Azzerato il sussidio a 26 disabili al 100%: ieri hanno protestato, alcuni rischiano di rimanere senza casa

Azzerato il sussidio a 26 disabili al 100%: ieri hanno protestato, alcuni rischiano di rimanere senza casa

Primo Piano - Quel che lamentano maggiormente i 26 è la mancanza di un preavviso e di una motivazione scritta che permettesse loro di prepararsi ad una via di uscita e di decidere come procedere per tutelare il proprio fondo di sopravvivenza.

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Settecento euro al mese di sussidio per 26 disabili al 100% scomparsi nel nulla da due mesi. E così c’è chi rischia lo sfratto da casa e chi è già finito al pronto soccorso per denutrimento. Per la vicenda questa mattina alcuni disabili si sono recati presso la direzione generale della Asl di Viterbo, l’ente che faceva da tramite tra la Regione, che elargiva il contributo, e i beneficiari che trenta anni fa avevano fatto parte del progetto sperimentale delle case famiglia.

In pratica la Regione a partire da metà anni ’70 aveva selezionato nella provincia di Viterbo qualche decina di disabili ricoverati a Villa Immacolata, che costavano all’ente 300.000 lire al giorno, e li aveva inseriti in un percorso di reinserimento sociale, dal costo molto inferiore. All’epoca 40.000 lire al giorno, ad oggi circa 700€\mese, portando benefici enormi alle casse regionali e donando loro una speranza di una vita normale. Un colpo perfetto.

Un progetto che ha avuto successo e che ha permesso a molti di loro di crearsi una famiglia e di avere dei figli. Di tutti solo 26 oggi sono rimasti in vita. Negli anni poi la normativa è cambiata andando a trasformare l’opportunità in un costo malvisto dalle istituzioni che così, recentemente, hanno deciso di tagliare il contributo. Un taglio il cui vero costo sociale però è molto alto. Una decina di loro ha dimostrato la propria rabbia e il proprio sconforto ieri mattina presso la direzione generale dell’Ausl, non senza tensioni. A rispondere alle loro sollecitazioni si sono presentati il dirigente Giuseppe Cimarello e il direttore sanitario Antonio Bray.

Quel che lamentano maggiormente i 26 è la mancanza di un preavviso e di una motivazione scritta che permettesse loro di prepararsi ad una via di uscita e di decidere come procedere per tutelare il proprio fondo di sopravvivenza. Nessuno avrebbe comunicato ufficialmente la decisione né si sarebbe preoccupato di come queste persone, hanno vissuto in questi due mesi.

L’Asl si trincera dietro il fatto di non essere competente, occupandosi di sanità e non di assistenza sociale, ma i disabili aspettano dal Palazzo di vetro la documentazione per capire cosa sia successo perché era proprio l’Asl che girava loro il sussidio. I dirigenti intervenuti ieri mattina lo hanno fatto capire più o meno tra i denti: non ci sono più le condizioni per sostenere questo processo e la paura, in Regione come all’Asl, sembra essere quella di finire di fronte alla Corte dei Conti e di dover rispondere di danno erariale per aver chiuso un occhio di fronte al cambio di normativa. In tutto questo si aggiungono le incertezze dei quattro Comuni coinvolti dalla vicenda, Vetralla, Nepi, Sutri e Viterbo. Comuni, che dopo un primo abboccamento, avrebbero poi disertato un incontro in Regione la scorsa settimana organizzato sul tema. Ma qualcuno dovrà definire chi è responsabile del processo decisionale e chi si deve prendere carico dei 26.

Intanto in questi due mesi la situazione è peggiorata. Tra queste persone infatti c’è chi è bloccato a letto, chi ha bisogno di assistenza 24 ore al giorno, chi ha famiglia ma il marito si è dovuto licenziare perché la badante costava troppo. C’è anche chi rischia lo sfratto perché non può più pagare l’affitto e chi è finito al pronto soccorso per denutrimento dopo due mesi in cui ha mangiato solo una minestrina offerta dai vicini di casa. In poche parole è come se le istituzioni avessero abbandonato delle persone incapaci di avere una vita autonoma, senza trovare una soluzione e senza indicare chi sia il responsabile della loro salute.

È chiaro, allora, che si sia creato un grosso vuoto normativo. La decisione di regalare una opportunità di vita a dei disabili al 100% presa circa 40 anni fa, ad oggi è diventata un boomerang per i disabili stessi che si ritrovano a vedersi levata la loro vita dalle loro stesse mani in nome del risparmio di circa 220mila euro dai bilanci di Regione e Comuni coinvolti.

Un vuoto che deve essere colmato, ma non è certo che ciò venga fatto. Anzi. Allo studio, hanno suggerito dall’Asl ai “manifestanti”, ci sarebbe una sorta di progetto regionale da far partire il prossimo anno, ma serve un accordo con i Comuni e bisogna trovare un modo per rispettare le normative vigenti. Ci potrebbe essere anche una nuova legge regionale che potrebbe andare incontro a questa tipologia specifica di persone. Ma è solo una possibilità.

Ad oggi però si è arrivati a un punto di chiusura definitiva del percorso delle case famiglia e la Regione potrà produrre una nuova legge per sostenere i soggetti in difficoltà, ma solo se lo vorrà politicamente. Questa pagina però è ancora tutta da scrivere e così quello che potrebbe essere uno stop & go, rischia di rimanere solo stop per un lungo tempo.

Foto Fisioterapy Center

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