Fiocco Rosa- Eleonora Di Marco, di professione psicologa e sognatrice

Fiocco Rosa- Eleonora Di Marco, di professione psicologa e sognatrice

Fiocco Rosa - Il Fiocco Rosa di questa settimana è dedicato ad una giovane psicologa e insegnante viterbese. Eleonora Di Marco ci ha raccontato di sè, dei suoi sogni e dei ragazzi che incontra ogni giorni dietro i banchi di scuola.

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Esplorare il mondo della psicologia ha sempre il suo fascino, vedere come i suoi principi vengono messi in pratica anche tra i banchi di scuola ne ha ancora di più. Il Fiocco Rosa di questa settimana è dedicato ad una giovane psicologa viterbese insegnante in vari istituti superiori della città. Eleonora Di Marco ci ha raccontato come era a 15 anni, quando era lei quella seduta dietro i banchi di scuola, quando il futuro era tutto da costruire. Cosa significa diventare psicologa, insegnante, moglie e mamma.

Eleonora Di Marco, psicologa, docente, mamma, moglie. Ho messo in ordine queste tre affermazioni?

“Freud diceva che “I mestieri più difficili in assoluto sono nell’ordine il genitore, l’insegnante e lo psicologo”, ammesso che avesse ragione, io ho fatto L’en plein! Senza contare che il buon Sigmund non conosceva gioie e dolori di essere una moglie sufficientemente buona.Che dire? Non credo si possa stilare una classifica e non potrei nemmeno banalizzare dicendo che al primo posto c’è mio figlio. Credo che questi ruoli siano complementari e che non riuscirei a rinunciare a nulla, perché mi riempiono di gioia e soddisfazione in modo diverso, spero solo di riuscire a fare bene tutto!”

Quando hai deciso di diventare psicologa?

“Molto presto! In seconda media “perdevo” i pomeriggi in una libreria del centro; mi capitò per le mani un volume sull’interpretazione dei sogni, lo lessi tutto d’un fiato, senza capire molto, a dire il vero! Ma ricordo che rimasi totalmente affascinata da ciò che accade all’interno della scatola nera, dalle spiegazioni che si possono trovare ad azioni e comportamenti, da quanto il confine tra normalità è follia sia sfumato. Perciò tornai a casa e dissi a mia madre: Ho deciso, da grande farò la psicologa!”

Puoi raccontarci il percorso che ti ha portato ad essere la professionista che sei ora?

“Un percorso piuttosto lungo, anche io sono inciampata e mi sono rialzata, diverse volte. All’inizio dell’iter universitario tanto entusiasmo, poi mi sono scontrata con le difficoltà di una ragazzina provinciale al cospetto della capitale, ho impattato con i limiti della “più brava della classe” che deve confrontarsi con le aule sovraffollate della Sapienza, seduta per terra a prendere appunti con altri 200 ragazzi, ho litigato con la me che non conoscevo e alla fine ho cercato strategie per diventare grande. E si, qualche volta ho pensato di fermarmi, ma sono testarda e ostinata! Quindi mi sono laureata, ho fatto il tirocinio, conseguito due master e poi ho intrapreso la scuola di psicoterapia per specializzarmi, mi sono abilitata all’esercizio della professione e ho aperto il mio studio. Ma non mi sento arrivata, credo nella formazione continua e nell’esigenza di arricchire le proprie competenze.”

Quale era il sogno di Eleonora a 15 anni?

“Uh, Eleonora sognava tanto! Secondo qualcuno sognava troppo. Ma ho sempre combattuto quelli che tentavano di rubarmi sogni e desideri. Se guardo indietro devo dire di aver lottato per esaudirli e se mi osservo oggi, posso affermare di averne concretizzati un bel po’. Crescendo ho capito che sognare non basta e che siamo noi, con le nostre scelte , a forgiare il destino. Però un sogno ben avvolto nel cassetto ancora sta lì, a prendere polvere o semplicemente in attesa che i tempi siano maturi, chissà…É quello di pubblicare un libro, in cui si parli di psicologia, ma non in modo tecnico, piuttosto attraverso le storie dei protagonisti. A dire il vero ho iniziato e mai finito ben tre romanzi, che disfo e ordisco come la tela di Penelope; quasi come se fosse più piacevole scrivere che avere un prodotto finito.”

