Di Tuscia di più- Fine settimana al Museo Civico di Viterbo

Di Tuscia di più- Fine settimana al Museo Civico di Viterbo

Di Tuscia e di più - Questo fine settimana facciamo tappa a Viterbo in un luogo che molto spesso è preso di mira da polemiche di ogni genere, ma che è ricco di fascino e di tesori prezioni: visitamo insieme il Museo Civico di Piazza Crispi

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Ok, ci provo. Questa settimana vi porto in uno dei posti più discussi della nostra provincia. Oh no, che andante pensando? non si va mica in un night club!
Andiamo al Museo Civico di Viterbo che da diversi anni è ormai oggetto di imbarazzo per le diverse amministrazioni che si sono succedute nel tempo. Centro destra e centro sinistra, sopra e sotto, bianchi e neri, guelfi e ghibellini: niente, non si riesce a far decollare questo museo che contiene affascinanti e preziosi capitoli della storia della città, dagli etruschi all’età contemporanea. E lui rimane lì, come un moribondo a cui, ogni tanto, viene somministrato qualche tentativo di rianimazione. È un articolo polemico? No. Dico solo quel che c’è e provo a raccontarne un po’ la storia.

Ma come e quando nasce il Museo Civico di Viterbo? Per rispondere è bene distinguere tra la nascita della collezione museale e la struttura così come la conosciamo oggi. Il primo a raccogliere materiale riguardante le antichità viterbesi fu Giovanni Nanni, detto Annio, frate domenicano e importante umanista, nonché Maestro del Sacro Palazzo Apostolico sotto papa Alessandro VI Borgia, che non fa altro che seguire la tendenza del suo tempo: donare alla città origini illustri. Per raggiungere il suo scopo non si limita a scoprire, raccogliere, documentare veri reperti archeologici, come i sarcofagi etruschi della tenuta di Cipollara, ma ne fa realizzare anche di falsi… perché melius abundare quam deficere: meglio una testimonianza in più che una in meno. Poi ci mette pure Osiride, Noè, s’inventa un decreto del re Desiderio che cinge di mura l’antica tetrapoli etrusca ed il gioco è fatto: Viterbo ha tutte le carte in regola per diventare una città di tutto rispetto nel panorama italiano rinascimentale. Siamo alla fine del XV secolo e Annio ha dato inizio ad una storia straordinaria che il Museo Civico racconta passo dopo passo.

È dunque con questo geniale frate domenicano che nasce il primo nucleo della collezione antiquaria che, in principio, aveva sede nel Palazzo Comunale: qui secoli dopo, nel 1821, furono ufficialmente inaugurati il Museo e il Gabinetto Accademici nei quali si conservavano raccolte eterogenee di oggetti preistorici e fossili, reperti di età etrusca e romana, iscrizioni medievali, collezioni mineralogiche, erbari, un lapidario, numerosi quadri, l’archivio storico e tutto quello che aveva a che fare con il passato viterbese. Nel 1870 vengono incamerati anche i beni ecclesiastici ma la vera svolta si ha agli inizi del Novecento, quando le raccolte vengono ulteriormente arricchite dalle collezioni di antichità dell’archeologo Luigi Rossi Danielli ed altri… “mecenati” (chiamiamoli così). Il materiale era così tanto che era ormai necessaria un’altra sede: il tutto venne trasferito nell’ex chiesa di Santa Maria della Verità, che nel 1912 fu inaugurata come nuovo Museo cittadino.

Durante la seconda guerra mondiale, però, gran parte della collezione fu spostata per sottrarla ai bombardamenti che, effettivamente, colpirono anche la chiesa della Verità andando a distruggere, tra l’altro, anche la Cappella Mazzatosta con i mirabili affreschi di Lorenzo da Viterbo. Ma gli anni ’50 portarono nuova vita a tutto il complesso: Cesare Brandi studia e applica qui per la prima volta, proprio sulle macerie della Cappella Mazzatosta e sui frammenti degli affreschi del pittore viterbese, la moderna teoria del restauro. Nel 1955 s’inaugura il nuovo Museo Civico ospitato negli ambienti dell’ex convento dei Padri Serviti, adiacente alla chiesa. Nel 1994 il Museo è rinnovato ma nel maggio 2005 un’ala dell’edificio crolla, facendo sfiorare la tragedia. Una ferita da cui non guarirà mai più. Dolorante ad ogni cambio del tempo, ad ogni cambio di amministrazione.

Antoniazzo Romano, Andrea della Robbia, Sebastiano del Piombo, Michelangelo (fidatevi, c’è. Ma è nascosto), Giovan Francesco Romanelli (pittore viterbese prestato al Palazzo del Louvre, mica poco!) sono solo alcuni dei grandi nomi della storia dell’arte che circolano per le sale di un museo che conta comunque pochi visitatori l’anno. E sarei tentata di sviscerare qui il problema della scarsa affluenza e di provare a ragionare su idee e prospettive, ma quest’articolo è già lungo così e magari rimandiamo ad un’altra volta. Così vi racconto pure la storia di Sebastiano del Piombo e Michelangelo a Viterbo. Ma che ci saranno mai venuti a fare qui?

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