Le chiacchierate del Sestante – Centro storico, parola ad Antonella Sberna

Le chiacchierate del Sestante – Centro storico, parola ad Antonella Sberna

Homepage - Non una classica intervista ma un botta e risposta articolato, meditato, ricco di senso e significati. Il Sestante del nostro David Crescenzi diventa qualcosa che va oltre l'ormai nota rubrica settimanale pubblicata su La Fune. Nasce così un salotto virtuale per Viterbo e la Tuscia.

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Una discussione a tutto tondo con la consigliera Antonella Sberna (FI) sulle sfide poste dal Centro storico: “Viterbo si apra al mondo, ma conservi la sua identità, le sue radici e la sua storia”.

Anni fa, il professor Luca Zanderighi, docente di marketing e strategie di impresa presso l’Università degli Studi di Milano, osservava che le politiche per la rivitalizzazione del “centro storico” devono contribuire “al dinamismo e alla competitività di tutta la città”. Come impostare dunque l’odierno dibattito sul centro storico?

“Il nostro centro storico è incastonato in uno dei borghi medievali più grandi e meglio conservati d’Europa e quindi esso richiede una strategia di interventi compositi: quelli a sostegno dell’ornato, delle facciate e delle peculiarità storiche ma anche quelli a favore del commercio, che devono procedere di pari passo con il ripensamento delle politiche sulla vivibilità, perché i commercianti non possono vivere dei soli exploit momentanei offerti dalle sporadiche e spesso sovrapposte iniziative culturali, ma chiedono che siano assicurate le condizioni in presenza delle quali la gente possa scegliere di tornare a popolare il centro in modo permanente.

Ripopolare in modo sano il centro assicurerà già di per sé che parte della ricchezza prodotta fuori possa essere spesa nel centro stesso, ma secondo un rapporto biunivoco, nel senso che anche chi sta fuori dovrà poter beneficiare della vetrina del centro per vendere i suoi prodotti: si tratta, ad esempio, della promozione di prodotti locali, con riferimento tanto alle produzioni agricole quanto alle opere e ai manufatti dei nostri artigiani. Valorizzare il tema delle “Botteghe del centro storico di Viterbo”, attraverso una rete stabile di relazioni, iniziative ad hoc, una segnaletica uniforme e rappresentativa della vocazione medievale del nostro centro storico, grazie anche alla capacità di intercettare fondi europei e regionali per avviare un efficace percorso di riqualificazione.

In una lettera inviata a La Fune in questi giorni si sosteneva qualcosa di simile, ma in una prospettiva più ampia: in particolare, il lettore osservava che Viterbo, nel centro storico, dovrebbe promuovere “tutte” le tipicità della Tuscia.

Il lettore ha colto una questione centrale, quella del ruolo del Capoluogo e non solo del suo centro storico. Infatti, per un Comune di respiro non certo metropolitano come Viterbo, dell’impegno a promuovere lo sviluppo locale dovrebbe beneficiare l’intero territorio della Provincia, sia considerando nel concetto di prodotti a km zero quelli di tutte le nostre realtà comunali, sia facendo da cassa di risonanza per le manifestazioni degli altri Comuni, magari nel quadro di un calendario concertato che eviti per quanto possibile le sovrapposizioni tra eventi.

Intanto, a proposito di strategie per promuovere tutte le nostre tipicità e identità, credo che un buon punto di partenza sarebbe una piena applicazione del Piano dell’ornato e dell’arredo urbano, vigente in questa città dalla primavera del 2013. Rimuovere le brutture e impiegare materiali locali nelle opere di ristrutturazione e riqualificazione architettonica, sempre nel rispetto della storicità del nostro centro, non solo farebbe di Viterbo la vetrina di tutta la Provincia, ma porterebbe anche lavoro per il territorio.

Vero, ma non c’è solo la responsabilità del Capoluogo nei confronti del territorio, ma anche la responsabilità del territorio a sostenere il Capoluogo, perché solo da una strategia unitaria fra tutti i nostri Comuni può venire la forza per confrontarsi con contesti urbani limitrofi immensamente più grandi, come Roma, che fin troppo spesso esplicano un effetto escludente ai danni degli ambiti provinciali più piccoli. Comunque, in concreto, che possiamo fare?

“Innanzitutto, gli enti locali non hanno più la facoltà di movimentazione finanziaria di alcuni anni fa. Ma non per questo le Istituzioni debbono arrendersi al disfattismo. Infatti, coloro i quali svolgono una funzione di rappresentanza istituzionale (parlamentari, consiglieri regionali, organi di rappresentanza territoriale), pur nella perdurante diversità delle rispettive posizioni, devono comunque muoversi compatti almeno quando entrano in gioco alcuni obiettivi strategici riguardanti l’intera Tuscia.

