La guerra della cultura – Quel sottile imbarazzo di avere un “uomo di festival nel Palazzo” e la necessità di fare regole chiare per tutti

La guerra della cultura – Quel sottile imbarazzo di avere un “uomo di festival nel Palazzo” e la necessità di fare regole chiare per tutti

Politica - La situazione che si è determinata in città sul fronte cultura sta dando ai nervi a molti e annoiando i più. Quello che ci sembra il caso di sottolineare è l'imbarazzo in cui si trova incagliata l'amministrazione Michelini e l'unica strada che ha per lenirlo: un sistema di regole trasparenti e vere sull'assegnazione dei fondi.

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Viterbo è avvelenata di “cultura”. E’ un settore caldo questo e, senza fare gli ipocriti, è bene dire che a far precipitare il tutto è stato “l’ingresso” di un festival nel palazzo. O meglio l’uomo di un festival, il suo padre fondatore e direttore artistico di tante edizioni. Stiamo parlando di Caffeina, che tra poco apre l’edizione 2014, e di Filippo Rossi. Quest’ultimo, tramite Viva Viterbo, è diventato presidente del consiglio comunale.

Per l’amministrazione di Leonardo Michelini avere quello che in buona sostanza è facile e abbastanza naturale etichettare come “l’uomo di un festival nel palazzo” è un fatto abbastanza imbarazzante. L’imbarazzo ha prodotto la prima deflagrazione lo scorso anno, al momento della nomina di Giacomo Barelli (Viva Viterbo) all’assessorato alla Cultura. Roba che è suonata come uno schiaffo in faccia a tante realtà operanti nel settore culturale in città. Questo ha reso il viaggio di Barelli all’interno di quell’assessorato poco piacevole per tutti, in primis per lo stesso assessore. “Mostri”, non sappiamo quantificare quanto reali e quanto immaginari, hanno attraversato la testa di molti. 

Nel 2014 lo stesso Barelli ha deciso di rimettere la delega alla Cultura nelle mani del sindaco, che ha così piazzato sulla poltrona più esplosiva Antonio Delli Iaconi. Ma l’imbarazzo non sembra essere cessato. Strascichi del passato e un futuro enigmatico, privo di regole chiare e di sistemi di valutazione efficaci, continuano a mantenere bollente la temperatura.

L’amministrazione Michelini ha difficoltà ad ammaestrare questo imbarazzo, ha difficoltà palesi a farci i conti. A un anno dalla salita a Palazzo dei Priori l’assessorato alla Cultura è un marasma. E, cosa importante quanto grave, non è stato portato avanti nessun progetto strutturato su come gestire il tempo che verrà. Questo genera mostri nella testa di quanti, operatori della cultura, chiedono un sistema competitivo e di assegnazione dei fondi trasparente e soggetto a criteri valutativi chiari quanto rigidi.

Diversi soggetti culturali hanno chiesto, nella conferenza stampa di giovedì, trasparenza e premiazione del merito. Si sono sentiti rispondere che Palazzo dei Priori “non è un bancomat”. La sensazione, ci auguriamo sbagliata, è che si tenda a buttarla in confusione. Facendo questo l’amministrazione Michelini si danneggia, fa agire al suo interno la corrosione di quest’imbarazzo di avere “l’uomo di un festival” nel palazzo. 

Chiudiamo con una riflessione da manuale. Le istituzioni sono luoghi terzi, dove si fanno scelte politiche e si amministra. Nell’interesse di tutti. Nelle istituzioni troviamo le persone, ognuna con i suoi affetti, i suoi legittimi interessi e simpatie. Per questo – per evitare che a determinare le scelte delle decisioni finiscano per essere gli affetti, i legittimi interessi e le simpatie – sono necessarie le regole.  Questo non risolve “l’imbarazzo di avere un uomo di festival nel palazzo”, ma quantomeno aiuterebbe a ripristinare una certa serietà e serenità. Facendo così si libererebbe anche Caffeina dal logoramento in cui è finita, anche lei “vittima” di questo fatto “dell’uomo di festival nel palazzo”.

 

 

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