Fiocco Rosa- Francesca Mencaroni, quando passione e lavoro diventano una cosa sola

Fiocco Rosa- Francesca Mencaroni, quando passione e lavoro diventano una cosa sola

Fiocco Rosa - Questo venerdì Fiocco Rosa incontra Francesca Mencaroni, giovane psicoterapeuta viterbese con la passione per la musica jazz e tanti progetti fuori e dentro il cassetto

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Conoscere cosa si vuole fare “da grandi” già dal liceo non è da tutti. Quella è proprio l’età della vita dove più spesso si cambia idea e si spazia qua e là tra i sogni e la realtà. Se la famiglia poi ti appoggia e ti sprona a farcela da solo, è proprio una grande ricchezza. Siamo partiti da qui per questa nuova intervista femminile di Fiocco Rosa, Francesca Mencaroni ci racconta come è diventata la professionista che è ora anche vivendo una grande passione come è per lei la musica.

Francesca Mencaroni, psicoterapeuta, formatrice, cantante jazz. Ho messo in ordine giusto queste tue caratteristiche?

“Direi di sì, sono le tre attività che faccio nella vita: diciamo che l’attività clinica psicoterapica è la principale anche perché è quella che mi impegna di più, la formazione online e in presenza rappresenta la mia passione per l’informazione scientifica e la prevenzione nell’ambito dell’Educazione Emotiva. Poi c’è il Jazz che ho approfondito relativamente tardi e che ad oggi rappresenta il mio genere musicale preferito oltre ad essere una passione che accompagna il mio quotidiano.”

Sei una libera professionista, cosa ti ha portato a optare per questa scelta lavorativa?

“La scelta della libera professione è stata una conseguenza della mia scelta lavorativa. Non ho mai pensato di lavorare come dipendente semplicemente perché non si è mai presentata l’occasione di un concorso pubblico e al giorno d’oggi è difficile poterci solo pensare. Per questo, una volta laureata, ho dato per scontato che avrei aperto uno studio privato.”

Quando hai capito che avevi scelto la strada giusta?

“Ho seguito semplicemente ciò che mi piaceva studiare sin dal liceo e ho avuto la fortuna di avere genitori che mi hanno sempre sostenuta in questo senza imposizioni e interferenze. Sin dal primo anno di università. Seguendo le lezioni all’università mi sono appassionata sempre di più fino ad arrivare alla scuola di specializzazione dove ho potuto mettere in pratica finalmente ciò che fino a quel momento era stato maggiormente teorico. È stata una continua scoperta e ogni cosa che facevo mi appassionava, dalla clinica alla formazione; posso parlare anche al presente perché andando avanti con gli anni mi sento sempre più interessata e coinvolta.”

 Parliamo di Educazione Emotiva. Raccontaci questo progetto.

