Daniela Stampatori: “Dobbiamo portare vita e vitalità dentro il Museo Civico”
Homepage - Il Museo “Rossi Danielli” è già di per sé un contenuto, ma deve poter essere anche un contenitore: di eventi, mostre, spettacoli, conferenze, visite guidate a tema, laboratori didattici, luogo di dibattito. Bisogna portarci vita e vitalità. Deve entrare in una rete di valore che unisce tutta la città.
Il dibattito intorno al Museo Civico si arricchisce del contributo di Daniela Stampatori. Nota guida turistica della Tuscia, profonda conoscitrice dei patrimoni di Viterbo. “Il Museo “Rossi Danielli” è già di per sé un contenuto, ma deve poter essere anche un contenitore: di eventi, mostre, spettacoli, conferenze, visite guidate a tema, laboratori didattici, luogo di dibattito. Bisogna portarci vita e vitalità. Deve entrare in una rete di valore che unisce tutta la città”.
Daniela Stampatori parla delle criticità del Museo. “Bisogna pensare ad un allestimento più moderno e funzionale – ci scrive – alla fruizione delle opere perché, al momento, non è possibile neanche godere appieno della bellezza dei capolavori per cui ci stiamo stracciando le vesti (i climabox in cui sono conservate son brutti ma ce li teniamo, però possibile che non si riesca a creare un’esposizione più suggestiva e un’illuminazione che renda loro giustizia?). Troppe opere in spazi esigui, la collocazione di alcuni pezzi al centro delle sale rende impossibile la visita guidata con i gruppi. Didascalie scarne, nessuna postazione multimediale, nessuna traccia di modernità. I sarcofagi etruschi abbandonati a loro stessi nel chiostro, tra polvere e guano di piccione”. Ecco dunque il suo intervento integrale.
di Daniela Stampatori
Probabilmente l’unico aspetto positivo della proposta di spostare le opere di Sebastiano del Piombo nelle sale del Palazzo dei Priori è che in queste settimane si sta puntando l’attenzione sul Museo Civico: se ne parla, si discute, si avanzano altre proposte per la sua valorizzazione. Non che in questi anni sia passato inosservato. Puntualmente se ne torna a parlare ogni volta che le opere del pittore veneto volano altrove per qualche mostra, con la puntuale promessa che l’operazione di prestito o scambio (l’ultima volta c’hanno dato un Mantegna per placare gli animi) avrà un ritorno di visibilità per Viterbo. Ma neanche il piacevole soggiorno a Londra della Pietà è riuscito a dare finalmente una svolta decisiva al Museo Civico. L’opera è tornata, è stata riposizionata dov’era, confinata nel silenzio, tagliata fuori dai circuiti turistici e culturali, come tutte le altre opere e collezioni del “Rossi Danielli”.
Un museo ulteriormente penalizzato dalla sua posizione: fuori le mura (anche se a due passi da Porta della Verità), fuori dai classici itinerari turistici. Chi va al Museo Civico è perché sa che ci sono le due opere di Del Piombo, non per altro. Pochi, sceltissimi, interessati e preparati turisti appassionati. Pochi eletti che ovviamente non possono risollevare le sorti di un museo oggettivamente in decadenza. Allora, invece di pensare ad allargare il circuito turistico e a potenziare (quelli che dovrebbero essere) gli attrattori esistenti, che si pensa di fare? Di portare i pezzi da novanta in quello, limitato, che già c’è. Invece di impegnarsi ad espandere l’area di “ricchezza” (culturale, sociale e commerciale), facciamo esplodere e rendiamo schizofrenica quella esistente, lasciando altri settori del centro storico nella desolazione più totale.
Bisogna pensare ad un allestimento più moderno e funzionale alla fruizione delle opere perché, al momento, non è possibile neanche godere appieno della bellezza dei capolavori per cui ci stiamo stracciando le vesti (i climabox in cui sono conservate son brutti ma ce li teniamo, però possibile che non si riesca a creare un’esposizione più suggestiva e un’illuminazione che renda loro giustizia?).
Troppe opere in spazi esigui, la collocazione di alcuni pezzi al centro delle sale rende impossibile la visita guidata con i gruppi. Didascalie scarne, nessuna postazione multimediale, nessuna traccia di modernità. I sarcofagi etruschi abbandonati a loro stessi nel chiostro, tra polvere e guano di piccione.
Il Museo deve produrre. Produrre cultura. Produrre lavoro. Produrre introiti da reinvestire (“orrore! Mai parlare di soldi e cultura nello stesso discorso!”). E 600 000 euro mi sembrano un buon investimento per iniziare a fare qualcosa che vada in questa direzione. Il Museo “Rossi Danielli” è già di per sé un contenuto, ma deve poter essere anche un contenitore: di eventi, mostre, spettacoli, conferenze, visite guidate a tema, laboratori didattici, luogo di dibattito. Bisogna portarci vita e vitalità. Deve entrare in una rete di valore che unisce tutta la città. Ma qui il discorso si fa più ampio, complesso, lunghissimo.
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