Penso, in particolare, alle necessarie sinergie su importanti battaglie che stanno vivendo una stagione di rilancio e che possono dare nuova linfa vitale anche ai nostri centri storici. Penso, ad esempio, alle grandi infrastrutture quali, nel nostro territorio, la trasversale Orte-Civitavecchia, da tutti considerata opera strategica per il territorio i cui cantieri sono finalmente ripartiti. Rispetto ai flussi turistici e commerciali, non c’è dubbio che occorra sostenere queste dinamiche senza lasciarle al caso. La competitività anche tra territori non consente di restare con le mani in mano. Le infrastrutture possono agevolare tali flussi ma poi è necessario attivare un efficace marketing territoriale per promuovere le nostre bellezze e le nostre eccellenze presso quei canali turistico-commerciali che fanno davvero la differenza. E siccome sappiamo che il problema reale sarà proprio quello delle coperture, sarà fondamentale la sinergia tra pubblico e privato in un ottica di collaborazione e rilancio.

Leggendo le varie prese di posizione di questi giorni, ho visto spesso richiamato il tema della collaborazione pubblico-privato sotto il profilo finanziario, perché molti hanno evocato interventi pubblici, come gli sgravi fiscali, accanto ad altri privati, come gli investimenti più disparati o i mutui a tasso zero grazie ad apposite convenzioni con le banche. Sennonché, l’impressione che ne ho avuto è quella di uno spostamento del baricentro sui privati, come se l’attuale scarsezza di risorse fosse quasi un mettere le mani avanti per dire che, se le cose non funzioneranno, sarà infondo colpa della congiuntura economica che non avrà reso appetibili gli investimenti ai privati. Invece, nonostante le ben note difficoltà di cassa degli enti locali, io penso che dovremmo evitare di pensare che di risorse pubbliche non ce ne siano affatto: a volte, mi si passi il termine, sta all’ “intelligenza tattica” degli amministratori comunali cercare di mettere insieme le fonti provenienti dai più disparati fondi europei, statali e regionali per costruire una strategia efficace. Una via deve pur esserci.

“Ma infatti c’è. In questi giorni leggo spesso dell’istituzione di un apposito ufficio comunale per il centro storico. Ritengo che abbia senso parlare di un simile ufficio solo dopo che il Comune si sia assunto tutta una serie di compiti preliminari ed abbia definito una strategia razionale: altrimenti, che orientamento vogliamo dare? Diventa semplicemente l’ennesimo ufficio reclami. Mi spiego: non serve un ufficio centro storico se prima non si struttura un Ufficio Progettazione che, sulla base di obiettivi chiari di cui siano definiti i costi e con una forte strategia di partenariato tra pubblico e privato, scriva progetti per intercettare fondi e finanziamenti. Questa potrebbe essere la vera carta vincente di un’Amministrazione lungimirante. Infatti, per ripopolare il centro e rivitalizzarne il commercio, solo alcuni interventi sono di pronta soluzione e a costo zero, come la rivisitazione completa degli orari della ZTL negli orari mattutini e pomeridiani e nei giorni di minore afflusso turistico nonché la garanzia di funzionamento degli ascensori e delle infrastrutture realizzate con il finanziamento europeo PLUS (ottenuto grazie al lavoro della precedente amministrazione comunale). Ma, nella gestione degli interventi più onerosi, sarà necessario muoversi con le competenze proprie dell’Ufficio che propongo, come nel caso degli interventi per il miglioramento dei servizi o quelli a sostegno del riuso a fini residenziali o produttivi degli immobili oggi abbandonati. In particolare, con riferimento all’artigianato, potremmo avvalerci dei fondi genericamente destinati alle imprese (e qui parliamo anche di informare adeguatamente i cittadini dei bandi aperti per l’erogazione di aiuti come quelli recentemente previsti dalla Regione Lazio per l’accesso al credito degli imprenditori ma anche di intercettare risorse destinate agli enti pubblici per la riqualificazione del proprio patrimonio e per il rilancio delle politiche turistiche). Però, più in generale, dovremmo cominciare a imparare dai vicini di casa, che questo percorso lo stanno già facendo, per capire come hanno saputo risolvere problemi analoghi ai nostri. Alcuni esempi: a Treviso, si è parlato di sensibilizzare la attività produttive a offrire prodotti che vadano incontro alle nuove tendenze degli “acquisti impulsivi” dei turisti nonché di sensibilizzare i proprietari degli immobili circa la possibilità di redigere contratti di affitto a canoni più bassi ma con futura partecipazione a parte degli utili di impresa; in Puglia, la capacità di impiegare efficacemente i fondi europei ha portato a parlare di “Nuova Toscana”; più in generale, penso anche alle tante “buone pratiche” sviluppate da altri Comuni nell’ambito di programmi europei come URBACT, con strumenti di promozione dei quartieri dell’arte e delle imprese creative. Mi preme da ultimo ricordare che anche le associazioni, specie quelle del volontariato, dovrebbero avere parte in questo processo di rinascita del centro, magari concedendo loro in comodato gratuito spazi pubblici oggi inutilizzati o non pienamente valorizzati. Simili interventi potrebbero, anche nei centri storici, rendere appetibile per banche e altri soggetti privati finanziare le iniziative messe in campo”.
Direi che se guardiamo al mondo e ci apriamo ad esso, siamo sulla strada giusta, perché altrimenti il mondo lo dovremo subire. Comunque, a proposito di una parte di quel mondo, oggi si fa spesso un gran parlare degli immigrati nel centro, additandoli talvolta come clandestini, anche quando sono in realtà richiedenti asilo, o come parte del problema della sicurezza. Tuttavia, a me pare che diversi fatti di cronaca non riguardino affatto gli immigrati e che molti problemi di ordine pubblico e decoro urbano dipendano da maleducazioni tutte autoctone. Senza contare che in alcuni Comuni non si è pregiudizialmente contrari a valorizzare anche le componenti etniche di immigrazione regolare nell’ambito del centro storico: io credo che sia “liberale”, nel senso più nobile del termine, far passare il messaggio che chi rispetta le nostre regole sia una ricchezza e non un peso per i nostri tessuti urbani.

