Aprile 2011, quando “scoprimmo” cosa c’è sotto la città di Viterbo

Aprile 2011, quando “scoprimmo” cosa c’è sotto la città di Viterbo

Homepage - VITERBO - Aprile 2011, in mente l'idea di realizzare un'inchiesta buona. Una di quelle utili al territorio, capace di mettere in evidenza situazioni sconvenienti per la collettività e magari a vantaggio di qualcuno. Erano i tempi de L'Opinione. In redazione con Daniele Camilli "uccidevamo" un'idea dietro all'altra, una sigaretta dopo l'altra.

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VITERBO – Aprile 2011, in mente l’idea di realizzare un’inchiesta buona. Una di quelle utili al territorio, capace di mettere in evidenza situazioni sconvenienti per la collettività e magari a vantaggio di qualcuno. Erano i tempi de L’Opinione. In redazione con Daniele Camilli “uccidevamo” un’idea dietro all’altra, una sigaretta dopo l’altra.

Poi una pista buona. Ci raccontano di alcuni passaggi utili per accedere a un qualcosa che in pochi hanno visto e di cui i più ignorano addirittura l’esistenza. Un luogo dimenticato, rimosso, non considerato. All’interno del quale però c’è tanto da scoprire, documentare, raccontare. 

E’ quella Viterbo sotto Viterbo. Una città dentro la città, in una dimensione spaziale insolita: quella della profondità. Così a notte fonda entrammo. Con noi diverse torce, batterie di scorta e anche un po’ di paura. Dentro. 

Quando uscimmo all’alba – dopo aver trascorso un’intera nottata a sgattaiolare di cunicolo in cunicolo, di stanzone in stanzone, e arrivando anche sulla soglia di qualche abitazione privata “con affaccio” Viterbo underground – sembravano passati pochi secondi. Un viaggio intenso, anche fisicamente impegnativo a raccontarla tutta. 

Trovammo tanto, quanto bastò per metterci nella condizione di pubblicare un’inchiesta che fece molto più rumore di quanto si ebbe modo di sapere. Di colpo riuscimmo a materializzare davanti agli occhi dell’opinione pubblica, delle forze dell’ordine e degli amministratori locali un groviglio di temi. Essenzialmente furono tre le cose che tornarono alla luce con noi. Là sotto c’era chi scavava (e forse ancora scava) alla ricerca di tesori. Dai butti medioevali, dove si possono trovare – scoprimmo facendo incroci e raggiungendo qualche esperto della materia – anche piatti dal valore di 10mila euro al pezzo, al mondo etrusco. Il secondo tema d’interesse è legato all’attività di questi predoni ma non riguarda i reati connessi al saccheggio di reperti antichi piuttosto gli effetti statici, su quello che c’è sopra, delle azioni di scavo. Intere pareti di tufo sfondate da una parte all’altra per aprirsi passaggi spiccioli. Fori nei vari livelli, perché la Viterbo sotterranea si articola su molti livelli e scende parecchio sotto al livello della strada. 

Infine i butti moderni, dove chi ha eseguito lavori di ristrutturazione ha ben pensato di utilizzare luoghi lontano dallo sguardo di tutti per gettare il materiale di risulta anziché portarlo in discarica, come prevedono le norme. Tre reati belli e buoni consumati, è proprio il caso di dirlo, sotto agli occhi di tutti. E, se vogliamo, proprio nel cuore della città. 

In quella notte ci siamo trovati dentro cisterne romane, pozzi etruschi, scavi freschi con tanto di bottiglie di birra stappate da poco. Scoperto tesori particolari come un forno affrescato dell’era fascista, ancora perfetto. Infine anche tracce con inchiostro luminoso riportante nomi di demoni, strani fiori sotterranei e persino la mummia di un gatto. 

Ci ritrovammo a tornare nella Viterbo sotto terra diverse volte, per motivi che non stiamo a spiegare. Ritenevamo di aver smosso abbastanza e che sarebbe arrivata una mappatura di quei luoghi, anche perché la cosa forse più importante da verificare è proprio la tenuta strutturale. Invece tutto finì nel silenzio, come spesso accade. I recenti crolli attualizzano quell’esigenza e invitiamo Palazzo dei Priori a compiere questo importante passo. 

 

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