Perché il Comune di Viterbo ha “paura” di adottare la strategia Rifiuti Zero?

Perché il Comune di Viterbo ha “paura” di adottare la strategia Rifiuti Zero?

Politica - Rimanere fermi su questo fronte significa perdere posti di lavoro possibili, inquinare l'ambiente, far pagare più tasse di quelle che sarebbero necessarie. Un delirio, nell'interesse di chi?

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rifiutiRispetto per l’ambiente e più occupazione da un diverso approccio dei rifiuti. Questo è un pezzo della strategia Europa 2020, contenuta nella risoluzione del Parlamento Europeo del 24 maggio 2012. Tutto questo, a livello comunale, può essere perseguito entrando nella rete dei Comuni virtuosi e recependo il “protocollo rifiuti zero”.

Il capoluogo della Tuscia è però fermo. Perché? Cosa comporta l’adesione al protocollo e chi ne ha paura? Chi amministra la città lo fa seguendo precise strategie internazionali di sviluppo e crescita oppure neanche le conosce? Queste sono tutte domande di cui vogliamo nutrire l’opinione pubblica locale. Non seguendo questa strada si produce sul territorio comunale maggiore inquinamento e danni ambientali, maggiori costi che i cittadini devono sostenere per la gestione dei rifiuti e si negano possibilità di lavoro che invece stanno aiutando diverse aree europee a contrastare la piaga della disoccupazione.

Insomma a rimanere immobili i viterbesi ci rimettono di brutto. E il capoluogo della Tuscia, anziché funzionare da traino per l’intera provincia, viene scavalcato da altri comuni. Ecco i municipi viterbesi che già hanno iniziato il loro cammino nel percorso tracciato dalla strategia “rifiuti zero”: Corchiano, Bassano in Teverina, Caprarola, Civita Castellana, Bassano Romano, Acquapendente, Montefiascone e Marta.

La città dei papi si va caratterizzando ancora una volta come il “regno del vecchio”, non permeabile all’innovazione e alle nuove frontiere di gestione dei problemi. Un territorio in mano a una classe dirigente non all’altezza, con poca consapevolezza del mondo reale e delle strategie necessarie per risollevare la situazione di depressione che stiamo vivendo. I cittadini farebbero bene a iniziare a informarsi e a rendersi conto dell’importanza di selezione di adeguati rappresentanti all’interno delle istituzioni elettive. Le cordate di clientela magari vanno bene per mettere in tasca qualche spicciolo o favoretto, ma poi alla fine negano reali possibilità di crescita e sviluppo. Ergo sono pericolose e fanno danni enormemente più grandi delle piccole e personalistiche risposte che riescono a dare.

Per cambiare verso nella gestione rifiuti occorrerebbe l’approvazione in consiglio comunale di una delibera che impegna il Comune di Viterbo a perseguire l’obiettivo rifiuti zero al 2020. Basterebbe un drappello o anche un solo consigliere comunale per portare la proposta in consiglio comunale e chiamare alla scelta tutti gli altri. Anzi, invitiamo un consigliere o un gruppo di questi, non ci importa se di maggioranza o opposizione a compiere questo gesto. Per avere informazioni dettagliate basta contattare i militanti di Zero Waste Italy attivi anche nel Viterbese, o contattare i comuni virtuosi della provincia. Cosa significa diventare un Comune a rifiuti zero? Significa essenzialmente agire su dieci punti:

1.separazione alla fonte: organizzare la raccolta differenziata. La gestione dei rifiuti non e’ un problema tecnologico, ma organizzativo, dove il valore aggiunto non e’ quindi la tecnologia, ma il coinvolgimento della comunità chiamata a collaborare in un passaggio chiave per attuare la sostenibilità ambientale.

2.raccolta porta a porta: organizzare una raccolta differenziata “porta a porta”, che appare l’unico sistema efficace di RD in grado di raggiungere in poco tempo e su larga scala quote percentuali superiori al 70%. Quattro contenitori per organico, carta, multi materiale e residuo, il cui ritiro e’ previsto secondo un calendario settimanale prestabilito.

