Mecarini: “Dobbiamo essere uniti tutto l’anno come il tre settembre”

Mecarini: “Dobbiamo essere uniti tutto l’anno come il tre settembre”

Homepage - Una settimana scarsa al "Sollevate e fermi". Abbiamo incontrato Massimo Mecarini, al secolo presidente del Sodalizio dei Facchini di Santa Rosa, per un'intervista a 360 gradi su emozioni e significati di questa secolare tradizione del Trasporto della Macchina. Lo abbiamo incontrato in un luogo simbolo per il Sodalizio: l'ex chiesa della Pace.

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Una settimana scarsa al “Sollevate e fermi”. Abbiamo incontrato Massimo Mecarini, al secolo presidente del Sodalizio dei Facchini di Santa Rosa, per un’intervista a 360 gradi su emozioni e significati di questa secolare tradizione del Trasporto della Macchina. Lo abbiamo incontrato in un luogo simbolo per il Sodalizio: l’ex chiesa della Pace.

 

Che cosa rappresenta l’ex chiesa della Pace?

“Questo luogo è la memoria storica dei miei quasi 40 anni di presenza nel Sodalizio. Le prove di portata, le assemblee… Tanti ricordi. Questo posto, più che la sede sociale che sta a San Pellegrino, è il vero luogo sacro del Sodalizio. E’ il nido”.

Vi sale l’emozione quando entrate qua dentro a ridosso del Trasporto?

“Non ci possiamo soffermare molto sulle emozioni e sui sentimenti a ridosso della festa. Ci sono tante cose a cui pensare. Siamo concentrati sul da farsi. Quando vieni qui da solo invece è diverso, nel silenzio hai modo di pensare e ricordare tante cose”.

Cosa è il presidente del Sodalizio?

“Il presidente è il braccio e la mente. Deve sempre stare sul pezzo. Non solo a ridosso della festa ma anche durante l’anno”.

Ti senti un po’ il padre di questo gruppo?

“Sì padre, fratello, zio. Tutto. Una persona di riferimento per le cose pratiche. Le persone si rivolgono a me, facchini ma anche dall’esterno, per le cose più disparate. Mentre il capofacchino è visto più come la guida della Macchina, una posizione diversa. Il presidente, come diceva Gandhi, è l’ultimo dei servitori. Ci devi stare sempre e per tutte le cose”.

I facchini ti chiamano per incoraggiamenti e consigli?

“Sì, qualche volta capita. Capita che c’è qualcuno che ha qualche perplessità. Anche non strettamente inerenti al Sodalizio e alla vita del Sodalizio”.

Cosa è il Sodalizio per Viterbo?

“Penso che sia un punto di riferimento, lo spero pure. Credo sia una realtà importante, a cui riferirsi per tanti aspetti. Per quello che rappresenta, per come riesce a mettersi in moto e per come viene considerato non solo in città ma anche fuori”.

Come vivi il tre settembre?

“Mi alzo prestissimo, pur essendo andato a dormire tardi dopo le strisce sul percorso, con mille cose da fare. Quel giorno non me lo godo come quando era facchino. Prima era meglio, in realtà non riesci a goderti la festa. Devi pensare a tantissime cose pratiche, sperando sempre che vadano bene dal punto di vista organizzativo. Hai un occhio al cielo, per il meteo, l’orologio che incombe, la tabella di marcia… Sono quello che si trova a dire: “è ora di andare”. Qualcuno deve farlo.

Negli ultimi anni neanche pranzo, mi passa la fame”.

Giro delle sette chiese, la tappa più bella?

“Un momento molto forte si vive alla chiesa della Trinità quando si canta, ma anche a Santa Rosa. Ogni tappa ha la sua particolarità e ho ricordi legati a ogni chiesa che si ricollegano ai tantissimi anni della mia esperienza”.

Quanto dura nella tua testa il Trasporto?

“Dura tanto. Anche il giorno dopo ripensi a qualche eventuale sbavatura, a qualcosa da fare meglio. La perfezione non esiste. Il Trasporto mi rimane in testa per giorni, anche se ormai sono talmente tanti che si mescolano. Non scorderò mai la prima volta in via Marconi, il Papa nell’86, i trasporti con Nello, con Lorenzo, la prima volta da ciuffo”.

Uno si sente facchino tutto l’anno?

“Dal punto di vista dell’impegno dura tutto l’anno. Non c’è un giorno in cui non puoi non pensare al Sodalizio. Può capitare qualche settimana ma mentalmente ci devi stare sempre”.

Cosa c’è del Trasporto a casa del presidente?

“Due targhe appese. Sono abbastanza iconoclasta. Me lo tengo nella mente e nel cuore. Ho due tre modellini di Macchina su una libreria e le targhe dei trenta e trentacinque anni di Trasporto appese. Tutto qua”.

Il titolo Unesco quanto ha cambiato la festa?

“Ho visto cambiamenti, anche a livello del flusso turistico. Entrare nel circuito Unesco ha cambiato la cosa anche se nella nostra città questo non è stato ancora capito bene”.

Un messaggio per i viterbesi …

“Cercate di essere tutti come siamo il tre settembre. Il tre settembre siamo tutti facchini, anche la gente che sta fuori la Macchina e che aiuta con il calore e la partecipazione. Una cosa che si sente molto. Dovremmo essere concordi durante l’anno, bisognerebbe provarci. Per Viterbo, una città che meriterebbe molto di più. Anche il culto della Santa dovrebbe essere più attenzionato. Serve tempo, mentalità e pazienza. Bisogna essere meno litigiosi, servirebbe da parte di tutti un atteggiamento diverso. I viterbesi comunque rispondono sempre bene, il successo di ogni anno delle cene in piazza ne è un esempio”.

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