donne. Come si possono sensibilizzare tante persone a questo tema così importante?

“Non è facile. Purtroppo. Il mio obiettivo è sensibilizzare soprattutto le donne stesse. Dare esempi positivi, di chi ci è passata. In questo modo si può davvero far vedere una luce in fondo al tunnel. Le donne non devono sentirsi sempre vittime. Le donne possono essere protagoniste della loro vita. Lo dico con tutto il rispetto che ho, da donna che ha vissuto – purtroppo – relazioni violente. Non me ne vergogno più, chi si sente in difficoltà a relazionarsi con me perché ho esperienze difficili alle spalle significa che mi considera in un solo aspetto. Mi espongo per dare coraggio ad altre donne. So che questo è di aiuto, perché con me ha funzionato.”

Questa rubrica si chiama Fiocco Rosa: tre aggettivi che assolutamente una donna deve avere.

“Le donne non devono essere in un modo o in un altro secondo me. Le donne devono avere tre cose sempre con loro: rispetto per se stesse, curiosità per il mondo e soprattutto devono sentirsi libere.”

 

 

Foto Fisioterapy Center

Jooble La Fune