Vulnerabilità sociale e materiale, la Tuscia sull’orlo di una decrescita infelice e il bisogno di riqualificare i centri storici

Vulnerabilità sociale e materiale, la Tuscia sull’orlo di una decrescita infelice e il bisogno di riqualificare i centri storici

Homepage - Qualche riflessione sulla vulnerabilità sociale e materiale nei piccoli centri della Provincia, sugli spazi pubblici e sul costruito come occasione di rilancio.

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di Francesco Moretti

Qualche riflessione sulla vulnerabilità sociale e materiale nei piccoli centri della Provincia, sugli spazi pubblici e sul costruito come occasione di rilancio.

Sono Francesco e sono un architetto. Appartengo a quella generazione di trentenni che è cresciuta sana e forte e che ha avuto modo di studiare, viaggiare e conoscere le lingue.

Appartengo quindi ai cosiddetti “nati privilegiati” (per merito di chi è venuto prima), a quelli che non hanno conosciuto né la fame e né le ristrettezze economiche dovute all’essere venuti al mondo nel periodo storico sbagliato o al vivere in un luogo dove non vi sono possibilità di lavoro.

Pochi giorni fa, ho dovuto fare delle ricerche riguardo alla cosiddetta “vulnerabilità sociale e materiale” ovvero a quella condizione che consiste nel vivere in una situazione di incertezza, suscettibile di trasformarsi in vero e proprio disagio economico e sociale.

Sono rimasto molto male nel vedere paesi che mi hanno visto crescere presentare, secondo i dati forniti da ISTAT (https://www.istat.it/mappa-rischi) relativi all’anno 2018, criticità medio-alte.

Come è possibile che luoghi che ho sempre considerato “campane di vetro” dove tutto sommato, si vive serenamente facendo lavori onesti e dignitosi, siano così depressi da un punto di vista socio-economico? Cosa dovremmo aspettarci? Una decrescita (in)felice? Quale futuro stiamo lasciando ai nostri figli?

Il dato è davvero allarmante se valutiamo anche il fatto che la statistica sopra citata non considera ancora gli effetti della pandemia. E’ chiaro che la globalizzazione presenta dei grossi paradossi e che anziché unirci ha paradossalmente creato l’effetto contrario ovvero allargare ancor di più i divari tra i territori più sviluppati e quelli più arretrati.

Internet stesso che, con il suo mondo fatto di connessioni, è uno strumento meraviglioso, non ha alzato il livello socio-culturale generale e non ha di certo dato vita a nuove possibilità rispetto a quelle che avevano i nostri nonni che, usciti dalla guerra, avevano un mondo da riscostruire. Ecco, “un mondo da ricostruire”. Forse è quella la chiave.
L’avere un progetto, un obiettivo. Ben lungi da me dare delle ricette socio-economiche per le quali non ho competenze.

Credo però che la soluzione la potremmo trovare nel recuperare, riqualificare e rigenerare ciò che abbiamo e quindi dando nuova vita a quelle strade, quelle piazze, quelle vie, quei palazzi, quelle scuole, quei parchi urbani, quegli impianti sportivi e quei luoghi pubblici che hanno caratterizzato nel corso degli anni le nostre comunità e la loro identità con importanti ricadute sullo sviluppo del territorio e che, purtroppo oggi, versano perlopiù in condizioni pietose.

Badate bene, non credo in un ruolo salvifico dell’architettura che spesso sa essere crudele e tiranna soprattutto se si fonda su una presunta valenza sociale. Credo però che spazi e luoghi pubblici che funzionano possono rappresentare un grande volano per una rinascita ed un rilancio della nostra provincia con i suoi piccoli paesi. Perché, se le piazze e le vie sono accoglienti, se i centri storici sono recuperati, se le attività commerciali e ricreative sono incoraggiate allora avremo città più ricche sia economicamente che socialmente lasciando a chi viene dopo di noi un mondo migliore di come è stato trovato.

 

Foto Fisioterapy Center

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