“Non credo si possa negare che singoli eventi non proprio edificanti siano avvenuti negli ultimi mesi. In questo senso sento di ringraziare la Polizia locale e le forze dell’ordine che stanno portando avanti un’intensa opera di prevenzione e repressione. Spesso senza le risorse necessarie. Ad ogni modo, ritengo che, soprattutto in alcune zone del centro storico, esista un problema di ordine pubblico e decoro urbano molto percepito dalla popolazione, sia sotto forma di fenomeni come il bivacco selvaggio, spesso ad opera di migranti, o la circolazione degli stupefacenti, sia con riferimento a una più generale percezione di insicurezza. Comunque, più in generale, ritengo imprescindibile una più incisiva politica di prevenzione e controllo, e qui approfitto per ribadire la mia battaglia a favore dell’istallazione di un congruo apparato di telecamere di videosorveglianza ad alta definizione che, dopo tanti proclami, sarebbe il caso divenissero realtà. Non sarebbe la soluzione di tutti i problemi ma assieme all’intenso controllo di aree sensibili e punti di interesse come scuole, asili, centri polivalenti, presidi sanitari e, in generale, punti sani di aggregazione collettiva potrebbe garantire una percezione di maggiore sicurezza per i nostri cittadini. Quanto ai cittadini stranieri che rispettano le nostre leggi, non ho riserve particolari, come non ne ho per tutti coloro che osservano le stesse regole. Tuttavia, ritengo che il centro storico, per sua stessa natura, non dovrebbe tollerare fantasiose tipologie di esercizio che contravvengano alle sue vocazioni e caratteristiche più tradizionali. Da ultimo, auspico che si possa superare l’attuale logica del controllo emergenziale sul consumo eccessivo di alcolici tramite ormai consuete ordinanze estive: è tempo di redigere un adeguato Regolamento comunale, concertato con la cittadinanza e che sia in grado di contemperare in modo equilibrato tra le libertà economiche degli esercenti, la tutela dei consumatori e il diritto alla vivibilità per i residenti”.

Un auspicio conclusivo?

“Concludo questa lunga chiacchierata ribadendo che la politica locale deve dimostrarsi lungimirante e capace di promuovere la cultura del bello e del buono a 360°, ma nel farlo, deve saper conservare la nostra identità, le nostre radici e la nostra storia antica. Solo in questo modo il nostro centro storico si potrà distinguere e risulterà più attrattivo. Ma ci vuole, ripeto, che la politica se ne occupi, e seriamente. Viterbo, come ogni altra realtà della Tuscia, non deve essere un punto come un altro su Google map”.

Foto Fisioterapy Center

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