Krav Maga Viterbo, storia di chi da una piccola palestra va a vincere il mondiale

Krav Maga Viterbo, storia di chi da una piccola palestra va a vincere il mondiale

Homepage - 30 aprile 2017, giorno da scrivere nel diario bello della storia viterbese. Il trentenne Carlo Mancini della Krav Maga Viterbo ha agguantato un sogno. Non l'ha fatto in solitaria, sul gradino più alto del podio in categoria Assoluti è riuscito a salirci personalmente ma quel giorno ha fatto di più. Da capace maestro si è trascinato dietro i suoi ragazzi. Tutti numeri uno, tutti bravi quanto basta per portare insieme alla città dei papi cinque medaglie d'oro. Scusate se è poco.

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Da una piccola palestra di Viterbo al tetto del mondo, passaggio San Marino dove si è disputato l’ultimo mondiale di Krav Maga. Per l’esattezza la World Cup Iaksa, Fikm, Fesam.

30 aprile 2017, giorno da scrivere nel diario bello della storia viterbese. Il trentenne Carlo Mancini della Krav Maga Viterbo ha agguantato un sogno. Non l’ha fatto in solitaria, sul gradino più alto del podio in categoria Assoluti è riuscito a salirci personalmente ma quel giorno ha fatto di più. Da capace maestro si è trascinato dietro i suoi ragazzi. Tutti numeri uno, tutti bravi quanto basta per portare insieme alla città dei papi cinque medaglie d’oro. Scusate se è poco.

La storia di questa domenica non poteva essere un’altra. Fatta di fatica, un montino di corpo a corpo con la faccia che ti si schiaccia sul tatami, i colpi tirati davanti allo specchio per imparare a essere precisi, ogni tanto qualche botta più robusta portata a casa insieme al dolore nel letto. “Non c’è sconfitta nel cuore di chi lotta”, il loro motto. A San Marino ci sono andati con la consapevolezza di essere una “Cenerentola” e che a giocarsela con loro c’erano altri cinquecento atleti in rappresentanza di venti nazioni. La statistica non era dalla loro, sono stati il cuore e l’unità a cucirgli addosso le medaglie. Da guardare con gli occhi sgranati, poi lucidi. Perché quando fai l’impresa piangi, pensi, ridi, non ci credi e ti viene da darti i pizzicotti per capire se è tutto vero o stai sognando. Abbiamo incontrato il maestro Carlo Mancini.

 

Come si arriva a questo tipo di risultato?

“Non ci si arriva per caso o grazie a un momento di fortuna; parte da lontano. E’ il frutto di un percorso marziale in prima battuta del sottoscritto, da 16 anni con il Krav Maga nel cuore, e dei ragazzi che stanno con me, che si allenano da anni nella nostra palestra. Cinque anni fa, quando la Krav Maga Viterbo è nata, avevamo difficoltà a trovare un luogo dove allenarci.

Quanto accaduto è la prova che con sacrificio e passione anche palestre piccole come la nostra possono affermarsi a livelli alti, internazionali”.

Il momento più bello?

“Ne evidenzierei tre. Il primo all’arrivo, quando ho avuto il piacere di incontrare tanti amici e marzialisti d’Italia e d’Europa che avevo avuto modo di conoscere in altre competizioni. Poi l’ingresso al palazzetto, dove abbiamo portato la bandiera dell’Italia e tutte le nazionali hanno cantato l’inno del proprio Paese. Il terzo momento bello quello dell’agonismo, della concentrazione, della calma prima della tempesta. Terminato con la gioia alla proclamazione dei risultati.

Solo alla fine delle esibizioni di tutti gli atleti c’è stata la nomina del podio. Prima hanno proclamato i terzi, poi i secondi e a quel punto o eravamo primi o chissà cosa. A ogni nomina del podio è stata un’esplosione”.

Il momento più difficile?

“L’inizio della preparazione al mondiale. Era necessario preparare mentalmente la squadra, dare gli input, la fiducia. Calarsi in un contesto di livello internazionale non è cosa facile. Abbiamo visto insieme tanti filmati, per studiare nei minimi dettagli le tecniche. Le abbiamo provate e riprovate. Ho cercato di far capire ai ragazzi come i giudici avrebbero ragionato, l’importanza del rispetto dei tempi per evitare penalità e l’attenzione ai dettagli.

Poi in gara avevo in testa l’incognita di come avrebbero reagito, hanno spaccato tutto”.

Carlo Mancini numero uno in categoria Assoluti, che significa?

“Significa che sei l’atleta migliore del mondo in quella disciplina. E’ bello, da pelle d’oca. Come atleta è un risultato. Ma a San Marino non c’è stato solo un mio risultato personale. Vedere i tuoi ragazzi fare le prestazioni che hanno fatto e poi con gli occhi lucidi e la medaglia d’oro al collo è un’emozione grossa. Per me sono dei figli o dei fratelli. La nostra palestra è anche un luogo dove si parla, ci si danno consigli, si chiedono. Il risultato complessivo che abbiamo portato a casa dice una cosa chiara: a Viterbo c’è un Krav Maga di livello”.

Ma quando sono arrivati gli ori cosa hanno detto i ragazzi?

“Non ci credevano. Facevano il tifo per me, erano venuti per fare un’esperienza. Quando li hanno chiamati sul gradino più alto del podio erano imbarazzati, in un mix di felicità e incredulità”.

E ora a cosa puntate?

“Il sogno è andare in Israele a confrontarci con gli israeliani che sono i fondatori di questa disciplina”.

Come avete festeggiato?

“Sotto al podio, tutti insieme in un abbraccio che sarà difficile scordare. Insieme a noi lo staff della Federazione Italiana Krav Maga, con il presidente Giuseppe Palma a farsi le foto con tutti. Ci è venuto ad abbracciare anche il presidente della sezione UNVS Giulio Onesti di Roma Fabrizio Pellegrini. Poi il brindisi lo abbiamo fatto a Viterbo, prima di un nuovo allenamento”.

Una dedica?

“Alla mia famiglia e alla mia ragazza e futura moglie. Mo soprattutto questo risultato mi sento di dedicarlo a tutti i ragazzi del nostro territorio, perché non si perdano mai d’animo e non indietreggino di un millimetro nella difesa dei propri sogni e dignità. Noi abbiamo due motti. Il primo è “Non esiste sconfitta nel cuore di chi lotta”. Invito tutti i ragazzi viterbesi a lottare sempre. Il secondo lo facciamo ogni volta prima di lasciare il tatami. Il maestro grida: “Io con voi”, gli atleti rispondo: “Noi con te”. E’ un invito all’unità. In un momento storico in cui tutti si dividono e tutto si disgrega credo torni centrale un invito all’unità. Solo se si rema nella stessa direzione si va da qualche parte. Quanto accaduto a San Marino ne è una piccola-grande conferma”.

Foto Fisioterapy Center

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