Al Teatro San Leonardo l’Artefatto di Augusto Scano: un libro per guardare dentro e oltre l’umano

Al Teatro San Leonardo l’Artefatto di Augusto Scano: un libro per guardare dentro e oltre l’umano

Homepage - VITERBO - Abbiamo chiesto a Scano di introdurci all'incontro parlando di questo libro che vuole essere una riflessione e un viaggio dentro l'uomo. 

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VITERBO – Giovedì 14 dicembre al Teatro San Leonardo è il tempo di ‘Artefatto’ di Augusto Scano. Il libro sarà presentato a partire dalle 17,30 alla presenza dello stesso autore. A moderare l’incontro il direttore de La Fune Roberto Pomi. Il tutto sarà mandato in streaming sui canali Facebook de La Fune e di Tuscia in Fiore, grazie al prezioso supporto di Giulio Della Rocca. 

Abbiamo chiesto a Scano di introdurci all’incontro parlando di questo libro che vuole essere una riflessione e un viaggio dentro l’uomo. 

“Ho dedicato molti anni allo studio del transumanesimo e del postumanesimo – racconta Scano -. La sociologia e la filosofia in specie quella della scienza (ma non solo) almeno nelle loro declinazioni avvertite si sono avventurate su questo terreno malsicuro proprio perché interdisciplinare e che pretende di essere affrontato con l’approccio di un sapere il più che sia possibile integrato.

Il portato del transumanesimo e del postumanesimo mi è sembrato interessante già prima che la attuale vulgata sulle AI e sulla tecnologia evolutiva lo facesse uscire dagli ambiti della fantascienza, della futurologia o dal campo di indagine degli specialisti.

In Artefatto il transumanesimo è però principalmente un pretesto per attraversare gli interrogativi che da sempre torturano e generano tanta parte della filosofia e della letteratura. Mi riferisco alla mortalità dell’uomo. Ma anche al più semplice dibattere etico sul bene o sul male che deriverebbero dal superamento dei limiti che si è scelto di definire naturali della nostra specie.

L’impianto di risposte che nei millenni sono state fornite dalle religioni, dalle mitologie e dalle mitologie religiose in questo libro viene smatassato se non per intero (impresa che avrebbe del titanico e precipiterebbe forse nella dimensione dell’impossibile per una mente organica e non potenziata) quanto meno nei tratti che connotano la cultura dell’occidente e quindi nelle architetture concettuali e nelle urbanistiche istituzionali del mondo mediterraneo fino alla classicità greco-romana e in quelle del mondo mediorientale, mesopotamico ed egizio fino all’ebraismo, al cristianesimo e all’islamismo.

Il registro stilistico che ho deciso di adottare è quello del sarcasmo, questo caustico fino alla ferocia dissacrante e l’impronta è in prevalenza quella della letteratura, della filosofia e della storia. Perché la voce a cui affido l’intera materia della parola fosse libera fino all’ordine caotico che può rendere il ritmo incalzante e le analogie con cui si tesse la trama del discorso sufficientemente incandescenti ho scelto tra i tanti archetipi plausibili per portare avanti il testo l’icona pop del mostro di Frankenstein.

Nella sua origine romanzesca questo mostro era un corpo realizzato con pezzi di altri corpi morti cuciti tra loro, rappezzati come sono le culture umane (in estinzione?) che concorrerebbero al superamento dell’umano. Inoltre con il Frankenstein si può soddisfare l’esigenza di rappresentare entrambi i volti (l’orrido e il meraviglioso) intrecciati nel DNA ovvero nell’etimo della parola mostro”.

Foto Fisioterapy Center

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