Tuscia terra di tesori e di predoni. Non manca solo la testa di Augusto!

Tuscia terra di tesori e di predoni. Non manca solo la testa di Augusto!

Editoriali - Per amministrare una ricchezza archeologica come quella italiana servirebbero idee potenti. Di quelle che danno lavoro ai padri e ai figli, invece a fare cassa rischiano di essere solo i predoni. Servirebbe la testa, ma non siamo fortunati come l'Augusto nepesino.

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augustoDopo 40 anni tornerà a casa la testa “nepesina” dell’imperatore Augusto. Una storia fatta di furti, spostamenti clandestini, fuga oltre il confine (nel paradiso franco della Svizzera) e vendita a un museo belga. Roba incredibile, ma per queste strade sono passati e con ogni probabilità continuano a passare tanti pezzi del patrimonio storico-archeologico della Tuscia.

Non sono trascorsi tanti anni da quando con L’Opinione realizzai un’inchiesta, insieme ad altri colleghi, sui sotterranei viterbesi. Un’avventura eccezionale che ci portò alla scoperta di una città sotto la città e non solo. Un “non solo” fatto di cariole, teli neri, guanti da lavoro e attrezzi vari. Tutta roba utile per smuovere la terra e scavare. Sotto terra trovammo scavi freschi e tracce di saccheggi incredibili. Storie scritte da “tombaroli”, così li definimmo per estendergli il fortunato termine che si usa per etichettare i predoni delle tombe etrusche (anche quelli parecchio attivi alle nostre latitudini). E proprio sotto Viterbo c’è un pozzo etrusco, bellissimo, interamente scavato, metro dopo metro e palata dopo palata, nelle notti insonni di qualche predone locale.

Portando avanti quell’inchiesta potemmo renderci conto di una cosa importante. Quanto accade non è figlio di mancati controlli. Le forze dell’ordine sono molto attente alla tutela del patrimonio storico archeologico del nostro territorio. Il problema è che su questo fronte sono investiti pochi soldi e che questa terra è talmente ricca di questo genere di tesori che c’è un mare di roba. Servirebbe trovare un modo per finanziare gli scavi, per costruire nuovi musei e globalizzare questa ricchezza. Tutto invece è immobile, non c’è uno straccio d’idea azzeccata sul da farsi, su come mettere a regime questa occasione che la storia ha voluto donarci. 

Tutto ciò è la fortuna dei predoni, tombaroli o saccheggiatori di antichità che siano. Scavano eppoi piazzano sul mercato nero. Chi acquista? Chi ha i soldi, dai liberi professionisti impaccati di “money” alle mafie. I pezzi infatti aumentano di valore e possono rappresentare un buon investimento. Paesi come la Svizzera funzionano da grandi lavatrici di tutto questo e spesso i reperti finiscono per essere venduti a musei di mezzo mondo. La testa di Augusto era finita in Belgio, ma tanta roba prende le vie del mare e finisce in America.

Non sarebbe meglio che a vendere o cedere pezzi di antichità fosse lo stesso stato italiano? Forse sarebbe il caso discutere e aprire un dibattito anche su questo. In fondo è roba che riguarda anche i cittadini, perché è roba che genera ricchezza, posti di lavoro e promozione territoriale. In questo scenario desolante un piccolo pensiero va al museo civico di Viterbo. Chiuso da troppo tempo anche lui custodisce una testa particolarmente interessante. E’ la testa di Federico II di Svevia, l’imperatore e stupor mundi. Ebbi modo di fotografarla anni fa e ci feci un pezzo, sempre per L’Opinione. Denunciavo il fatto che una roba così importante fosse stata collocata dietro una tela, in un angolo perduto del museo. Questione di mentalità … Forse quella di Augusto non è l’unica testa che in questi 40 anni avremmo dovuto cercare.

Foto Fisioterapy Center

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