Il pagellone della giunta Michelini: dal 4 a Delli Iaconi al 7 dell’ex “corsaro” Alvaro, passando per un Michelini “fuori luogo”

Il pagellone della giunta Michelini: dal 4 a Delli Iaconi al 7 dell’ex “corsaro” Alvaro, passando per un Michelini “fuori luogo”

Politica - La giunta di Leonardo Michelini non ha brillato in questo 2015 ma di fatto non è composta da assessori disastrosi. Quello che sembra mancare in realtà è proprio il manico, o meglio il sindaco.

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Fine d’anno e tempo di bilanci. E’ stato un 2015 bello complicato quello appena trascorso, dove siamo andati su e giù per le montagne russe della cronaca politica locale. Attraverso la trasmissione radiofonica Sbottonati (su Radio Verde) abbiamo braccato al millimetro “gli animali” politici viterbesi e dato una montagna di notizie approfondite poi su La Fune. Vi abbiamo raccontato retroscena e strategie, dato voce a dichiarazioni forti che hanno scatenato dibattiti.

Ora è arrivato il momento delle pagelle, come a scuola. Senza voler salire in cattedra, ma cercando di dare un punto di vista su cui confrontarsi e da cui ragionare. Diamo i voti alla giunta micheliniana e infine al sindaco stesso.

Luisa Ciambella (Pd), voto: 6. Per la maggioranza è una figura cardine, la diretta emanazione di Beppe Fioroni a Palazzo dei Priori. Per gli oppositori si tratta della “Merkel di Vignanello”. Figura che si è data anima e corpo all’azione di governo ma che risulta piuttosto spigolosa per ragioni caratteriali. Troppo impegno e non proporzionato agli obiettivi raggiunti. La sensazione è che la “lady di ferro nostrana” giri spesso a vuoto, o comunque al di sotto delle aspettative. Sicuramente soffre di una situazione piuttosto fragile della maggioranza, fiaccata da continui litigi e contrapposizioni. Più che “lady di ferro”, “lady di alluminio”.

Alvaro Ricci (Pd), voto: 7. Lontani i tempi “dell’Alvaro Corsaro”. Da quando è diventato assessore si è messo al lato di tutti le beghe partitiche. La sensazione è che vivi questa esperienza come l’ultima e sia più che altro interessato a lasciare qualcosa. Come guida dei Lavori Pubblici ha portato a compimento i lavori del Progetto Plus mariniano e ha lavorato per dare a Viterbo un tocco di modernità con l’infomobilità. Appassionato di “smart city” paga lo scotto di essere nell’esecutivo di una maggioranza poco “smart” e molto guerrafondaia. Quindi tanto di quello che andava fatto non potrà nemmeno essere teorizzato. Nessuna infamia, nessuna lode al di là della norma. Moderato e anche un po’ riformista.

Alessandra Troncarelli (Pd), voto: 6,5. Approdata per ultima nell’esecutivo micheliniano, in seguito all’ultimo rimpasto, si è contraddistinta per forza di carattere, meno per risultati centrati. In tanti parlano di un “cambio di aria” a Palazzo del Drago, sede dell’assessorato alle Politiche Sociali, dopo il suo arrivo. Anche se deve farsi le ossa. Poco il tempo in cui l’abbiamo vista all’opera per avere la possibilità di un giudizio approfondito. E’ l’assessore più giovane all’opera e la persona più vicina all’altro big del Pd locale: Enrico Panunzi. Inevitabile la “guerra fredda” quotidiana con la collega Luisa Ciambella. Nelle riunioni di giunta ce la raccontano capace di graffiare. Attualmente, all’interno della crisi, si è dichiarata disponibile alle dimissioni. Amazzone.

