Fiocco Rosa- Cristina Pallotta e l’amore sincero per la propria città

Fiocco Rosa- Cristina Pallotta e l’amore sincero per la propria città

Fiocco Rosa - Il Fiocco Rosa di oggi è dedicato ad una giornalista viterbese che tutti in città conoscono. Cristina Pallotta è l'anima dell'Ufficio Stampa del Comune di Viterbo, è una mamma ed è una donna che ha un sacco di cose da raccontare. E che non riguardano solo la città.

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“Ogni viterbese conosce Cristina Pallotta. La conoscono tutti i giornalisti locali come la voce e la penna immancabile dell’Ufficio Stampa di Palazzo dei Priori, ma la conoscono tutti i cittadini per la sua preziosa ed elegante presenza nella maggior parte degli eventi culturali della città. E’ la voce sotto la Macchina di Santa Rosa che la sera del tre Settembre accompagna con tanta emozione Rosina a casa. E’ una donna che ha coronato il sogno di diventare madre e di dare il nome di sua nonna a sua figlia.

Cristina Pallotta, donna, mamma, giornalista. Ho messo nell’ordine giusto queste parole che ti rappresentano?

“Diciamo che questo dovrebbe essere l’ordine giusto. Ma in alcune situazioni queste parole vanno un po’ in ordine sparso.”

 Sei una delle donne più conosciute in città, molte notizie prima di arrivare a noi giornalisti e soprattutto ai cittadini, passano dalla tua penna. Quando hai deciso che il tuo lavoro era quello giusto?

“Nel 2000 scrissi il mio primo articolo. Un pezzo contro l’abbandono dei cani. Lavoravo alla B&C, la casa editrice che poi lanció la free press Totem e che curava l’impaginazione del mensile Il Comune di Viterbo. In quel periodo conobbi la persona che mi ha insegnato il lavoro che porto avanti ogni giorno, la stessa persona che, negli anni, mi ha insegnato ad affrontare questa vita ogni giorno. Lei curava i contenuti del mensile del Comune. Lei si chiama Alessandra Corsi. Al primo articolo seguì il secondo e poi il terzo. Poi il Totem. Poi il quotidiano Libero. Poi l’università. Poi diverse collaborazioni. E poi ancora le prime timide e un po’ impacciate presentazioni e conduzioni. La prima nel 2005 sul palco dell’Unione per il Veglione della Stampa. Ero emozionantissima. Poi piano piano quel ghiaccio si è sciolto, la timidezza ha lasciato il posto alla consapevolezza di poter e voler gestire quel palco. Il mio lavoro di giornalista e di addetto stampa del Comune mi porta spesso a condurre e seguire eventi. Da diversi anni anche l’evento più bello al mondo, riconosciuto per tutti come patrimonio dell’umanità e per me come patrimonio del cuore.”

Com’è Palazzo dei Priori dall’interno?

“Com’è Palazzo dei Priori? È un luogo bellissimo. Non tutti hanno il privilegio di respirare arte e storia sul proprio posto di lavoro. Se poi la domanda va oltre l’aspetto logistico, rispondo che è come stare dentro un frullatore. Indipendentemente da chi è alla guida dell’amministrazione, io cerco di portare avanti il mio lavoro nel migliore dei modi. Con gli strumenti che ho a disposizione. Non è facile. Ci sono periodi di pura follia. Da sola non è semplice portare avanti tutto il lavoro. Non puoi delegare. Non puoi rimandare. Ci sono tempi da rispettare. Molti colleghi mi chiedono come possa riuscire a gestire il
mio lavoro da sola. La mia risposta è: boh! Non lo so nemmeno io. Però questo ufficio lo mando avanti. In un modo o nell’altro lo porto avanti. Ricordo un facchino che alla domanda sul come riuscissero a portare di corsa, in salita, la Macchina di Santa Rosa rispose: boh. Nemmeno noi lo sappiamo. Però ci riusciamo. Ci aiuta la nostra devozione per la Santa. Ecco. Più o meno lo stesso principio. La passione per il mio lavoro. Il senso di responsabilità che spesso va oltre quelle che sono le mansioni, oltre un contratto, oltre un orario di lavoro. Oltre un cartellino da timbrare. Perché quell’ufficio stampa deve andare avanti. Con tanta fatica, a volte con un po’ di arrabbiature, ma deve andare avanti. Anche per chi c’era prima di me.”

Quanto sei felice di vivere e lavorare in una città come Viterbo?

“L’ufficio stampa è la voce dell’ente. Tante notizie sono attese dai cittadini. Soprattutto quelle che riguardano servizi rivolti alla cittadinanza. Viabilità, contributi, scuole, rifiuti, eventi importanti, come ad esempio tutto quello che riguarda il Trasporto della Macchina di Santa Rosa. Ancor di più in occasione di eventi straordinari, come può essere una nevicata, un terremoto, un ordigno bellico da far esplodere. Insomma. È un lavoro di responsabilità, di collaborazione, solo chi conosce questo mondo può comprenderlo in pieno.”