“L’interesse per l’Educazione Emotiva risale ai tempi dell’università, anche se non è lì che l’ho scoperta. Durante i primi anni seguivo contemporaneamente alcuni corsi di formazione che avevano come tema l’educazione, le emozioni, la prevenzione delle dipendenze patologiche e la scoperta dei neuroni specchio che allora era agli albori. Non se ne parlava molto al mio corso di laurea e quando decisi di fare la tesi sui neuroni specchio la mia relatrice me lo vietò perentoriamente!
Il mio interesse per il ruolo che hanno le emozioni, come esse influenzano il benessere psicologico delle persone e soprattutto la ricerca scientifica e neurofisiologica in questo ambito, si è alimentato con lo studio e la formazione fino a diventare una vera e propria Mission e vi spiego il perché.
Quando le persone vengono al mio studio, solitamente hanno una problematica conclamata. Può sembrare ovvio e in un certo senso lo è. Le persone non vanno dallo psicologo al primo segnale di disagio, non vengono per prevenzione. Le persone chiedono aiuto quando si sentono che il malessere ha preso il sopravvento e non trovano il modo per stare bene. Fino a quel momento avranno sicuramente messo in atto diversi tentativi per risolvere la loro difficoltà e il più delle volte non hanno fatto altro che alimentare il loro problema (come accade spesso nei disturbi d’ansia per esempio).
Lavorare quando il problema è strutturato è sicuramente più difficile. Non è impossibile ma risente di molte variabili, fra questi l’età della persona e gli anni in cui è presente il disturbo hanno un ruolo significativo per la prognosi. Lo è anche la tipologia del disturbo ovviamente.
Quando lavoro con gli adolescenti è più semplice perché so che il mio intervento di psicoterapia potrebbe incidere maggiormente sulla costruzione della loro personalità visto che il cervello è ancora in via di definizione ed il problema potrebbe non essere ancora strutturato. Diverso è se un adulto con un disturbo d’ansia decennale viene in psicoterapia, oppure se un giovane adulto chiede aiuto per una problematica di dipendenza patologica.
Ci sono disturbi molto difficili da trattare, personalità complicate con cui lavorare, alcune al punto di non essere adatte per un lavoro di psicoterapia. Ogni volta che sto facendo una valutazione psicologica del problema presentato penso a come si è strutturato, alle difficoltà che non sono state viste, alle trappole che si potevano evitare. Penso così alla prevenzione, a quanta poca informazione scientifica abbiamo in Italia e soprattutto al valore che hanno gli interventi educativi nelle Scuole dove bambini e ragazzi trascorrono la maggior parte del loro tempo fino ai vent’anni.
La scuola è considerata la seconda agenzia educativa per eccellenza dopo la famiglia e in alcuni, moltissimi casi, può diventare l’unica occasione per l’alunno di imparare laddove la famiglia non riesce a compiere sufficientemente il suo ruolo educativo.
Per questo diventa fondamentale intervenire nella formazione dei docenti e l’Educazione Emotiva sta diventando l’approccio più utilizzato negli ultimi anni promosso anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Skills for life): insegnare agli alunni a gestire le proprie emozioni che inevitabilmente si troveranno ad affrontare nella loro vita, questa è la miglior forma di prevenzione contro il disagio.”

 E’ uscito il tuo corso online “”La gestione del gruppo classe e la promozione dell’#intelligenzaemotiva a scuola”. Quanto c’è bisogno di questo tipo di competenze nel mondo della scuola?

“Moltissimo. Esistono diverse forme di intelligenza, quella logico-matematica, quella musicale, interpersonale, corporea ecc. Gli studi e le ricerche di settore hanno provato che l’Intelligenza Emotiva è quella che maggiormente garantisce il successo nella vita dell’individuo. Essere intelligenti emotivamente vuol dire saper tollerare le frustrazioni, gestire momenti di difficoltà, essere consapevoli delle proprie emozioni, comprendere quelle degli altri e saper instaurare rapporti sufficientemente nutrienti. Senza questa competenza le sfide della vita possono apparire notevolmente più ardue e per alcuni insormontabili. Chi è più abile nella gestione delle avversità ha di sicuro avuto l’occasione di apprendere questa abilità, l’intelligenza emotiva appunto. Perché non dare questa possibilità a più persone possibili partendo proprio dalla scuola? Io credo che l’Educazione Emotiva dovrebbe diventare una vera e propria materia scolastica al pari delle altre.
Il 22 Ottobre inizierà il mio nuovo corso online sull’Educazione Emotiva. Precedentemente ho lavorato come tutor di un corso analogo dove gestivo la piattaforma ma non avevo partecipato alla costruzione dei contenuti. Questo corso invece è stato realizzato interamente da me con il supporto del Centro studi Erickson e include nuovi contenuti e nuove esercitazioni. Il corso è rivolto a psicologi, docenti di ogni ordine e grado, educatori e pedagogisti. E’ stato un bel traguardo dopo quasi un anno di lavoro e non vedo l’ora che inizi!
Il corso ha tre edizioni annuali e una durata di due mesi ciascuno. E’ diviso in 4 moduli dove sono presenti contenuti teorici ed esercitazioni. I compiti dei partecipanti saranno di leggere i materiali proposti nei moduli, realizzare un elaborato scritto, analizzare casi-studio proposte, sperimentare nella propria classe attività educative, ricercare risorse video sul web, visionare i filmati proposti finalizzati a consolidare l’apprendimento.
Per il precedente corso ho avuto tantissimi feedback positivi e sono molto ottimista per questo in partenza che è stato ulteriormente arricchito. Il punto di forza di questa edizione è il suo carattere pratico, attraverso le numerose esercitazioni i partecipanti avranno la possibilità di acquisire abilità e utilizzare nuovi strumenti di lavoro per facilitare il loro compito educativo.”