Antonio Delli Iaconi (Pd), voto: 4. E’ il grande furbo di Palazzo dei Priori. Tonino Delli Iaconi sta bene con tutto, è come il nero. Vero e proprio mito dello stile, su cui meriterebbe un dieci pieno, incarna un modo di fare politica che probabilmente calzava a pennello ai frequentatori della corte dei Medici nel Rinascimento italiano. In quota “Serra” non ci sembra rispondere davvero a quel mondo, né ora né mai. Prova del nove per molti il suo silenzio sulla crisi, quando invece gli assessori di area “serra-panunziana” hanno fatto interventi pubblici annunciando la disponibilità alle dimissioni. Contemporaneamente non ha voluto essere assente agli auguri di Natale a San Martino, regia Giuseppe Fioroni. All’epoca di Drive in l’avrebbero chiamato un “Volpino”.

Giacomo Barelli (civico), voto: 6. Si muove come se fosse posseduto in lungo e in largo per i corridoi e le stanze di Palazzo dei Priori. Fare l’assessore è una cosa che gli piace molto, che fa con passione e si vede. Non sarà l’Albert Einstein di come amministrare un Comune ma è la figura di giunta più presente. Macina lavoro in un’amministrazione sostanzialmente immobile, per quello che è lo spettro delle sue competenze. Con Expo ha fatto bene, salvo finire incartato all’ultimo nell’operazione di ritorno a casa di Fiore del Cielo. Non sta simpatico a diversi consiglieri, con cui ha avuto anche screzi inopportuni in sala d’Ercole. Se tenuto lontano dalla Cultura, dove rischia di proiettare l’ombra lunga di Filippo Rossi e quindi Caffeina, non è sicuramente tra i peggiori di questo esecutivo. Tarantolato.

Raffaella Saraconi (civici), voto: 6. Lavora più che altro nell’ombra. Dopo la staffetta con Ricci all’Urbanistica sta cercando di mettere nero su bianco tutta una serie di progetti. Figura mite aprirà l’anno con la “rivoluzione di Prato Giardino”. Aspetto british è una che il lavoro suo lo fa. Nessuna furia innovatrice ma neanche nessun disastro. Regular.

Sonia Perà (Pd), voto: 5. Arrivata da poco a Palazzo dei Priori non è certo una delle figure più in vista. Nessun particolare pregio, nessun difetto eccessivo. Ragioniere.

Andrea Vannini (tecnico), voto: 6,5. E’ uscito di scena improntando una resistenza di principio che ha appassionato parecchi. Raccontando il retroscena del sindaco che gli aveva chiesto di dimettersi, portando come scusa di non avere più tempo per fare l’assessore a causa degli impegni con l’Unitus, ha acquistato punti agli occhi di tanti oltre a far emergere un cattivo rapporto tra Michelini e la verità. In caso di riscrittura del contratto sui rifiuti sarebbe stata preziosa la sua competenza tecnica ma il sindaco preferisce il ritorno di un politico. Da un ingegnere non ce lo saremmo aspettato. Silurato.

 

IL SINDACO LEONARDO MICHELINI, voto: 4. E’ dura esprimere un giudizio così severo su un primo cittadino e lo facciamo con dispiacere. Ci sarebbe piaciuto dare un bel 10 e lo avremmo fatto se davanti agli occhi avessimo avuto uno alla Francesco Bigiotti. Leonardo Michelini però ha scritto un’altra storia. Il sindaco-imprenditore non ha funzionato, la sua politica è impalbabile. Manca la visione della città, l’organizzazione, la capacità di ascolto, l’umiltà, lo studio, la fame, la consapevolezza di dove sta andando il mondo. Con Michelini Viterbo ha perso un’occasione, è tornata indietro, sta accumulando ritardo. Manca di polso, di decisione, di schiettezza, di analisi. Un fallimento politico più che un’impresa possibile. E tutto questo rovina anche la giunta che tutto sommato non è composta di pessimi assessori.

Crediamo anche che l’avventura politica di Michelini terminerà con questo mandato. Fuori luogo.

 

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