La Crocifissione di Michelangelo all’Expo al posto de La Pietà?

La Crocifissione di Michelangelo all’Expo al posto de La Pietà?

Politica - “una straordinaria occasione per raccontare la storia della Viterbo rinascimentale". Presto nuovi dati, ma è chiaro che sarebbe anche molto meno complesso trasportarla

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La Crocifissione di Michelangelo all’Expo 2015, più semplice da portare e più rappresentativa del territorio: “una straordinaria occasione per raccontare la storia della Viterbo rinascimentale – ci spiega il direttore artistico di Egidio17 Antonio Rocca che insieme ad Archeoares ha donato un nuovo allestimento all’opera all’interno del Museo Colle del Duomo – quella tavoletta è infatti l’unica traccia restata in città di una vicenda sin qui ingiustamente, ma non casualmente, caduta nell’oblio. Anche in vista dell’Expo 2015, l’opera potrebbe proporsi come chiave di volta per riconfigurare in modo coerente e unitario l’immagine di Viterbo, rappresentata come città termale, immersa in un paesaggio che è sintesi di cultura e culture”.

Ma che cosa c’è di così importante in quella tavoletta? Innanzitutto i chiari collegamenti alle opera di Michelangelo: “il dolente a destra – aggiunge Rocca – è l’esecuzione pittorica dell’analogo soggetto conservato al Louvre, il Cristo è vicino allo studio per Crocifissione del British Museum, mentre i ladroni, tra l’altro di pregevolissima fattura, sono saggi michelangioleschi nel gusto dell’esibizione dell’anatomia maschile e nella voluttà con cui l’artista ha inteso rendere le torsioni muscolari”,

Poi la localizzazione dell’opera: “è sorprendente – ancora il direttore artistico di Egidio17 – l’accostamento tra i disegni delle terme del Bacucco e gli edifici individuati nello sfondo della tavoletta del Museo del Colle del Duomo. Questa stringente affinità, intuita da Giampaolo Serone, apre al riconoscimento del paesaggio viterbese sia pure eletto a sfondo ideale. Accanto alle terme sembra di poter individuare le campagne delle Cassia, poi l’Urcionio, la città turrita e, infine, il massiccio cimino”.

Il carteggio tra Vittoria Colonna e Michelangelo (di cui avevamo parlato anche qui) che la cita: “allo stato embrionale delle ricerche la prima supposizione formulabile è che Crocifissione e lettera siano due pezzi dello stesso mosaico. Se così fosse si spiegherebbero anche i dubbi della marchesa. Di fatti anche noi come Vittoria Colonna ci mostriamo incerti di fronte ad un’opera che presenta nello stesso tempo evidenti caratteri riferibili al Buonarroti e caratteristiche pittoriche disomogenee”.

 

 

Ma ci sono altre ipotesi in campo: “una seconda ipotesi, decisamente percorribile, è che la tavola in questione sia una replica, quasi coeva, di quell’originale andato perduto. Meno probabile, perché priva di qualunque riscontro documentario, ci pare invece una terza suggestione, che riconoscerebbe nella crocifissione viterbese una sintesi di fantasia elaborata da un autore ignoto in stile e in un’epoca tardiva”.

Michelangelo o no, l’ipotesi più credibile “è che ci si trovi di fronte a una composizione ideata da Michelangelo e realizzata da Marcello Venusti, il suo più stretto collaboratore”. Quasi un dettaglio perché “se così fosse – dice Rocca – avremmo riconsegnato alla storia della cultura un’immagine di eccezionale importanza. Si tratterebbe di un evento di rilievo internazionale, che avrebbe su Viterbo una doppia ricaduta: la città, infatti, oltre a essere presente pittoricamente nel quadro, pare abitare culturalmente quella composizione.

Com’è noto la Crocifissione costituisce il manifesto iconico dell’ecclesia viterbiensis, di quel circolo di intellettuali e aristocratici guidati dal cardinal Pole che, in età conciliare, erano impegnati nella battaglia per ricucire lo scisma d’Occidente. In particolare il focus del confronto con l’ala intransigente romana verteva sul tema della salvazione, i teologi vicini al Pole avevano elaborato una soluzione di sintesi tra le posizione cattoliche e quelle luterane. La cosiddetta chiesa viterbese aggirava la questione dell’alternativa tra l’esclusiva via della Grazia o delle buone opere e ripartiva dal mistero dell’incarnazione e della morte del Cristo. Di qui l’insistenza dell’ultimo Michelangelo sui temi della Passione e di qui la rilevanza della Crocifissione di Viterbo che si accosta alla Pietà di Buffalo, anch’essa dedicata alla Marchesa di Pescara e parimenti trascurata per secoli”.

Infine ecco i primi risultati concreti arrivati grazie al lavoro di Egidio17. “Finalmente un bene culturale d’indubbio interesse ha guadagnato l’attenzione che merita. Speriamo – conclude Antonio Rocca – che Archeoares, la società che gestisce il Museo del Colle del Duomo, sia posta presto nelle condizioni per ottenere risposte certe, scientificamente fondate, a delle domande che per troppo tempo non abbiamo saputo sollevare.

 

 

 

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