Viterbo, il capoluogo perduto – Cervo: “Cari cittadini ognuno di noi diventi un killer culturale”

Viterbo, il capoluogo perduto – Cervo: “Cari cittadini ognuno di noi diventi un killer culturale”

Homepage - Continua il viaggio de La Fune tra i pensieri, le idee, le valutazioni su un dato di fatto: Viterbo, il capoluogo perduto. Oggi pubblichiamo un interessante intervento del direttore artistico di Quartieri dell'Arte Gian Maria Cervo. Non perdetelo perché c'è un invito fondamentale rivolto a tutti i viterbesi.

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Continua il viaggio de La Fune tra i pensieri, le idee, le valutazioni su un dato di fatto: Viterbo, il capoluogo perduto. Oggi pubblichiamo un interessante intervento del direttore artistico di Quartieri dell’Arte Gian Maria Cervo. Non perdetelo perché c’è un invito fondamentale rivolto a tutti i viterbesi.

 

 

“Se guardo alla Città di Viterbo vedo bellezza, spesso trascurata. Se guardo alla Storia della Città di Viterbo vedo élite emarginate, spesso completamente staccate dagli apparati burocratici e di potere locali, costrette o portate, da questo o quel frangente, ad agire in segretezza. E poiché la bellezza della Città di Viterbo è stata spesso creata dalle élite che l’ hanno frequentata, si capisce perché tanta bellezza venga spesso trascurata. La storia di questo territorio sta tutta in questo frustrante uroboro. E la soluzione al problema dello sviluppo di questa terra è frustrantemente semplice e riguarda il rapporto tra gli apparati amministrativi e burocratici con le élite.

Qualche giorno fa i grandi architetti Franco Purini e Laura Thermes, nell’ambito di una conferenza organizzata dal Festival Quartieri dell’Arte con la collaborazione dell’Accademia di San Luca per il progetto “EU Collective Plays!”, hanno voluto lanciare uno stimolo e una provocazione al Sindaco di Viterbo Leonardo Michelini: Roma vive una di quelle crisi profonde che nella storia della Capitale d’Italia si verificano ogni tre-quattrocento anni; Viterbo, luogo più a misura d’uomo, abitato da qualche fermento culturale, avrebbe l’opportunità di farsi centro propagatore del virus della cultura. Perché non coglie questa occasione?

La risposta alla domanda è difficile e imbarazzante. E nel formularla bisogna porsi una serie di altre domande. E’ possibile che persista ancora in questa Città un interesse a mantenerla isolata, per meschino tornaconto di pochi, e che tale interesse abbia tra le sue manifestazioni un’ostilità verso la creazione e la produzione culturale?  Sicuramente, segni di questo interesse si potevano ancora riscontrare all’epoca in cui Menotti, osteggiato da certi proprietari terrieri, non riuscì a organizzare il Festival dei Due Mondi a Viterbo. Oggi quell’interesse potrebbe essere venuto meno ma di certo l’input che quell’interesse ha dato è rimasto, una specie di ordine insensato che si continua ad eseguire per inerzia. Provate a organizzare un evento  culturale a Viterbo e spesso vi troverete a parlare con una burocrazia poco dialogante e poco accogliente.

Rimane ancora di Viterbo un’immagine di Signoria poco signorile. E di questo la politica non può lagnarsi. Perché la politica ha il compito di organizzare e indirizzare gli apparati amministrativi e burocratici, non episodicamente, ma una volta per tutte. Nel governo di una Città la politica deve avere la consapevolezza di un paradosso: la Città la si rende inclusiva e accogliente mantenendo un certo polso e esercitando un certo rigore sugli apparati amministrativi e burocratici, facendoli concorrere costruttivamente allo sviluppo del territorio. Collaboratori che agiscono nella legalità, non gendarmi che esercitano un potere più o meno reale. Credo che questo problema identifichi una causa centrale della progressiva perdita di leadership della Città di Viterbo rispetto al proprio territorio. E poi c’è il rapporto tra la politica, le élite e i creativi. Che esista uno scollamento è indubbio. E esiste anche una presunzione della politica di poter fare a meno delle varie competenze disciplinari e, vorrei dire, perfino della consapevolezza. Basta analizzare la faccenda del tanto agognato gemellaggio con Avignone e tutta quell’enfasi data, da parte viterbese, al cliché delle città papali, un elemento che doveva semmai rimanere sullo sfondo per lasciare spazio alla ricerca di tratti comuni più interessanti per la nostra epoca (post)multiculturale. Il recupero del rapporto tra Viterbo e il proprio territorio non può prescindere dal dialogo tra politica, burocrazia, élite creative e culturali e cittadini. La realizzazione di distretti e percorsi, fatta con rigore e competenza, potrebbe essere una delle strategie di crescita e ricompattamento del territorio.

Faccio tre esempi-proposta: un distretto michelangiolesco con relativo percorso; un percorso caravaggesco che unisca i luoghi legati a committenti, maestri, allievi e seguaci del grande maestro lombardo; un percorso legato all’arte contemporanea. Tre vene di energia e di pensiero che potrebbero iniziare a riconnettere il territorio, disegnate secondo un principio crossmediale in modo da tenere in rete tanti saperi e coinvolgere le grandi istituzioni che stanno mostrando interesse per il territorio anche al di là di stimolazioni politiche (penso ad esempio a un ente leggendario come l’Accademia di San Luca). Sono solo delle proposte che finiranno puntualmente per cadere nell’oblio senza una svolta che dia polso e rigore all’iniziativa amministrativa.

Rispetto a questo tutti noi cittadini abbiamo responsabilità. I primi a esercitare polso e rigore dobbiamo essere noi. Che siano critiche argute, sfide, diffide o pasquinate finalizzate a rivoluzionare gli apparati poco importa. Ciò che è fondamentale è che ognuno di noi diventi un bravo killer culturale, parlo ovviamente in senso metaforico e non letterale.  E quindi paradossalmente non cedere alla sola pancia. I cittadini devono concorrere con gli artisti e con i creativi, aspirare a superarli. Lo so, è utopistico. Ma voglio comunque partire da due dati di fatto. Per essere un bravo artista devi essere un potenziale killer. E per essere un bravo potenziale killer devi essere preciso. Tutti noi possiamo obbligare la politica a scelte diverse con le nostre “emotions recollected in tranquillity”, con quello che c’è di poetico e di rigoroso in noi, passando per la porta della cultura”.

 

Gian Maria Cervo

Foto Fisioterapy Center

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