Scaténati#15 > Ipocondria canaglia

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Blog - Solitamente il medico di famiglia dovrebbe riconoscere per primo il paziente ipocondriaco e inviarlo a uno psicologo clinico.

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10736123_10204235142751780_801678685_nOggi parleremo di Ipocondria. Tutti conoscono questa parola, sanno cosa significhi, eppure mi scontro settimanalmente con una gran confusione vissuta dalle persone che esperiscono questa particolare sindrome. È un problema sempre più frequente, che colpisce giovani e anziani, dottori e operai. A quanto pare, spulciando il web, ne soffrono attori come Tom Cruise – che ha arruolato un medico che si dedica completamente alla figlia – Barabra Streisand e John Travolta. Nonostante sia un disturbo conosciuto sin dall’antichità, ancora oggi mancano strumenti in grado di monitorarne la diffusione. Certo è che gli ipocondriaci costituiscono una fetta significativa dei frequentatori delle sale di aspetto di ambulatori e ospedali. A soffrire di questo disturbo sono soprattutto le donne, più soggette all’ansia, ma quando colpisce gli uomini si manifesta in forme più accentuate, quali l’ipocondria delirante, che ha ripercussioni sull’apparato cardiovascolare e gastrointestinale.

Purtroppo le tecnologie di oggi non aiutano, poiché le persone ipocondriache iniziano a utilizzare internet per cercare informazioni sui sintomi che il loro corpo avverte. S’inizia così a visitare i siti che parlano di medicina, per finire ben presto a ricercare diagnosi affrettate inserendo i sintomi del disturbo nel motore di ricerca. Il risultato è di entrare in un circolo vizioso che peggiora solo la situazione psicologica della persona.

L’Ipocondria è sempre più diffusa perché è strettamente correlata all’Alexitimia. Quest’ultima è la difficoltà a nominare le proprie emozioni. Nella nostra società poco avvezza alla riflessione interiore, perennemente orientata al pragmatismo, le persone sono disabituate a attribuire un nome ai propri vissuti, al proprio disagio psicologico. Con il tempo, non si riesce più a vivere i propri stati emotivi, che sono direttamente interpretati come segnali corporei. Immaginate un bambino che ha paura dell’acqua, e la mamma interpreta la sua riluttanza con il messaggio “ha la febbre”. Con il ripetersi di questa modalità di interazione la persona non riuscirà a interpretare correttamente i propri stati emotivi, considerandoli sintomi di chissà quale disturbo organico. Di solito vengono presi dall’ipocondriaco fischi per fiaschi (è un tumore o un’infezione da HIV?) e inizia un viavai di esami fisici che portano alla dimostrazione che non è presente nulla nel proprio organismo che non va.

95dcce0ea4822f347ec69b99c71ab9f8Quello che osservo è che capita troppo spesso che un medico dica: “lei non ha niente”. Invece non è vero che non è “niente”, è una sindrome invalidante che ha un nome, ipocondria, e che dovrà essere affrontata in quanto porta estrema sofferenza per la persona che ne è affetta. L’ipocondriaco il giorno dopo la visita è di nuovo tormentato da sintomi e inizia il calvario. Non esistono farmaci veri e propri per la cura dell’ipocondria, ma la causa e la soluzione di questo disturbo va ricercata in ambito psicologico.

Solitamente il medico di famiglia dovrebbe riconoscere per primo il paziente ipocondriaco e inviarlo a uno psicologo clinico. Esistono specifici percorsi terapeutici che consentono all’ipocondriaco di riappropriarsi della propria mappa emotiva, tornando a saper attribuire alle sensazioni che prova una valenza reale e oggettiva. L’approccio terapeutico segue un doppio filone. Un buon punto di partenza per cominciare a fare spazio alla terapia è il concetto di stress, un ponte che aiuta il soggetto a farsi un’idea rispetto alla necessità di ricondurre alla sfera emotiva quei sintomi che solitamente lega alla sfera corporea. Anche parenti e amici possono aiutare l’ipocondriaco a mettere in luce la natura ripetitiva del suo malessere fisico.

Foto Fisioterapy Center

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