Parola a Fersini, l’intervista all’ex assessore

Parola a Fersini, l’intervista all’ex assessore

Politica - Dopo le dimissioni di martedì il silenzio. Per questo siamo andati a intervistare l'ormai ex assessore ai Servizi Sociali del Comune di Viterbo. Con lui un bilancio del lavoro svolto negli ultimi due anni.

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Un cammino nella giungla della politica lungo tredici anni. L’inizio nel quartiere Santa Barbara, uno dei più popolosi e problematici della nuova Viterbo, la fondazione di Gens Nova, l’ingresso in consiglio comunale da oppositore all’amministrazionedi Giulio Marini e, dopo il buon successo alle comunali del 2013, una nuova avventura da assessore.

Poi il colpo di scena: le dimissioni (leggi). Consegnate alle 12,30 di martedì. Direttamente nelle mani del sindaco, con pochi che ne erano a conoscenza. “Una scelta maturata in privato, per motivi di salute”, racconta Fabrizio Fersini. “Per sedere su quella sedia serve grande energia e coraggio, non è un posto per tutti”, dice così dell’assessorato ai Servizi Sociali. Siamo andati a intervistarlo.

 

 

Perché queste dimissioni?

“È noto, l’ho messo nero su bianco: motivi personali. La mia condizione di salute attuale non mi consente tutta l’energia necessaria per affrontare con serietà un ruolo così importante e significativo per la città di Viterbo. Sulle mie dimissioni c’è poco altro da aggiungere. Posso dire che mi sento più leggero, mi sto riappropriando della mia vita”.

 

Fersini la finisce qui con la politica?

“No non la smetto con la politica. Mi prendo una pausa, perché è necessario per la mia salute. Sono 13 anni che ho iniziato questo percorso e posso dire che fare l’amministratore, cercare di dare risposte e riuscire a farlo sono cose meravigliose. Per ora ho scelto di prendermi una pausa, poi si vedrà”.

 

Un bilancio di questi quasi due anni alla guida dell’assessorato.

“Positivo. Non sono mancate le difficoltà, dettate da una situazione oggettiva in cui è venuto a trovarsi l’assessorato. In nemmeno due anni ho avuto tre dirigenti diversi. Prima c’era Fioramanti, poi è stato fatto ruotare ed è arrivato Mario Rossi, assente per motivi personali, e infine Romolo Rossetti, che tiene anche gli Affari Generali. Non certo una situazione ottimale per lavorare. Il settore ha poi perso sette unità di personale non rimpiazzate. Non dico questo con spirito critico, ci tengo a sottolinearlo. Lo dico però perché è importante che si sappia, la mia è una fotografia oggettiva della situazione. Abbiamo comunque lavorato e per quello che mi riguarda ho cercato di dare un nuovo indirizzo ai Servizi Sociali, un cambio di rotta”.

 

Che tipo d’indirizzo? Quali le cose più significative portante in porto?

“Abbiamo dotato l’assessorato di un front office efficiente, una roba che mancava da almeno quindici anni. Oggi vengono accolte circa trenta persone al giorno e per ognuno di loro vengono raccolti dati e informazioni. In questa maniera siamo riusciti a ridare gli occhi all’assessorato. Scattiamo in pratica ogni giorno delle fotografie sui problemi della gente e questa è una cosa preziosa, anche per chi verrà dopo di me. Stiamo raccogliendo dati, che poi analizziamo, e torna utile in fase di preparazione di bilancio per capire a cosa va data risposta. Un altro passo in avanti lo abbiamo fatto mettendo al centro la questione dell’inclusione sociale. L’assessorato ai Servizi Sociali non può limitarsi a intervenire sulle urgenze, deve promuovere azioni di prevenzione. Agire sui potenziali problemi prima che esplodono è cosa opportuna perché si migliora la vita delle persone e si risparmia anche. Agire su un tossicodipendente costa molto di più di un’azione di prevenzione”.

 

È stato criticato molto per le sue scelte sugli asili nido, cosa ha fatto?

“Abbiamo operato una rivoluzione. Abbiamo approvato un regolamento del settore, mettendo ordine a quello che abbiamo trovato. Negli ultimi quindici anni è stato depotenziato l’asilo nido comunale e sono stati fatti fiorire gli asili nido privati. Credo che una sinergia pubblico/privato sia importante, ma con il pubblico a fare da guida. Mi sono limitato a copiare il modello Reggio Emilia, considerato un’eccellenza. Sono stato criticato per questo”.

 

Leggi le iniziative portate avanti da Fersini cliccando qui

 

La Lettera di dimissioni

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