 Nel giorno più importante per la città, quello del trasporto della Macchina di Santa Rosa, sei gli occhi e la voce durante i momenti fino al Monastero di Santa Rosa. Ci racconti l’emozione che si prova ad un passo dalla Macchina?

“Non si può raccontare l’emozione che si prova nel raccontare la Macchina di Santa Rosa. La Macchina di Santa Rosa si vive. Si respira. Nel
mio cuore resteranno due Trasporti: quello del 2014, per la prima volta con il tratto aggiuntivo su via Marconi, e l’altro, quello del 2016, con il Sollevate e fermi a Santa Rosa, in ricordo della tragedia sfiorata 30 anni prima con Armonia Celeste e come gesto di incoraggiamento per gli abitanti di Amatrice colpiti dal terremoto. Un lungo istante che mi ha tolto il respiro. Ho aperto il collegamento commossa ed emozionata. Mi si spezzò la voce mentre intervistavo Sandro Rossi. Ogni anno arrivo un po’ provata al 3 settembre. Dal 16 agosto in poi sono giorni di straordinaria follia. Follia vera. Tra conferenze, presentazioni, comunicati, contenuti da fornire a testate nazionali, interviste da organizzare per tv e radio, riunioni su riunioni per la diretta, informazioni per il sito istituzionale, per il portale turistico, le pagine social, il telefono fisso che suona, il cellulare che non ti lascia in pace, i sopralluoghi con le troupe, tutti vogliono organizzare iniziative, i pass per la stampa. In tutto questo tutta l’altra parte della comunicazione istituzionale che fai, la lasci stare? No! La devi portare avanti. Ecco, in questo caso ti ritrovi dentro quel frullatore
di cui parlavo prima che gira alla massima velocità. Ma poi sai che quel momento arriva! Arrivano le 19,30 del 3 settembre. Non è un appuntamento ufficiale che rientra nei festeggiamenti cittadini. È il “mio” di appuntamento. Il mio appuntamento con Lei. È il momento in cui esco da Palazzo dei Priori, mi lascio alle spalle tutto il delirio di quei giorni, e raggiungo San Sisto. Ci siamo. Anche per me inizia la festa più bella del mondo. Quella che avrò il privilegio di raccontare davanti a una telecamera. È la notte più bella dell’anno. Non si dorme. La notte dopo il Trasporto non si dorme. Perché quella sensazione così forte ti resta addosso per giorni. Quell’incontro di sguardi tra te e Lei, quel suo abbraccio invisibile al momento dell’arrivo, ti impediscono di prendere sonno. Ho un grande privilegio. Vivere ogni anno questa emozione. Spero di riuscire a trasmettere almeno una parte di quello che vivo ogni 3 settembre.”

 Quali sono stati i momenti salienti della tua vita che ti hanno fatto diventare la donna che sei oggi?

“Gioie e dispiaceri. Soddisfazioni e mancanze. Colpi bassi. Delusioni. Conquiste. Amori. Amicizie. Famiglia. Lavoro. Diciamo che in tutto questo è racchiuso il mio percorso. Ci sono anni che ricordo in modo distinto. Anni in cui è accaduto qualcosa che mi ha segnata. Nel bene o nel male. Qualcosa che comunque ha contribuito a far venire fuori il mio carattere. Quello che era veramente, ma che stava nascosto da qualche parte. In qualche angolo di me. E qualcosa di tutto questo l’ho voluto incidere sulla mia pelle. Una rosa. Una rosa e una frase che mi ripeteva sempre una persona. Quella frase, a modo suo, continua a ripetermela anche oggi: per aspera ad astra. 

Meno di un anno fa sei diventata mamma di Elsa: raccontaci la prima emozione da donna.

“Elsa è nata il giorno dell’anniversario di matrimonio dei miei genitori. Ho voluto che nascesse quel giorno. Elsa è arrivata dopo tanta attesa. Molto più di nove mesi. Ricordo ogni istante del giorno più bello della mia vita. Il suo pianto appena nata e le mie lacrime di gioia. In quel freddo giorno di dicembre era arrivata mia figlia. Mia figlia. Ricordo la foto a pochi istanti dal suo primo respiro. L’ostetrica la inviò a Emanuele, il mio compagno, che aspettava di sopra insieme alla mia famiglia. Uscimmo dall’ascensore al settimo piano e le persone più importanti della mia vita erano lì. Tutte insieme in un metro quadrato di spazio, fuori da quell’ascensore. Con qualche giorno di anticipo, quello è stato il mio vero Natale.”

 Quando la tua bambina sarà grande, quale sarà la prima cosa che le insegnerai da donna?

“Quando sarà più grande le ricorderò perché porta questo nome. Il nome di una donna semplice ed umile ma con una grande dignità, che stravedeva per la nipote Cristina. Le racconterò di me. Della mia famiglia. Di quella che ero e di quella che sono. Della mia passione per la musica e per i libri, del mio amore per gli animali, in particolare modo per i cani.”

Questa rubrica si chiama “Fiocco Rosa”, regalaci tre parole da donna per tutte le donne che ci leggono

“Libera, determinata e rivoluzionaria q.b”

 

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