T-urbe#1 > Sono una donna, non sono una santa

T-urbe#1 > Sono una donna, non sono una santa

Blog - Vi sarà forse capitato di passeggiare per le strade di Viterbo, osservare i nomi delle strade e notare qualcosa di strano. O no? Qui trovate nero su bianco quello che ho pensato io quando l’ho fatto.

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Rosanna Fratello non ne sapeva niente, è evidente. Pensava solo a quanto fossero lunghi quei tre mesi che la tenevano lontana dal suo banale spasimante e a quanto fossero minacciosi i suoi quattro fratelli. La Fratello cantava un patetico esempio di subordinazione del genere femminile nel rapporto amoroso e familiare. Non ne sapeva niente, era lontana anni luce dalle donne che, negli stessi anni, si spingevano verso una presa di coscienza di genere, pronte a sputare su Hegel e su quanti avevano alimentato la cultura predominante maschile.

Ma a me è venuta in mente, non so bene come, quando una di queste mattine camminavo per le strade del centro di Viterbo. Ho iniziato a notare quanto la presenza femminile nei nomi delle strade fosse numericamente inferiore rispetto a quella maschile e, SOPRATTUTTO, fosse prevalentemente sacra.
Ho iniziato ad indagare e sono venute fuori -in ordine- :
16 sante, beate e martiri,10 madonne e solo 6 letterate e umaniste, 1 lavoratrice, 1 personaggio storico femminile.

26 sacre contro 8 laiche.

Vi starete chiedendo la finalità di questo discorso. Bene, eccovi qui la spiegazione: partiamo dal fatto che tutto questo non c’entra niente con la storia delle quote rosa che ultimamente ha fatto tanto discutere (perché in fondo, per dirla come la dicono le ragazze del collettivo femminista Dumbles, l’emendamento pink vale quanto spruzzare un deodorante su una cosa marcia), ma con una semplice analisi dei pesi e delle misure del tipo di rappresentazione femminile nello spazio urbano che ci circonda.

Se gli odonimi sono il risultato di scelte ideologiche e politiche, questi hanno inevitabilmente un riscontro sulla costruzione della cultura di un popolo e di una città, proprio perché definiscono le figure storiche che entrano a far parte della memoria collettiva. Ma se queste figure sono di solito maschili… beh, io qualche domanda inizio a farmela…

Alcuni spunti di riflessione interessanti li ho trovati nel lavoro del gruppo Toponomastica Femminile. Nella descrizione del sito si legge che “Nell’Italia preunitaria prevalevano i riferimenti ai santi, a mestieri e professioni esercitate sulle strade e alle caratteristiche fisiche del luogo. In seguito, la necessità di cementare gli ideali nazionali, portò a ribattezzare strade e piazze dedicandole a protagonisti, uomini, del Risorgimento e in generale della patria; con l’avvento della Repubblica, si decise di cancellare le matrici di regime e di valorizzare fatti ed eroi, uomini, della Resistenza. Ne deriva un immaginario collettivo di figure illustri esclusivamente maschili”.

Quindi, senza fare scemi sillogismi, mi pare di intuire che non ci sia stata una volontà politica di rappresentare il genere femminile, e che, soprattutto, il tipo di rappresentazione femminile che è stata messa in atto nella toponomastica, seppur inferiore numericamente, mette in luce il solito, trito, triste, predominante stereotipo della donna subordinata all’uomo.

E con questo? Non so, io ci sto riflettendo e volevo scriverlo. Pensiamoci su.

Foto Fisioterapy Center

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