SCRITTI SULLA SHOAH – “L’umanità ha bisogno ogni giorno di veri combattenti”

SCRITTI SULLA SHOAH – “L’umanità ha bisogno ogni giorno di veri combattenti”

Homepage - 27 gennaio, Giornata della Memoria. Con La Fune abbiamo deciso di dedicare un periodo di riflessione sulla Shoah e sulla memoria. Per questo abbiamo chiesto a diversi rappresentanti del tessuto sociale viterbese di intervenire. Abbiamo pubblicato, di giorno in giorno, degli scritti appositamente realizzati. L'intervento di oggi è del direttore de La Fune Roberto Pomi.

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27 gennaio, Giornata della Memoria. Con La Fune abbiamo deciso di dedicare un periodo di riflessione sulla Shoah e sulla memoria. Per questo abbiamo chiesto a diversi rappresentanti del tessuto sociale viterbese di intervenire. Abbiamo pubblicato, di giorno in giorno, degli scritti appositamente realizzati. L’intervento di oggi è del direttore de La Fune Roberto Pomi.

 

di Roberto Pomi

 

Lì l’incredibile la fece più grossa del solito. Tra i rumori di ferraglia, i silenzi sordi delle piatte campagne del centro est Europa, l’uomo mise al mondo il suo più grande mostro. O sicuramente uno dei più grandi. La Shoah fa paura. Provate a specchiarvi nella Shoah. Non rimanete alla pellicola della retorica, nelle frasi di conformismo, alle immagini da filmetto. Non restate alle letture ideologiche e politicizzate che oggi non servono ad altro che a coprire di ridicolo chi continua a spacciarle come roba buona. 

Nella Shoah bisogna specchiarsi. E non per qualche minuto, a fondo. A questo dovrebbe essere utile il Giorno della Memoria. Pregare, per chi ha fede. Pensare, per tutti gli altri. Pregare per gli ebrei morti nei campi di sterminio? Giusto ma banale, pregare per l’uomo. Pregare per il soldato che domandava a quei bambini di più di settanta anni fa una cosa meravigliosa: “Chi vuole andare dalla mamma?”. Quelli più entusiasti, con gli occhi che si accendevano di più, venivano quindi accompagnati a morire nelle camere a gas.

Pregare per chi si prestò. Perché non c’è maggiore dannazione, forse anche maggiore del morire, che vendere la propria anima. E quei ragazzi e quelle ragazze e quegli uomini e donne degli anni Trenta e Quaranta fecero questo. Vendettero le loro anime a degli stregoni. Ostetriche dei peggiori mostri che l’animo umano può mettere al mondo. 

Pregare e pensare. Pregare anche, in questo giorno, per chi oggi ancora guarda a certi azzeccagarbugli dell’odio con ammirazione, elevandoli magari a esempio e talismani in grado di generare forza. La forza dell’odio è semplice quanto vile. La Shoah insegna questo. I nazisti non andarono a cercare i forti per misurarsi. Cercarono i minori, i più indifesi, gli agnelli. Le leggi razziali e l’antisemitismo si diffusero perché liberavano cattedre, posti di lavoro pubblici e infine nel momento delle deportazioni anche case da andare poi ad abitare.

Questo permise a tanti non ebrei di fare l’affaruccio. La Shoah non è Hitler. Sarebbe troppo semplice, sarebbe falso affermarlo. La Shoah è un mosaico di tante piccole codardie domestiche che si andarono a sommare. E’ la prova della pochezza che tantissimi mostrarono: per paura, per opportunismo, per interesse, per stoltezza.

Accade sempre così nelle grandi tragedie dell’umanità. E’ la banalità del male, per dirla come Hannah Arendt. E’ su quella banalità che dovremmo riflettere di più. E il giorno della memoria dovrebbe servire a questo. Oggi, tutti noi in vita, dovremmo sentirci colpevoli. Dovremmo chiederci delle cose semplici: dove erano i nostri nonni in quei giorni? E i nostri padri? E i genitori del nostro vicino di casa? Cosa fecero in quei giorni? E infine chiederci: cosa avremmo fatto noi in quei giorni?

Le risposte a queste domande ci procureranno dolore. E’ inevitabile. Se la Shoah accadde fu perché tutti la fecero essere. Con diverse gradazioni, certo. Ma questo cambia poco. Da chi indossò la divisa da gerarca a chi collaborò e fece deportare una famiglia di ebrei, magari per prendergli la casa. Passando per chi restò in silenzio, ubbidì. 

Eppure in tutto quel nero l’umanità trovò lo spazio per far crescere il coraggio di percorrere altre vie. Un coraggio contro l’ingiusto che stava intossicando il mondo. Il coraggio dei giusti che disertarono, che dissero no, che morirono, che scrissero magari dal carcere parole di speranza. Fu quello il seme di un nuovo mondo. Un nuovo mondo che però va coltivato, come un orto. Perché le piante infestanti tornano, sono sempre pronte a tornare. E vanno conosciute, individuate. Per essere stroncate con determinazione e mitezza. Per questo è importante la memoria. Per questo è importante non avere paura. Perché la paura fu il concime della Shoah e ha giocato e gioca questo ruolo in ogni tragedia umana. 

Al mondo servirebbero questo genere di lottatori. Quelli capaci di coltivare il giusto e di contrapporsi agli arroganti. Riflettiamo su cosa siamo, su cosa è stato e decidiamo ogni giorno cosa essere. Perché ogni giorno è un giorno nuovo, come dice bene Hannah Arendt in Vita Activa, e tutto – persino noi – possiamo sempre rinascere nuovi. 

 

 

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