Michelini come Moratti, Mancini e Mourinho

Michelini come Moratti, Mancini e Mourinho

Editoriali - La giunta di Leonardo Michelini è come l'Inter di Massimo Moratti. Se il sindaco di Viterbo è davvero interista (lo dico per evitare querele, non si scherza sulle simpatie calcistiche) non lo so, ma tutto fa pensare che lo sia, almeno di indole. È, anzi, più esattamente un mourinhano o forse [...]

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La giunta di Leonardo Michelini è come l’Inter di Massimo Moratti. Se il sindaco di Viterbo sia davvero interista (lo preciso per evitare querele, non si scherza sulle simpatie calcistiche) non lo so, ma tutto fa pensare che lo sia, almeno di indole. È, anzi, più esattamente un mourinhano o forse un morattiano. Nella sua azione infatti tutto mi ricorda la parabola calcistica dell’Inter di Moratti. A partire dai successi di Roberto Mancini e del più grande allenatore dell’epoca contemporanea, José Moruinho. Perché questo paragone? Eccovi servita la spiegazione, ma gli interisti non si arrabbino.

Il centrosinistra di Michelini, come l’Inter di Mancini prima e quella dello Special One poi, ha iniziato a vincere grazie alle disgrazie altrui. Per l’Inter fu calciopoli che (giustamente o meno) spianò la strada allo strapotere nerazzurro mettendo fuori gioco nel 2006 tutti i principali avversari sul campo. Lo stesso è successo anche a Viterbo con Michelini che è riuscito a vincere alle ultime amministrative anche grazie al fallimento (prima) e alla disgregazione (poi) dei suoi avversari.

Per l’Inter dei maggiori successi, ovvero quella di Josè Mourinho, era l’allenatore che accentrava su di sé tutte le critiche rendendosi più antipatico di Fabio Capello, ma proteggendo in questo modo la squadra, che così poteva concentrarsi sul proprio lavoro. Un po’ come Leonardo Michelini che da settimane difende Giacomo Barelli e Raffaella Saraconi nonostante tutti i problemi che gli hanno causato, rimettendoci però una buona parte della propria credibilità.

La storia calcistica di questo paese ci racconta che alla fine l’Inter è decaduta anche e soprattutto perché il suo leader maximo Moratti, dopo l’apice dei trionfi con la conquista del triplete nel 2010, non ha saputo prendere per eccesso di gratitudine quelle dolorose decisioni che andavano prese: ovvero quelle di lasciar andar via giocatori stanchi, appagati e ormai incapaci di dare un contributo positivo alla squadra. Una mancanza che l’Inter ancora paga a distanza di 4 anni. Se Michelini vorrà evitare di finire in disgrazia (politica, ovviamente) come Moratti (costretto tra l’altro a cedere la società) dovrà fare i conti con la sua di gratitudine e con la sua voglia di difendere a tutti i costi, come una famiglia, gli uomini e le donne più deboli della sua squadra. 

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