Aliante della Tuscia – “Bu-bu settete”, un’espressione che ci racconta quanto siamo etruschi

Aliante della Tuscia – “Bu-bu settete”, un’espressione che ci racconta quanto siamo etruschi

Homepage - Aliante della Tuscia ci porta questa settimana a ragionare sul "bu" con cui si è soliti voler spaventare i bambini e sulla strana frase "bu-bu settete". Un viaggio tra i suoni e il mito antico di Dionisio, alla scoperta delle nostre radici etrusche.

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alianteAliante della Tuscia ci porta alla scoperta, questa settimana, delle più profondi radici etrusche. Un viaggio attraverso il senso e l’origine di una semplice quanto usata espressione popolare.

 

“Bu-bu settete…”, come gli Etruschi inventarono il “gioco del cucù” e perché l’upupa è nota nella tradizione popolare dell’Etruria come “bubbola”.

Già ci siamo soffermati sull’eccezionale vocazione degli antichi popoli del Mediterraneo, Etruschi in prima linea, nel saper concepire l’integrazione come un processo naturale che includesse sinergicamente tutti gli elementi naturali di terra, cielo ed aria. Gli antichi popoli dei mari erano così integrati tra loro da essere originariamente un unico ceppo di navigatori, i Pelasgi.

Fu così che tutti gli animali, senza distinzione alcuna, vennero considerati creature sacre, espressione di quel divino misticismo che permeava ogni effluvio dell’esistenza. Questa divinazione fondeva la superstizione, figlia dell’acerba cognizione delle cose, e la scienza. Quest’ultima era il riflesso del lento ma costante e ammirevole progresso evolutivo della specie umana. In questo modo gli animali venivano abbinati ai fenomeni naturali e insieme trovavano un nesso logico nelle costellazioni della volta celeste.

L’ecosistema della vita terrena trovava in questo modo un connubio olistico grazie all’armonia dell’universo. Là dove scienza e immaginazione condividevano il loro punto di contatto si generava l’arte della divinazione: studiare il volo degli uccelli, leggere il cielo e interpretare le viscere degli animali.

Trovò ragion d’essere, in questa ricerca lungo il percorso evolutivo delle antiche civiltà che abitarono il Mediterraneo, il mito di “Fufluns”, nome etrusco per Dioniso. Gli studiosi, dopo indagini filologiche, hanno concordato che la lettera “f” fosse, in epoca antica, sostituita dalla labiale b. In questo modo l’originario nome “Fufluns” era “Bubluns” e, in molte lingue antiche e moderne, ricorre l’onomatopeica legata allo spavento: “bu-bu”, “bau-bau”, il gioco del nascondino “bubu-settete” che fanno i bambini oppure il gioco dello spavento quando si ha il singhiozzo.

Etimologicamente vengono associate al “bu-bu” anche altre onomatopeiche parole, quali a esempio “bubbolare dal freddo” , il cui significato è usato impropriamente poiché “bubbolare” significa “tuoneggiare” e non, invece, “tremare”.

Anticamente il lamento dei temporali, il riecheggiare del frastuono della tempesta, erano ricondotti alla voce di Dioniso, dio del Tuono o, potremmo dire altrimenti, l’equivalente di Thor per la cultura germanica. Come più volte abbiamo avuto modo di vedere, infatti, miti e leggende ricorrono nella storia e nella cultura dei vari popoli.

Non a caso l’uccello sacro a Dioniso, per la nostra cultura mediterranea antica “Fufluns, è proprio l’upupa. L’upupa è un uccello estivo del Mediterraneo; elegante, dalla cresta simile a quella di un gallo, se pur più stretta, che emette un suono molto profondo assimilabile a un tuono e molto strano se si pensa alle ridotte dimensioni dell’animale.

Neanche a farlo apposta l’upupa viene comunemente designata, in alcune regioni dell’Etruria, quali alto Lazio e Toscana, come “bubbola”. “Bubbola” viene indicata, dal dizionario della lingua italiana, anche come un’ espressione tipica del linguaggio popolare per indicare una stupidaggine o un’affermazione di poco conto. Il significato è anche qui ricollegato al tuono dal momento che, se la bugia o la stupidaggine è tanto esagerata, si dice che “si sentono i tuoni”.

In celebri affreschi sepolcrali di Tarquinia, viene raffigurato spesso un altro animale sacro a Dioniso oltre al Toro: la pantera. Quest’ultima ha il colore viola-bluastro per richiamare il mistero della notte e la paura per l’ultraterreno. Non a caso Dioniso era considerato, oltre che il dio dell’ebrezza, anche il dio della sensualità, del mistero e del fascino mistico dell’aldilà.

Non stupisce pertanto, e risulta piuttosto una curiosa e bizzarra conferma, che la tradizione mediterranea di tramandare ai bimbi l’idea dello spavento tramite il “bu”, derivi proprio dalla cultura etrusca che, ancora una volta, ha dimostrato di costituire il gene primario a fondamento della nostra identità.

Foto Fisioterapy Center

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