 Lavori da diversi anni con bambini e ragazzi. Che mondo è quello dei giovanissimi?

“Il target con il quale lavoro non è solo quello. Negli ultimi anni lavoro maggiormente con adolescenti e adulti. In passato ho lavorato molto anche con i bambini, al momento preferisco lavorare con i genitori principalmente per due motivi: il primo è che se il bambino mostra un problema, è tutta la famiglia ad esserne coinvolta e i genitori per primi hanno bisogno di indicazioni sulla comprensione e la gestione delle difficoltà. Il secondo motivo è che se l’apprendimento passa dal genitore ben informato e competente, egli acquista (o riacquista) la sua autorevolezza, ingrediente fondamentale per l’educazione del figlio. Ovviamente ogni problematica è diversa e il tipo di intervento si sceglie dopo un’accurata valutazione della situazione e delle risorse disponibili.”

 Soprattutto, puoi raccontarci “qualcosa che non si vede” e che rende i ragazzi speciali?

“I ragazzi, come anche i bambini, hanno di speciale le loro potenzialità creative e il fatto che non hanno ancora definite le sovrastrutture che spesso sono presenti nel mondo degli adulti. In ambito educativo, se l’adulto sospendesse ogni tanto il giudizio, la critica o semplicemente la spiegazione di ciò che va bene o non va bene secondo il proprio punto di vista (solo perché “ha più esperienza”) ma lasciasse esprimere il ragazzo nelle sue preferenze, i suoi gusti, li approfondisse con curiosità ed interesse, scoprirebbe un mondo meraviglioso… e secondo me avrebbe anche da imparare. Le spiegazioni annoiano a morte i ragazzi e spesso sono come le lamentele: annoiano e non sono di nessun aiuto. Inoltre, quando l’adulto impone un suo pensiero, l’adolescente perde l’occasione di scoprire ciò che gli corrisponde di più.”

 Parliamo adesso di musica. E’ una tua grande passione. Cosa provi salendo su un palco?

“Mi diverto moltissimo! Adoro stare sul palco soprattutto quando sono accompagnata da bravi musicisti, ci divertiamo insieme. Soprattutto nel Jazz conta moltissimo la comunicazione con gli altri strumenti: lo stesso brano viene suonato ogni volta in modo diverso, ogni musicista lo arricchisce con la sua creatività che risente del suo stato emotivo e dell’armonia che c’è fra gli altri musicisti nell’esecuzione del brano. Quando c’è sintonia esce fuori qualcosa di pazzesco ed ogni volta è una sorpresa. Ho imparato e imparo moltissimo dai musicisti con i quali suono e devo anche a loro la mia energia sul palco.”

Qualche tempo fa hai comprato un pianoforte. Quanto la musica “organizza” la tua giornata?

“Fino a ieri il pianoforte che ho a casa e che ho comprato a marzo di quest’anno ha accompagnato solo il mio poco tempo libero e non nego che ha riempito a tratti anche i momenti di difficoltà. Proprio ieri ho finalmente iniziato la mia prima lezione alla Staff Music School di Viterbo (ero autodidatta) ed il mio maestro Gegè Albanese mi ha subito detto che dovrò studiare tutti i giorni!
Riguardo all’ascolto della musica e al canto quanto tempo gli dedico? Da quando mi alzo dal letto e mi preparo per uscire fino a fine giornata praticamente, con qualche intervallo lavorativo ovviamente!”

 Questa rubrica si chiama Fiocco Rosa, può lasciarci tre parole simbolo che le vengono in mente se si parla di donna?

“Posso riportare gli aggettivi che hanno accompagnato la mia vita e che mi hanno aiutata a diventare la donna che sono: il coraggio di spingermi sempre un po’ di più oltre i miei limiti mi ha fatto scoprire di poter riuscire ad affrontare le difficoltà e imparare cose nuove; l’empatia verso me stessa e verso gli altri mi ha aiutata ad essere tollerante e curiosa di approfondire nuove conoscenze, questo ha arricchito molto la mia vita relazionale; la passione mi aiuta ad essere incisiva nel mio lavoro e a trasmettere energia sul palco se si tratta del canto. Mi sa che ho riportato tre aggettivi riconducibili a tutti, non solo alle donne… prendilo come un messaggio per superare le differenze di genere!”

Foto Fisioterapy Center

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