Di Tuscia e di più- Benvenuti a Celleno, borgo fantasma

Di Tuscia e di più- Benvenuti a Celleno, borgo fantasma

Di Tuscia e di più - La scorsa settimana vi abbiamo portato a Sant’Angelo, il paese delle fiabe, stavolta rimaniamo in zona Teverina e andiamo a scoprire Celleno, il borgo fantasma. Nomi che evocano atmosfere surreali e dimensioni oniriche e che, effettivamente, lottano con la materia stessa di cui sono fatti.

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La scorsa settimana vi abbiamo portato a Sant’Angelo, il paese delle fiabe, stavolta rimaniamo in zona Teverina e andiamo a scoprire Celleno, il borgo fantasma. Nomi che evocano atmosfere surreali e dimensioni oniriche e che, effettivamente, lottano con la materia stessa di cui sono fatti.
L’uno vuol trovare la propria rinascita creando bellezza, l’altro recupera la propria bellezza per sognare una rinascita.

Celleno ha due anime: quella moderna, costruita a partire dagli anni Trenta del XXI secolo, che si trova lungo la via Teverina, più o meno a metà strada tra Viterbo e Bagnoregio; l’altra, quella più antica, abbandonata al destino del tempo e della terra dopo frane, pestilenze e terremoti, è a circa un chilometro più all’interno, tra pennellate di boschi e tufo.

Ed è proprio quel vecchio cuore di pietra, malconcio e solitario, ad essere oggi al centro di un importante progetto di recupero e valorizzazione: si ristrutturano edifici, si mette in sicurezza quel che non si può ricostruire. E poi si organizzano eventi, come quello appena trascorso, dei Teverina Buskers, il festival degli artisti di strada. Perché lo scenario è perfetto per creare ambientazioni fantastiche, ludiche, senza tempo e senza spazio. Oppure la sagra delle ciliegie per celebrare il principale prodotto delle sue campagne.

Un lungo ponte lo collega al resto del mondo, un po’ come a Civita di Bagnoregio, ma qui non ci sono folle di turisti e balconcini fioriti. Qui c’è tutto il fascino del silenzio che s’intreccia col desiderio di sopravvivenza: il castello che fu, tra gli altri, anche degli Orsini, s’impone all’ingresso della piazza principale come primo segno di resistenza. È qui che il celebre artista Enrico Castellani trovò dimora e ispirazione per le sue “Estroflessioni”.

Affacciandoci da ciò che rimane del portale della chiesa di San Donato, sventrata e sprofondata, non possiamo non sussurrarle “ti prego, resisti” mentre leggiamo tra disegni di stucchi pregiati e delicate linee architettoniche un passato importante e dignitoso.

Pochi passi più in là, dopo scheletri di case che hanno ormai il cielo come soffitto, si arriva all’affaccio sulla campagna circostante e sul piccolo borgo di Roccalvecce dominato dal Castello Costaguti: in un colpo d’occhio un mondo ancora semplice e autentico, con alle spalle una storia fatta di nobili famiglie in lotta per il potere di cui ora rimane solo un’eco sbiadita nei nomi di vie, strade e palazzi. Un borgo fantasma che vuole la sua rivincita.

Foto Fisioterapy Center

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