L’armata Brancaleone a spasso per la Tuscia

L’armata Brancaleone a spasso per la Tuscia

Homepage - Brancaleone nel tempo è diventato uno degli esempi più classici della commedia all'italiana, eppure va oltre quest'ultima definizione. Monicelli nel suo lungometraggio, infatti, inserisce elementi che vanno oltre la classica commedia, alcuni concetti presi dai film di Akira Kurosawa e Rossellini, ed elementi letterari scovati tra il Don Chisciotte di Cervantes e Il cavaliere inesistente di Italo Calvino. Il regista mischia sapientemente umorismo e cinema, creando una rilettura nazional-popolare della storia.

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Sono passati ormai cinquant’anni da quando un giovane regista, con già all’attivo più di un successo cinematografico, scelse come location per un suo film le zone dell’Alto Lazio e del viterbese. Quella particolare pellicola divenne uno dei suoi più grandi successi. Un capolavoro senza tempo, capace di anticipare il futuro con gli occhi del passato. Il film è, ovviamente, L’Armata Brancaleone di Mario Monicelli.

Brancaleone nel tempo è diventato uno degli esempi più classici della commedia all’italiana, eppure va oltre quest’ultima definizione. Monicelli nel suo lungometraggio, infatti, inserisce elementi che vanno oltre la classica commedia, alcuni concetti presi dai film di Akira Kurosawa e Rossellini, ed elementi letterari scovati tra il Don Chisciotte di Cervantes e Il cavaliere inesistente di Italo Calvino. Il regista mischia sapientemente umorismo e cinema, creando una rilettura nazional-popolare della storia.

Oltre la storia, però, ci sono le tappe fondamentali del viaggio di Brancaleone. Nonostante i nomi fittizi, infatti, Monicelli viene nella Tuscia per girare uno dei suoi capolavori. Un viaggio tra i luoghi magici del viterbese. Borghi medievali, praterie e scorci tutti nostrani presi come esempio più fulgido della bellezza del medioevo. E così l’armata di ultimi e indesiderati che segue il prode Brancaleone, si ritrova a passare tra le strade dei paesi della nostra provincia.

La pellicola inizia proprio con un attacco di barbari a un piccolo villaggio. Sullo sfondo la maestosità dell’acquedotto romano di Nepi. Ci si sposta poi alla disfida fra cavalieri per la conquista del feudo di Aurocastro. I giochi si svolgono a Bomarzo, sotto la Torre di Chia, una location che più tardi sarà usata anche per ambientare una delle scene più toccanti del film, quella della morte del vecchio Abacuc; la Torre, invece, di lì a qualche anno sarà riutilizzata anche da Pasolini per girare alcune scene del Vangelo Secondo Matteo. Ma il viaggio viterbese di Brancaleone non finisce qui: presto si troverà a passare in una deserta Vitorchiano colpita dalla peste; sul ponte dell’Abbadia a Vulci e nel convento di San Francesco a Canino. Poi ancora scorci dei nostri paesi, delle nostre foreste e bellezze.

“L’armata Brancaleone l’abbiamo girato, almeno il 60%, nel viterbese: a Canino, dove c’è un conventino abbandonato, però molto carino, che abbiamo tutto attrezzato per ambientarci una battaglia, a Vulci e a Oriolo Romano, in un palazzo principesco”. E’ la testimonianza dello stesso Monicelli, che nel 2008 fu ospite a Viterbo del Tuscia Film Fest. Il suo amore per il nostro territorio, infatti, non si limitò a L’armata Brancaleone. Nel tempo molti suoi film vennero girati, almeno in parte, nelle terre del viterbese. Il medico e lo stregone fu girato a San Martino nel Cimino. Una scena di Speriamo sia femmina è stata girata a Oriolo. Anche una sequenza di Amici miei venne girata da queste parti, a Calcata, con l’ausilio del parroco locale del periodo.

Un amore, quello di Monicelli per il Viterbese, che viene espresso nel suo complesso proprio in questo lungometraggio medievale, nel quale gli sceneggiatori  – Age&Scarpelli – si inventano uno strano dialetto che mischia latino a italiano prevolgare. Una lingua che, in alcune sue caratteristiche, sembra somigliare ad alcuni dialetti della Tuscia, come a incorporarsi a quei paesaggi mostrati dalla telecamera. Ed è così che Brancaleone, eroe fanfarone, se ne va in giro con la sua armata di piccoli perdenti nel mezzo della nostra Tuscia, fra archi, monumenti e centri medievali che ancora caratterizzano la bellezza di questa terra.

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