La città dei papi che non c’è – proponiamo la sagra del marketing territoriale

La città dei papi che non c’è – proponiamo la sagra del marketing territoriale

Editoriali - Il capoluogo della Tuscia brancola nel buio, barcolla sotto l'inebriante vino dei pifferai della domenica e non riesce a trovare un'identità caratterizzante capace di posizionarlo sul mercato turistico. Invece di valorizzare le nostre differenze ci stiamo illudendo che bisogna allocare enorme risorse negli inflazionatissimi festival. Perché? A vantaggio di chi?

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Vera sala conclave esternoDomattina apriamo La Fune con una notizia eccezionale. Sono una bomba le foto (molti di voi rimarranno di sasso), ma anche il contenuto non scherza. I più curiosi possono correre in edicola all’alba e acquistare il Corriere di Viterbo, che ne dà l’anticipazione. Parliamo di papi e Viterbo, ergo apriamo un filone che è quello della ‘città dei papi che non c’è’. Oltre al Palazzo dei Papi e alle Terme dei Papi niente nel capoluogo della Tuscia richiama quella storia fantastica che rende questa parte del mondo unica.

Oltre a Roma e Avignone, su questo “mercato” non abbiamo competitor. Sembra però che nessuno lo abbia mai capito. Non una via ricorda i pontefici viterbesi, non una statua o monumento pubblico, se si escludono le sepolture al duomo e nella chiesa di San Francesco. Incredibile ma vero. Un paio di anni fa presentai un progetto a un concorso del Rotary Club per individuare un’idea progettuale funzionale al rilancio del turismo in questa città. Lo avevamo costruito con un team di trentenni e portava questo titolo: ‘Viterbo città dei papi’. La nostra proposta era di costruire un brand del capoluogo della Tuscia incentrato su questo. Perdemmo miseramente la selezione, non classificandoci neppure tra i primi tre. Ci rimase l’amaro in bocca, soprattutto alla luce di certe riflessioni che ci vennero naturali. Ma questa è acqua passata ed è meglio andare avanti.

Mentre dentro le mura si punta a diffondere la convinzione che i festival siano la strada per portare gente da oltre le mura ci piacerebbe vedere un’amministrazione capace di analisi più lucide. Bene i festival, bene gli eventi delle associazioni, bene le sagre, ma senza raccontarsi “balle”. Soprattutto perché riteniamo degne di riflessione le parole di Guccini – inviate per scusarsi dell’assenza a Caffeina -: “Quando ero bambino io, i festival ancora non c’erano, non come ora, insomma, che nascono come funghi in ogni angolo d’Italia: al massimo si stava ad ascoltare uno zio tornato da un viaggio lontano che raccontava storie la sera, quando il lavoro al mulino era finito. Adesso invece si sono inventati i festival un po’ dappertutto […]”.

Parole importanti. Se i festival nascono come funghi vuol dire che non c’è bisogno di spostarsi tanto per imbeccarne uno. Gli stessi autori, cantanti, etc d’estate girano in lungo e largo l’Italia per le loro comparsate. Lo stesso Guccini, per esempio, è stato qualche giorno fa ospite al Festival Collissioni di Barolo, in Piemonte (ci è capitato di leggerlo su Venerdì di Repubblica). Sarebbe quindi importante che gli amministratori di un territorio imparino a dare un giusto peso a tutte le cose. I festival vanno bene per intrattenimento e cultura, per generare flussi turistici considerevoli e duraturi è necessario puntare sulle cose esclusive che un territorio ha. I papi, a occhio, potrebbero andare bene.

Se proprio non si riuscisse a fare pace con questo modo di pensare, consigliamo una bella sagra del marketing. Lì potrebbero darci soluzioni sensate.

Foto Fisioterapy Center

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