Da qualche anno, sei docente di psicologia presso vari istituti superiori della città. Che ragazzi ti trovi di fronte?

“Ragazzi straordinari, ragazzi speciali, ragazzi con storie da raccontare, ma anche ragazzi annoiati da un sistema che sembra anacronistico, ragazzi distratti, ragazzi che hanno smesso di credere nella scuola e forse anche in se stessi.
Nella scuola scorre la linfa vitale della società, c’è dentro in potenza tutto ciò che potranno essere, sta a noi riconoscere le attitudini e aiutarli a metterle in atto.”

Hanno gli stessi sogni che avevi tu a quell’età?

“Forse sono più disincantati. Ma sono molto pratici. Noto che i ragazzi oggi sembrano sapersela cavare di più ed è vero che crescono più in fretta, troppo in fretta certe volte. Ma questa società va veloce e loro si vedono costretti ad aumentare il passo, pagando il prezzo di “cadere troppo presto dalle fiabe”.

Un parere da psicologa: i ragazzi sono davvero così “poveri di sogni” come spesso vengono dipinti?

“No! Hanno sogni profondi come pozzi, ma spesso sono abituati a restare sul pelo dell’acqua, a non andare in profondità, a non ascoltarsi, ad anestetizzarsi. È per questo che talvolta la scuola è chiamata a fermarsi e riflettere, a sospendere il giudizio, ad occuparsi delle persone prima ancora degli alunni, ad educare prima ancora di insegnare. Tre anni fa ho dedicato ai miei maturandi il testo di Vecchioni, “Sogna Ragazzo”, non lo conoscevano, ma l’hanno apprezzato e c’è ancora qualcuno che mi scrive per ringraziarmi per quelle preziose parole…”Chiudi gli occhi, ragazzo
E credi solo a quel che vedi dentro
Stringi i pugni, ragazzo
Non lasciargliela vinta neanche un momento…”

Sei specializzata in disturbi alimentari, quanto si parla di questi problemi veramente? E altrettanto veramente, come si può superare questi disturbi?

“Purtroppo se ne parla ancora poco e male direi. Si arriva a discutetene solo quando accade uno sfortunato evento e non si può più ignorare il fenomeno. Inoltre negli anni questi disturbi hanno subito delle modificazioni. Si notano sempre più casi sfumati, sempre più persone che nascondo dietro al culto per il corpo o al salutismo sfacciato, ossessioni e comportamenti disfunzionali.
Io e altre colleghe, ormai da 5/6 anni giriamo per le scuole delle province a promuovere il benessere psico-alimentare, promuovendo in primis uno stile di vita sano, ma soprattutto aiutando i ragazzi a riconoscere il rapporto tra cibo ed emozioni e le pesanti ingerenze dei dictat culturali.
E…si guarisce? Si certo! Ma è indispensabile rivolgersi a dei professionisti! Restano cicatrici evidenti, fuori e dentro, non lo nego! Ma le cicatrici non stanno lì a ricordarci le nostre battaglie? Certo, qualcuno purtroppo le battaglie le perde, tuttavia più ignoriamo il problema, più normalizziamo certe condotte e più la “malattia” trova nutrimento.”

Sei diventata mamma da pochissimo, quali sono le tre parole importanti che insegnerai a tuo figlio?

“Innanzitutto mio figlio ha già balbettato Mamma ed è bastato a farmi sciogliere il cuore.
Ma credo che le tre “C” possano costituire un buon bagaglio con il quale iniziare ad esplorare il mondo: CURIOSITÀ, CONSAPEVOLEZZA, CORAGGIO!”

Foto Fisioterapy Center

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