L’s.o.s lanciato dal festival Caffeina e le analisi che nessuno fa

L’s.o.s lanciato dal festival Caffeina e le analisi che nessuno fa

Cronaca - Caffeina chiede aiuto ai viterbesi: un euro per dare un futuro al festival. Un appello che apre una riflessione su tante cose.

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La chiusura di un festival o di un’iniziativa è sempre una cosa brutta, molto brutta. E la giornata di ieri è stata caratterizzata da una conferenza stampa, presso il Caffè Schenardi, dove i fondatori di Caffeina hanno lanciato un s.o.s pesante alla città: “Questa del 2015 rischia di essere l’ultima edizione”.

Mancano i soldi e la precarietà che l’organizzazione affronta ogni anno stanno logorando gli animi e minando le forze. “Con 250mila euro Caffeina non può andare avanti – ha spiegato il direttore artistico Filippo Rossi –“. E quella di quest’anno è un’edizione particolarmente delicata, infatti mancano all’appello circa 80mila euro. Non proprio bruscolini. 30mila sono quelli del bando per lo spettacolo ricorrente della Regione Lazio, un bando cui Caffeina ha sempre partecipato ma che, quest’anno, non è uscito. Altri 50mila euro sarebbero quelli del Comune che però non sono stati deliberati perché il Comune non ha approvato il bilancio.

Il festival viterbese, che porta in città per una decina di giorni all’anno tanti nomi dello spettacolo, del giornalismo, della musica, della narrativa, della televisione rischia in sostanza l’estinzione.

Per questo Rossi e Baffo hanno lanciato quello che definiscono “un referendum”: un euro da dare spontaneamente quando ci si reca al festival. In conferenza stampa hanno annunciato anche la collocazione, sull’ingresso di via San Lorenzo, della “porta della fortuna”. Sarebbe l’ingresso di chi decide di pagare. Subito di fianco l’ingresso gratuito o “della vergogna”. Perché a quanto detto gli organizzatori sarebbero pronti a guardare con “schifo” chi non apre il borsello.
In poche parole Caffeina chiede l’aiuto dei viterbesi per continuare a esserci.

La fragilità di un territorio
Viterbo sogna di essere città d’arte e cultura ma diventarlo è qualcosa di complicato e che passa per l’esistenza di diverse condizioni. La prima è la capacità progettuale della classe dirigente e amministrativa del territorio e la capacità inclusiva. La seconda in assoluto è rappresentata dai soldi presenti. Due caratteristiche strategiche scarse nella Tuscia. Per quanto riguarda le economie l’assenza di un sistema di aziende importanti o di un sistema imprenditoriale forte in genere è sicuramente una realtà penalizzante. Tutto sommato però il vero problema è nella testa. La classe dirigente locale è piuttosto mediocre intellettualmente, chiusa in se stessa e come ultima caratteristica ha un’eccessiva litigiosità e capacità di frammentarsi che la caratterizza.
Tutto questo ammazza la possibilità di diventare città d’arte e cultura, ma anche di diventare un territorio capace di crescere. C’è poi la presunzione e l’arroganza, tipica di molti, che contribuisce a rendere particolarmente paludoso il clima.

Alcuni dettagli significativi
Scendendo nel dettaglio se avessimo avuto un’amministrazione comunale meno litigiosa e meno pullulante di particolarismi il bilancio sarebbe già stato approvato da un pezzo e Caffeina, come altre realtà, saprebbero già della disponibilità o meno di certe cifre. Manca anche una gestione partecipata delle risorse, osteggiata dentro l’amministrazione, come dimostra il boicottaggio sistematico che è stato fatto in questi anni di organismi come la consulta della cultura. Tutto questo impedisce la programmazione e uccide quei corpi intermedi necessari per lo sviluppo moderno. In questi anni infatti il mondo della cultura viterbese è stato letteralmente massacrato nel nome della “caccia alle marchette”. Risultato? La moria delle associazioni, dei bandi, del merito. Viene sostenuto il già esistente e quindi di fatto viene chiuso il sistema all’ingresso di nuove realtà. Non c’è niente di più contrario alla cultura. Forse ci si poteva aspettare da realtà significative come Caffeina la spinta verso la costruzione di un laboratorio di progettazione del volto culturale della città da condividere con le realtà associative locali. Fare sistema potrebbe essere un modo per contrastare le fragilità e difficoltà esistenti.

La cosa che non capiamo
Se non ricordiamo male gli organizzatori del festival hanno parlato nelle precedenti edizioni di 400mila partecipanti. Un numero importante e considerando che per entrare nelle arene si paga da diversi anni un biglietto capace di generare cifre non piccole. Dei 400mila quanti in realtà seguono le iniziative? Quanti pagano insomma? Non vogliamo fare i conti in tasca a nessuno ma se la sopravvivenza di Caffeina è una roba che riguarda la città allora è anche giusto che i cittadini conoscano tutto del festival. Della serie: mi chiedi aiuto? Ok, penso che sia giusto dartelo, ma fammi capire come stanno le cose. E noi come stanno le cose non lo capiamo. Caffeina ha bisogno della città, è un bene della città e quindi è bene che tutto sia pubblico, chiaro, netto. Questo è un lavoro che potrebbe fare la Fondazione.

La cosa che in Inghilterra non sarebbe accaduta e il problema per molti
Caffeina è un festival culturale, su questo non ci piove. Ma Filippo Rossi cosa è? Un direttore artistico o un politico? Non ci stancheremo mai di dirlo, questo in Inghilterra non sarebbe mai accaduto. Non per un qualche gusto tutto british, ma perché ci sono cose che per quanto legittime rischiano di non essere opportune. E le cose poco opportune, o giudicabili tali da qualcuno, possono generare problemi. E l’ingresso in politica di Rossi rischia di esporre il festival, perché scendere in politica significa prendere parte e essere di una parte. Di parte e non di tutti. E un politico è di parte, un festival è di tutti. Specie se si chiede che tutti ne prendano parte, tirando fuori un euro.

Le cose giuste
Giusto è premiare il lavoro, tanto, che c’è dietro a Caffeina. E’ giusto premiarlo pagando l’ingresso alle arene e anche sostenendo la lotteria. Se si fruisce di eventi gratuiti è giusto sottoscrivere il referendum lanciato dagli organizzatori e pagare l’euro, anche due se le avete in tasca.

Le cose ingiuste
Ingiusto pensare di poter guardare un viterbese che non mette l’euro con schifo. I soldi pubblici che negli anni hanno sostenuto il festival sono anche di chi non metterà l’euro, piuttosto che con schifo sarebbe il caso di guardarlo con gratitudine. Se i soldi non bastano inoltre non si può pensare che la colpa sia del viterbese che non mette l’euro. Il viterbese, ogni viterbese, dà a Caffeina ogni anno la possibilità di essere nel centro storico della città, in un periodo dell’anno fortunatissimo. Non è tutto così scontato né così dovuto. Se i soldi non bastano si può fare una cosa normalissima: cercare una dimensione sostenibile.

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