La notte di sant’Andrea. La magia del pesce di cioccolata
Homepage - La magia della notte di Sant'Andrea entra, come ogni anno, nelle case dei viterbesi con il dono del tradizionale pesce di cioccolata.
Notte di Sant’Andrea, nelle case dei viterbesi tra poche ore saranno scambiati i tradizionali pesci di cioccolata. E’ usanza che i più piccoli li trovino al risveglio, aprendo così la giornata con un dolce pensiero. Così in tanti si addormenteranno mettendo un piattino fuori dal davanzale o dalla porta di casa, oppure sul tavolo della cucina, ritrovandolo la mattina riempito del dono.
Ma questi curiosi prodotti di pasticceria, da tradizione, vengono scambiati anche tra gli innamorati. L’usanza è originaria e presente essenzialmente nel comune capoluogo. Legata all’antico culto del santo apostolo, a cui è intitolata una delle chiese più antiche della città a Pianoscarano.
Gli anziani raccontano che in occasione della ricorrenza del santo apostolo pescatore, il parroco era solito mettere nell’acquasantiera un pesce di cioccolata per ogni sacrestano e uno per il vescovo, da cui la nascita della tradizione propriamente viterbese di regalare un pesce dolce il 30 novembre.
Chi è stato sant’Andrea?
Veneratissimo nei primi tempi del cristianesimo, fratello di san Pietro, fu lui che scoprì per primo Gesù e lo fece conoscere al più illustre fratello. E, come Cristo, entrambi morirono crocefissi. San Pietro a capofitto, sant’Andrea con una croce a forma di X, da cui l’uso di chiamarla croce di sant’Andrea. Fu lui che presentò a Gesù un bambino che aveva pochi pani e pochi pesci che miracolosamente furono moltiplicati per sfamare più di cinquemila persone.
Le sue reliquie, conservate a Costantinopoli, vennero trasportate ad Amalfi nel 1208. La testa giunse a Roma nel 1462. Nel 1964 venne restituita a Patrasso dove oggi è custodita nelle chiesa eretta sul luogo del suo martirio.
La venerazione in altri luoghi della Tuscia
A Canino, di cui sant’Andrea è patrono, nel pomeriggio del 29 novembre è tradizione “la scampanata”. I bambini e gli adolescenti attraversano il centro storico trascinando decine di barattoli di metallo, legati con fili di ferro e corde. L’obiettivo è fare più rumore possibile, in modo tale – dice la tradizione – che sant’Andrea senta e ricambi facendo soffiare un forte vento. Così intenso da far cadere a terra tante olive, quelle più alte degli ulivi. In maniera tale che donne e bambini possano recarsi a raccoglierle l’indomani.
La tradizione è viva anche a Latera, dove si recitano preghiere e filastrocche per esorcizzare le lunghe notti vicine al solstizio d’inverno. A Tessennano va in scena quanto accade anche a Canino, anche se l’obiettivo è fare rumore per allontanare gli spiriti maligni.