3.compostaggio: realizzazione di un impianto di compostaggio da prevedere prevalentemente in aree rurali e quindi vicine ai luoghi di utilizzo da parte degli agricoltori.

4.riciclaggio: realizzazione di piattaforme impiantistiche per il riciclaggio e il recupero dei materiali, finalizzato al reinserimento nella filiera produttiva.

5.riduzione dei rifiuti: diffusione del compostaggio domestico, sostituzione delle stoviglie e bottiglie in plastica, utilizzo dell’acqua del rubinetto (più sana e controllata di quella in bottiglia), utilizzo dei pannolini lavabili, acquisto alla spina di latte, bevande, detergenti, prodotti alimentari, sostituzione degli shoppers in plastica con sporte riutilizzabili.

6.riuso e riparazione: realizzazione di centri per la riparazione, il riuso e la decostruzione degli edifici, in cui beni durevoli, mobili, vestiti, infissi, sanitari, elettrodomestici, vengono riparati, riutilizzati e venduti. Questa tipologia di materiali, che costituisce circa il 3% del totale degli scarti, riveste però un grande valore economico, che può arricchire le imprese locali, con un’ottima resa occupazionale dimostrata da molte esperienze in Nord America e in Australia.

7. tariffazione puntuale: introduzione di sistemi di tariffazione che facciano pagare le utenze sulla base della produzione effettiva di rifiuti non riciclabili da raccogliere. Questo meccanismo premia il comportamento virtuoso dei cittadini e li incoraggia ad acquisti piu’ consapevoli.

8. recupero dei rifiuti: realizzazione di un impianto di recupero e selezione dei rifiuti, in modo da recuperare altri materiali riciclabili sfuggiti alla RD, impedire che rifiuti tossici possano essere inviati nella discarica pubblica transitoria e stabilizzare la frazione organica residua.

9. centro di ricerca e riprogettazione: chiusura del ciclo e analisi del residuo a valle di RD, recupero, riutilizzo, riparazione, riciclaggio, finalizzata alla riprogettazione industriale degli oggetti non riciclabili, e alla fornitura di un feedback alle imprese (realizzando la Responsabilità Estesa del Produttore) e alla promozione di buone pratiche di acquisto, produzione e consumo.

10. azzeramento rifiuti: raggiungimento entro il 2020 dell’ azzeramento dei rifiuti, ricordando che la strategia Rifiuti Zero si situa oltre il riciclaggio. In questo modo Rifiuti Zero, innescato dal “trampolino” del porta a porta, diviene a sua volta “trampolino” per un vasto percorso di sostenibilità, che in modo concreto ci permette di mettere a segno scelte a difesa del pianeta.

Un’amministrazione che non mette in campo questa strategia condanna i cittadini a pagare più tasse legate alla gestione dei rifiuti, nega la possibilità di posti di lavoro connessi a questi servizi, danneggia l’ambiente e continua ad arricchire i soliti businessman dei rifiuti. Perché? Un consigliere comunale o amministratore di ogni ordine e grado che non si rende conto dell’importanza strategica di un simile tema (in termini di posti di lavoro, risparmio e salute ambientale) è piuttosto inadatto a continuare a ricoprire il ruolo che ha ottenuto. In buona sostanza il non fare nulla su questo fronte equivale a compiere più di un’azione contro l’interesse della collettività. Nel nome dell’interesse di chi?

Dopo i ritardi d’intervento sull’arsenico, che rendono in pratica il Viterbese una delle poche aree che ancora sta “giocando” con il problema (e la salute della gente) si vuole arrivare al 2020 senza aver mosso un dito nella direzione che ci ha indicato l’Europa? Se quindi la classe dirigente di questo territorio non crede all’Europa perché vi viene a chiedere il voto ogni cinque anni per i loro amici eurocandidati? A ognuno le sue riflessioni, nella speranza che servano a liberarci, senza differenziarli, di pensieri anacronistici e del malcostume di rimanere immobili.

 

 

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