Intervista con il presidente della Fondazione Carivit: come si spende bene per il territorio

Intervista con il presidente della Fondazione Carivit: come si spende bene per il territorio

Homepage - Un incontro con il presidente della Fondazione Carivit, Mario Brutti che parla degli interventi in città e provincia e del ruolo delle Fondazione all’interno della comunità. L’intervista è stata realizzata durante L’isola che non c’è, la manifestazione di Fondazione per la Tuscia.

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Un incontro con il presidente della Fondazione Carivit, Mario Brutti che parla degli interventi in città e provincia e del ruolo delle Fondazione all’interno della comunità. L’intervista è stata realizzata durante L’isola che non c’è, la manifestazione di Fondazione per la Tuscia.

 

Come si fa a spendere bene i soldi, nella Tuscia?

“È facile spendere, spendere bene invece dipende da noi e da chi propone i progetti. Noi facciamo valutazioni ex post degli interventi che sosteniamo e l’operazione dà effetti positivi, perché sempre di più vediamo che c’è una rispondenza tra i progetti e le realizzazioni”.

 

Intervenite in molti settori, da quello culturale a quello dell’educazione e del volontariato. Come ripartite i fondi?

“Il settore culturale ad oggi assorbe quasi il 60% delle risorse. Ma non è un settore univoco, coinvolge anche i beni culturali, oltre alle iniziative e anche allo spettacolo, ma entro certi limiti. Poi ci sono i settori education e quello del volontariato che stazionano entrambi intorno al 16/17%. C’è una varia platea di soggetti che propone progetti, che ormai sanno che la Fondazione non è un bancomat, né chiedono assistenza: semplicemente propongono progetti”.

 

Come vengono scelti i progetti da finanziare? Su quali priorità preferite intervenire?

“Destiniamo quasi 2/3 dei fondi a soggetti privati e poniamo l’attenzione sulla valorizzazione del patrimonio culturale e le iniziative culturali quando sono strumento di promozione del territorio. Lavoriamo su tutta la provincia di Viterbo e anche con gli enti locali, ma anche per i Comuni vale la regola che bisogna presentare un progetto, che viene sottoposto come gli altri alla nostra valutazione”.

 

Cosa c’è di buono nella Tuscia e quali sono le criticità secondo Lei?

“C’è una grande vitalità, un pullulare di iniziative in tutta la provincia. Dal mare ai Cimini c’è grande indice di vitalità. Ci sono a volte problemi culturali, e non c’è una abitudine alla progettualità ma noi stiamo cercando di costruirla. Noi non sosteniamo le spese di funzionamento di una realtà, ma andiamo sugli obiettivi concreti. Le criticità dipendono anche dalla tendenza alla fuga verso Roma, che attrae e prende, noi non siamo capaci di ricevere molto da Roma, che è un po’ matrigna e tende ad accentrare.

 

Un augurio?

“L’augurio è quello che le realtà del territorio crescano ancora nella capacità di realizzazione e nella capacità di creare obiettivi fattibili. Mi auguro che molte delle cose che ci propongono possano diventare realtà. La Fondazione è un soggetto di promozione del territorio e non è più emanazione di una banca, ci auguriamo che venga percepita così”.

 

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