SCRITTO SULLA SHOAH – Carlo Mancini: “ Le nuove generazioni tengano viva la testimonianza dei sopravvissuti contro ogni forma di negazionismo”

SCRITTO SULLA SHOAH – Carlo Mancini: “ Le nuove generazioni tengano viva la testimonianza dei sopravvissuti contro ogni forma di negazionismo”

Homepage - 27 gennaio, Giornata della Memoria. Con La Fune abbiamo deciso di dedicare un periodo di riflessione sulla Shoah e sulla memoria. Per questo abbiamo chiesto a diversi rappresentanti del tessuto sociale viterbese di intervenire. Pubblicheremo, di giorno in giorno degli scritti, appositamente realizzati. L’intervento di oggi è firmato dall'ideatore di Krav Maga Tuscia Carlo Mancini.

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27 gennaio, Giornata della Memoria. Con La Fune abbiamo deciso di dedicare un periodo di riflessione sulla Shoah e sulla memoria. Per questo abbiamo chiesto a diversi rappresentanti del tessuto sociale viterbese di intervenire. Pubblicheremo, di giorno in giorno degli scritti, appositamente realizzati. L’intervento di oggi è firmato dall’ideatore di Krav Maga Tuscia Carlo Mancini.

 

di Carlo Mancini

 

Scrivere una riflessione, un pensiero in vista delle celebrazioni del 27 gennaio, Giornata della Memoria, è estremamente complesso, perché si corre il rischio di cadere nella banalità, ripetendo frasi già sentite mille volte, svilendo così la portata umana, storica, morale di un giorno così importante per tutta la nostra comunità.

Perciò ho scelto di seguire il mio cuore, cercando di descrivere le emozioni che, in questa giornata, pervadono il mio animo. Di attingere dal mio vissuto che, in diverse fasi della mia vita, si è intrecciato con Israele, nazione che amo e in cui ho moltissimi amici: un percorso accademico conclusosi con una tesi di laurea sull’antisemitismo in Italia durante il fascismo e la mia passione per il Krav Maga, disciplina marziale nata in Israele negli Anni Cinquanta.

Principalmente in queste occasioni, ma non solo, ho avuto modo di approfondire la storia, la cultura, le tradizioni di questo popolo meraviglioso e tenace. Per me il 27 gennaio non è un giorno come gli altri… È il giorno dedicato al silenzio, alla preghiera, alla commemorazione della più grande tragedia di cui l’essere umano si sia macchiato: la Shoah.

Vorrei approfittare di questo momento di riflessione per richiamare l’attenzione dei lettori su tre parole-chiave che, a mio avviso, possono guidarci nella costruzione di un pensiero che non sia banale, ma che ci aiuti a comprendere meglio la storia, la natura umana, e soprattutto noi stessi. 

Un pensiero che ci accompagni ben oltre la lettura di queste poche righe. Le parole che ho scelto sono: Dolore, Coraggio, Testimonianza. 

Dolore per l’immane tragedia della Shoah. Spesso per descriverne le dimensioni viene citato il numero delle vittime: più di sei milioni di morti. Io, invece, voglio pensare che ognuna di queste persone aveva un nome, un cognome, un volto, una vita, dei sogni da realizzare. Per provare (ripeto, provare) a capire la tragedia vissuta da questo popolo vi invito ad immaginare di essere una ragazza, o un ragazzo ebreo che viveva in Europa negli Anni Trenta, quando iniziarono le persecuzioni razziali. Vedersi privato, progressivamente, dei propri diritti. Da quello di esporre fiori alle finestre di casa, a quello di partecipazione alla vita sociale, lavorativa, accademica, politica della propria comunità, fino a rimanere escluso da tutto. Perdere la propria famiglia, devastata dalla deportazione; perdere la possibilità di realizzare i propri sogni; perdere la propria identità diventando un numero tatuato su un braccio; fino a perdere il diritto più sacro e inalienabile: il diritto alla vita.

Coraggio, nonostante la malvagità del mondo. Durante il processo di Norimberga, gli interrogatori ai gerarchi nazisti e le testimonianze dei sopravvissuti hanno fatto emergere molte delle atrocità commesse dai nazisti durante l’’Olocausto.

Sono diventate così tristemente famose figure criminali come quelle di Rudolf Hess, Heinrich Himmler, Rudolf Höss, Irma Grese e, purtroppo, molti altri. Però, nel momento più buio della storia dell’umanità, ci sono stati anche uomini capaci di gesti di solidarietà, coraggio, altruismo. Tra questi giusti, vorrei ricordare Giorgio Perlasca, Oskar Shindler, e, in particolar modo, Mordechai Anielewicz, un giovane che a soli ventiquattro anni guidò la Rivolta nel Ghetto di Varsavia, figura ancora troppo poco conosciuta rispetto al suo eccezionale valore.

Quando nella nostra vita siamo chiamati a fare delle scelte, o a prendere delle decisioni, pensiamo a questi eroi, a come si sarebbero comportati loro al nostro posto, al fatto che dall’ alto ci osservano, sicuramente faremo la scelta giusta. 

Testimonianza, perché la memoria è il nostro futuro. L’ antisemitismo purtroppo è un male della società che non è stato ancora estirpato. Anzi, all’antisemitismo nazifascista, uno spettro che ancora si aggira per l’Europa, si è aggiunto un antisemitismo di matrice fondamentalista. Pochi di voi, forse nessuno, sa che ad aprile scorso a Parigi una signora ebrea di nome Lucie
Sarah Halimi è stata torturata, accoltellata e gettata dalla finestra del suo appartamento da un suo vicino di casa, un integralista arabo. I mass media nazionali hanno completamente omesso questa notizia.

Per questo è importante documentarsi, ricordare, e ragionare con la propria testa. Perché nessun uomo, donna, anziano, bambino debbano più morire per il proprio credo religioso o per le proprie radici etniche o culturali.

La mia riflessione si conclude con un pensiero rivolto agli ebrei superstiti dei campi di sterminio i quali, nonostante la loro età avanzata continuano, incessantemente, la loro opera di divulgazione del sapere storico, specialmente incontrando le giovani generazioni. Sentire le loro storie, narrate in prima persona è un brivido indescrivibile.

Purtroppo il tempo passa inesorabile e, ogni anno il numero dei superstiti della Shoah diminuisce. Inevitabilmente arriverà un giorno in cui anche l’ultimo sopravvissuto alla Shoah lascerà questa terra per fare ritorno alla casa dei padri. Allora resteremo noi, la loro memoria e le nostre coscienze.

Quello sarà il momento di raccogliere, e non solo metaforicamente, il loro testimone. Di tenere vivo il loro ricordo, e di combattere contro ogni forma di vile negazionismo perché, come asseriva Primo Levi : “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare. Le coscienze possono nuovamente essere sedotte e oscurate, anche le nostre”.

Foto Fisioterapy Center

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