La partita politica intorno ai fatti del Teatro Caffeina

La partita politica intorno ai fatti del Teatro Caffeina

Homepage - Le regole vanno rispettate. Che il Teatro Caffeina non avesse le carte a posto è lapalissiano, altrimenti col cavolo che la Fondazione lo avrebbe chiuso. La vicenda però è un tantino più complessa e trascina con sé mille altre cose, che stanno nella pancia della città di Viterbo.

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Le regole vanno rispettate. Che il Teatro Caffeina non avesse le carte a posto è lapalissiano, altrimenti col cavolo che la Fondazione lo avrebbe chiuso. La vicenda però è un tantino più complessa e trascina con sé mille altre cose, che stanno nella pancia della città di Viterbo.

Avranno notato i lettori che la politica ha prestato grande attenzione al fatto e ci ha giocato sopra. Al di là del botta e risposta tra i diretti interessati: Fondazione e sindaco Michelini; dove anche qui c’è del politico naturalmente, sono stati tanti i soggetti intervenuti. Il macro quadro che ha fatto da comburente all’intera vicenda sta tutto nella storia di Palazzo dei Priori che parte nel 2013. Una forza culturale importante entra nell’agone della politica cittadina. O quantomeno i vertici della forza culturale importante, attraverso la nascita di Viva Viterbo.

Corrono per eleggere il sindaco, non riescono. Quindi entrano nella maggioranza Michelini e si occupano di cultura, poi grandi eventi e turismo. Scoppia il tema del conflitto d’interessi. Infine escono dalla maggioranza e vanno all’opposizione di Michelini. Da qui i rapporti inquinati tra amministrazione comunale e loro, le parole grosse, le contrapposizioni. “Chi di politica colpisce di politica perisce”, dice qualcuno. A noi questa cosa non sembra corretta né quando “colpisce” né “quando perisce”; ma è un punto di vista. Vanno più di moda i “guerrafondai” e i pervasi dal “furore iconoclasta”. Insomma i “detentori della verità”. E’ lapalissiano comunque che questa situazione  di contrapposizione tra maggioranza Michelini e Filippo Rossi e i suoi ha giocato un ruolo in tutta questa vicenda. Altrimenti non si arriva ad aprire un Teatro senza i permessi. E’ una roba che non serve a nessuno e quanto accaduto danneggia la città, cosa che né una Fondazione che si rispetti né a maggior ragione un sindaco con la testa possono permettersi.

Invece è accaduto. Quindi fate le vostre valutazioni.

Ma andiamo oltre il tronco, muoviamoci tra i rami. Qua la scimmia della politica ha dato il meglio di sé. Un comunicato a firma Fratelli d’Italia, Forza Italia, Fondazione e (attenzione) Viva Viterbo dà addosso a Michelini per quanto accaduto. Obiettivo del comunicato? Affermare l’unità di questo pezzo di centrodestra che sta dialogando in vista del voto comunale di maggio.

Noi con Salvini invece riempie il comunicato della parola legalità. Ma in realtà rimarca che loro, “i fuschiani” viterbesi non stanno con quel blocco di sopra di centrodestra. Infine Giulio Marini che fa la cosa più elementare e corretta: va a vedere le carte. Anche lui, che starebbe lavorando con altri onorevoli colleghi alla costruzione di una candidatura centrista a sindaco di Viterbo, rimarca la distanza dal blocco di centrodestra che abbiamo indicato per primo.

Insomma tutti gli interventi della politica altro non sono che atti politici. Ognuno di loro dice cose vere di per sé ma non aiuta a capire il quadro di quanto accaduto. 

Ci sono poi le letture dietrologiche del fatto apertura/chiusura. Almeno due. Lettura uno: Filippo Rossi avrebbe creato ad arte questa situazione per fare campagna elettorale. Intenderebbe passare da vittima per stimolare un movimento empatico a suo sostegno. 

C’è anche la versione extralarge di questa lettura che ripete quanto detto e aggiunge: questa cosa della chiusura gli è servita per prendere le distanze dal centrosinistra come lo schiaffone futurista gli servì nel 2013 per prendere le distanze dal centrodestra.

Lettura due: La maggioranza micheliniana avrebbe tirato un colpo gobbo a Rossi, intortandolo nella fitta maglia della burocrazia e tenendolo in un limbo di indecisione tra apertura e non apertura, per poi “colpirlo” al momento del passo falso e costruire una retorica della “non legalità”, della “prepotenza”, etc. 

Come vedete, cari lettori, è tutto molto di più di una apertura/chiusura di un teatro. E’ in gioco una partita “sulle anime” della città in vista della prossima campagna elettorale. E questo casino c’è proprio per questa ragione. In una situazione normale gli attori in ballo si sarebbero parlati, avrebbero condiviso, avrebbero mediato su soluzioni pratiche.

Tante volte è stato possibile anche l’impossibile. Tante volte le regole non sono state rispettate. E questo è imbarazzante, perché la “legalità” a intermittenza è la cosa più prossima al dispotismo. Oppure, nella normalità, si poteva arrivare a un rinvio dell’apertura (cosa forse più opportuna). O meglio ancora il Comune, sapendo dell’intenzione di aprire, avrebbe dovuto (non essendoci le carte) impedirlo subito. Non fare entrare la gente in sala e non creare il caso. In questa vicenda non si cerca la verità, l’opportunità della città. Si è cercato e si sta cercando il colpo di teatro. E in realtà è stato apparecchiato un grosso grasso palcoscenico dove prime donne, attori professionisti ma anche nani ballerini e buffoni hanno iniziato a esibirsi. Benvenuti nella campagna elettorale. 

 

 

 

 

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