Letizia Bonaparte, la madre del grande Napoleone, sepolta per quindici anni a Tarquinia

Letizia Bonaparte, la madre del grande Napoleone, sepolta per quindici anni a Tarquinia

Homepage - STORIE - Così viene preparato un carro anonimo e, dopo l'ultimo saluto in Santa Maria di Via Lata, il feretro viene portato nella sonnolente Corneto. Così come indicato dal cardinale Fesch, fratello di Letizia. Lui conosceva bene Tarquinia e spesso era ospite del Monastero delle Passioniste.

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STORIE – Per quindici anni la madre del grande Napoleone fu sepolta nella chiesa delle Monache Passioniste a Tarquinia. E’ il febbraio 1836 quando Letizia Bonaparte chiude per l’ultima volta i suoi occhi sul mondo. Si trova a Roma, all’interno di Palazzo Rinuccini (a due passi da Piazza Venezia). Da lì ha continuato a trascorrere la sua esistenza, dopo la morte dell’imperatore e la Restaurazione.

1836, anno complicato. Perché Napoleone non è finito con Waterloo e Sant’Elena. Il corso ha continuato a infiammare il cuore di tanti giovani di mezza Europa. Siamo nella nuvola dei moti liberali, che a ondate infiammano il Vecchio Continente. Il papa re resiste ma vacilla. E proprio in quel febbraio del 1836 viene deciso che avere il corpo della mamma di “quel diavolaccio” tumulato in qualche chiesa di Roma poteva essere sconveniente.

Così viene preparato un carro anonimo e, dopo l’ultimo saluto in Santa Maria di Via Lata, il feretro viene portato nella sonnolente Corneto. Così come indicato dal cardinale Fesch, fratello di Letizia. Lui conosceva bene Tarquinia e spesso era ospite del Monastero delle Passioniste.

E così la madre del grande Napoleone arriva a Tarquinia, dove rimase fino a un giorno d’estate del 1851. E’ il primo luglio quando i francesi vengono a riprendersela per riportarla là dove era nata: la Corsica. 

La delegazione, guidata dal Maire di Ajaccio, Dominique Zevaco, curò la riesumazione. Il corpo venne ritrovato sorprendentemente intatto e avvolto in un velo prezioso, tempestato di piccole spille d’oro. Il giorno seguente il corpo venne deposto su un carro d’artiglieria francese e accompagnato a Porta Maddalena da un vero e proprio corteo solenne. Qui l’allora arcidiacono di Tarquinia don Michele Bruschi Querciola diede l’ultimo saluto. 

Il giorno dopo nuovi onori vennero tributati all’interno della cattedrale di Civitavecchia, poi venne caricato sulla fregata Vauban per fare rotta verso Ajaccio. Il tutto tra i colpi a salva dei cannoni di Forte Michelangelo e la Marsigliese. 

 

 

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