Un viterbese in Antartide – “La Terra, sei nulla al suo cospetto”

Un viterbese in Antartide – “La Terra, sei nulla al suo cospetto”

Homepage - E' sicuramente qualcosa di molto raro, affacciarsi e vedere l'Antartide. Con tutta la sua grandezza, con tutte le paure ed emozioni forti che ti soffia dentro. In questa pagina del 'Diario dell'Antartide' Bruno Pagnanelli racconta le emozioni di un uomo davanti a così tanto spettacolo.

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E’ sicuramente qualcosa di molto raro, affacciarsi e vedere l’Antartide. Con tutta la sua grandezza, con tutte le paure ed emozioni forti che ti soffia dentro. In questa pagina del ‘Diario dell’Antartide’ Bruno Pagnanelli racconta le emozioni di un uomo davanti a così tanto spettacolo.

 

Sono tre giorni che è tutto bianco. Nevica e c’è vento costante, circa 60 km/h, che spinge forte dal Ghiacciaio del Reeves, qua dietro al Northern Foothills. C’è una coltre di centinaia di chilometri di nubi basse che arrivano da due minimi di pressione consecutivi, piazzati di fronte, al largo, nel mare di Ross. Nevica e il moto ondoso che viene da sud è un mantice gigantesco che alimenta i marosi, sempre più neri, sempre più alti.

Stanotte la struttura della stazione vibrava, suonava come un’arpa, a differenti frequenze, come una sorta di urlo dolce e sgraziato che, in funzione del vento, cambiava di tono.

A guardarlo dalla finestra, della mia posizione sopraelevata, fa paura e a sentirlo è anche peggio. Davvero.
Eppure c’è qualcosa di magnifico, qualcosa che non è riconducibile al terrore che si potrebbe provare, c’è un filo sottile che lega grandezza e potenza, immensità e forza con la bellezza, la magnificenza e una sorta di meravigliosa armonia. Sembra tutto legato anche nel male o in quello che consideriamo tale: tempo, luce, acqua, rumore e freddo.

E’ la Terra, maiuscola, che dimostra potere su tutto ciò che conosciamo, che esplicita una capacità sensazionale nel riportarti fra il nulla, che ti sottolinea il tuo essere piccolo, minuto, insignificante. E anche se palesa cattiveria e una violenza senza pari, anche se dimostra una insaziabile crudeltà, spossando e violentando rocce, manufatti e umori, ti porge su un piatto l’incredibile, ti dona la visione dell’energia, te la concretizza, te la fa vedere. E ti rende consapevole. Sei nulla al suo cospetto.

Così ti ritrovi a guardar fuori, in silenzio, ad ascoltare il tuo respiro, contrapposto al rumore sordo del mare che schiaffeggia la baia, ammirato di fronte alle urla della natura e al suo spettacolo da incubo. Senti che sei di fronte a qualcosa di irripetibile e hai la sensazione che il timore prevalga. E’ un po’ come quando bevi un po’ di vino e una parte del tuo cervello monitorizza cosa fa l’altra parte, quella più allegra. Anche adesso, timore e meraviglia, sospetto e stupore. Ti imponi di guardare, asettico ma senti che adesso è il timore che prevale.

Poi arriva una persona che qui ci ha passato decine di anni, che questo luogo lo conosce e lo teme, lo ama e lo rispetta. Sale, anche lui in silenzio. Si ferma, si appoggia al vetro, non diciamo nulla, uno accanto all’altro.
Un’onda scavalca la risacca, corre a riversare fluido nero e verde sulla successiva, in arrivo da dietro, e sbatte violenta sul molo. Un suono sordo, grave, mi colpisce allo stomaco. Una colonna immensa d’acqua esplode in una frazione di secondo. Rimango a bocca aperta. Anche lui. Si gira verso di me. Sorride. Il mio timore scompare. La parte ubriaca prende il sopravvento. Mi dice: “It’s fantastic!”. E non ho più paura.

bruno pagnanelli

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