Una vita dedicata alla passione per la palla ovale

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Homepage - L'intervista ad Antonio Zibana, ex campione di rugby ed ex managere della nazionale italiana, che oggi ha scelto la Tuscia come sua meta

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La Storia di questa settimana abbiamo voluto raccontarla insieme al suo protagonista. Un uomo che ha vissuto la sua vita in giro per lo Stivale e oltre i suoi confini, sempre impegnato a portare in alto la bandiera dello sport italiano e che, infine, ha scelto la Tuscia come sua meta di riposo. Stiamo parlando di Antonio “Totò” Zibana, ex campione italiano di rugby ed ex dirigente della Nazionale Italiana di rugby.

Nella sua vita sportiva ha sopportato tre fratture al naso, un’infrazione alle costole, una distorsione con tanto di gesso e molti punti di sutura, “ma a parte tutto questo non ho avuto problemi seri”. È è uno che ha giocato nel Rugby Parma, nel Cus Venezia e perfino a Londra nei Wasps, vincendo due scudetti, nel 1955 e nel 1957, e un campionato riserve, nel 1954. Invece da manager è stato con l’Italia nei due primi Sei Nazioni, cioè nel 2000 e nel 2001. Ora ha superato gli 80 e vive la sua vita tranquilla a Orte, dove ogni tanto lo vanno a trovare i vecchi e nuovi talenti del rugby che cercano un consiglio.

Quando ha mosso i primi passi nel mondo del Rugby?

Ho iniziato a giocare a Rugby perché con il calcio non ero molto bravo, nonostante mio padre fosse un dirigente di squadre locali e successivamente di squadre nazionali. Io ho iniziatoi nel Rugby Parma, nel 1949, dove giocavo nella squadra riserve, a Piacenza, fino al 1957, quando poi partii militare. In quel periodo il Rugby Parma vinse 2 scudetti, più un campionato Italiano Riserve, ed io ho avuto la fortuna di essere 3 volte campione d’Italia.

Successivamente sono andato fare il militare a Venezia, dove giocai con il Cus Venezia, giocavamo allo stadio di Santa Elena, dal 1959 fino al quando non sono andato a studiare in Inghilterra sempre nel ’59, in Gran Britannia ho giocato in una squadra che si chiama Wasps Football club, finché non sono tornato in Italia a lavorare.

Ci può parlare delle sue esperienze come manager della nazionale Italiana?

Nel 1996 fu fatto presidente Giancarlo Dondi, ed io ci avevo giocato insieme nel Rugby Parma, mi telefonò e mi disse “Senti, dobbiamo discutere dell’entrata dell’Italia al Sei Nazioni, visto che hai una buona conoscenza dell’Inglese, mi daresti una mano?”. Cosi seguimmo insieme tutte le trattative dell’Italia per entrare al Sei Nazioni, finché non ci ammisero al torneo. Nel 1999 andai con la nazionale Italiana al campionato del mondo di rugby, in Galles e Inghilterra.

Nel 2000 Dondi mi diede il titolo di Team manager, che io ricoprii per un anno, fu una esperienza fantastica, dove conobbi molti rugbisti eccezionali. Successivamente fui richiamato dal presidente Dondi che mi riconfermò Team manager, sempre per un anno. E qui finisce la mia storia di giocatore e di manager.
Cosa ne pensa del rugby attuale?

Sono cambiate molte cose, per prima la stazza dei giocatori, basta pensare che io giocavo come seconda linea, ero alto 1 metro e 84 e pesavo 89 chili, oggi con un fisico cosi non avrei mai potuto ricoprire quel ruolo. Oggi giorno c’è molta più tattica, più contatto, anche perché ai miei tempi non facevamo mai palestra, non ci allenavamo mai con i pesi, il nostro allenamento ci occupava 2 giorni a settimana, mentre oggi ci sono più di 6 allenamenti a settimana, e i giocatori disputano anche 45 partite all’anno, che per questo sport sono distruttive.

Al giorno d’oggi la nostra nazionale, ma anche le nostre squadre di campionato hanno bisogno, dati anche i nostri risultati all’ultimo Sei Nazioni, di allenatori più competenti che sappiano parlare con tutti i dirigenti, anche stranieri, e mi dispiace dire che non abbiamo una dirigenze al pari del Rugby attuale.

Foto Fisioterapy Center

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