Viaggio tra gli ingressi di Viterbo/3 – Porta Romana tra pezzi mancanti e brutture

Viaggio tra gli ingressi di Viterbo/3 – Porta Romana tra pezzi mancanti e brutture

Homepage - In qualche modo si tratta di biglietti da visita del capoluogo della Tuscia e forse è giunto il momento di prendersene cura, visto il ruolo importante che giocano nella costruzione dell'immagine della città. Abbiamo iniziato da Porta San Leonardo, poi Porta della Verità e oggi siamo a Porta Romana.

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In qualche modo si tratta di biglietti da visita del capoluogo della Tuscia e forse è giunto il momento di prendersene cura, visto il ruolo importante che giocano nella costruzione dell’immagine della città. Abbiamo iniziato da Porta San Leonardo, poi Porta della Verità e oggi siamo a Porta Romana.

 

 

Lungo la cinta muraria medievale di Viterbo, adornata di torri sporgenti e merli guelfi, si aprivano anticamente 13 porte di accesso alla città che, nel corso dei secoli, hanno cambiato conformazione essendo alcune state chiuse e altre restaurate e successivamente riaperte. Le porte, che conservano nella maggior parte dei casi, i portelloni di legno e gli stemmi antichi, impreziosiscono la possente cinta muraria che protegge il centro di Viterbo e fungono da entrata monumentale in centro città. E adesso?

Porta Romana è sicuramente la prima che si incontra arrivando a Viterbo da Sud. L’attuale porta sorge di fianco a quella più antica chiamata Porta San Sisto o Innocenziana inaugurata nel 1653 in onore del Pontefice Innocenzo X giunto in visita a Viterbo. La lapide posta sulla facciata ricorda questo giorno importante per la storia del luogo. Tale nome non durò molto, infatti per via della posizione sulla strada che porta a Roma, venne ribattezzata dai viterbesi Porta Romana e ancora oggi è il luogo simbolo della città.

Il cameo che racchiude la porta è sicuramente la statua di Santa Rosa, protettrice della città, sulla sommità che sembra vigilare austera sul via vai quasi perenne lungo la strada. Le decorazioni barocche che ornano la facciata, appaiono scheggiate in più punti e mancano di alcune parti ormai erose dal tempo.

Il portellone di legno è scrostato, spaccato in più punti probabilmente per il grande flusso di auto che attraversa la porta per arrivare in centro, l’intonaco delle parti non in peperino è “rattoppato” con una verniciatura di un altro colore che di certo balza all’occhio per sciatteria e incuria, non manca mai un sacchetto della spazzatura abbandonato proprio a ridosso del portellone.

Lungo il marciapiede, vicino all’ingresso pedonale, si nota una piccola fontana (di acqua rigorosamente non potabile) diventata casa di bottigliette abbandonate che galleggiano nell’acqua stagnante e soprattutto di improbabili posate di acciaio che si asciugano al sole. Chissà se Rosina dall’alto è contenta del primo colpo d’occhio che si ha della sua amata città?

 

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