Il Diritto di Sapere – Il negazionismo fuori dalla copertura della libera manifestazione del pensiero

Il Diritto di Sapere – Il negazionismo fuori dalla copertura della libera manifestazione del pensiero

Homepage - Il termine stesso negazionismo viene indicato come una forma estrema di revisionismo storico, riguardante in particolare le vicende legate alla Shoah ed ai genocidi. In realtà, il negazionismo è un concetto ben diverso dal revisionismo in senso stretto, ed è proprio su tale differenza che si gioca, per così dire, la sua punibilità.

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Il termine stesso negazionismo viene indicato come una forma estrema di revisionismo storico, riguardante in particolare le vicende legate alla Shoah ed ai genocidi. In realtà, il negazionismo è un concetto ben diverso dal revisionismo in senso stretto, ed è proprio su tale differenza che si gioca, per così dire, la sua punibilità.

Innanzitutto, il negazionismo è una interpretazione volta a negare la veridicità di determinati fatti storici di cui è documentato l’accadimento, affermandone l’invenzione. Invece il revisionismo è una reinterpretazione di fatti storici attraverso una ricostruzione diversa rispetto a quella che comunemente viene accettata. Tali ricostruzioni hanno a sostegno non la mera negazione ma basi scientifiche e storiche. Quest’ultima anche se spesso considerata scomoda e
discussa è una attività interpretativa legittima che rientra nell’esercizio del diritto di critica.

Diverso è il caso del negazionismo, il quale si pone al di fuori del diritto alla libera manifestazione del pensiero. Infatti, tale diritto è posto a fondamento dell’ordinamento democratico ed è uno dei primi diritti ad essere soppresso dai regimi totalitari. Ma il suo esercizio incontra dei limiti. Tra questi limiti vi sono i diritti della persona, intesi come diritto all’onore, alla reputazione, alla riservatezza, all’identità personale e alla dignità umana. Perciò si verificherebbe la violazione dei suddetti diritti se si consentisse di negare fatti storici accertati e ampiamente documentati dichiarandoli falsi ed inventati.

Inoltre la negazione di avvenimenti relativi alla morte programmata di migliaia di persone in quanto appartenenti ad un certo gruppo etnico e/o religioso lede la memoria di quanti non ci sono più e la dignità dei sopravvissuti e delle generazioni future che devono vivere senza la paura che quanto accaduto non si ripeta.

Nel 2016 il nostro legislatore è intervenuto aggiungendo un comma 3-bis all’art. 3 della L. n. 654 del 1975. Quest’ultima disciplina la materia volta al contrasto e alla repressione dei crimini di genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra.

Il comma 3-bis introdotto dalla L. n. 115/2016, prevede la pena della reclusione da 2 a 6 anni, se la propaganda ovvero l’istigazione e l’incitamento, commessi in modo che ne derivi concreto pericolo di diffusione, si fondano in tutto o in parte sulla negazione della Shoah o dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra.

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