I diari della motocicletta – Da Amburgo a Copenhagen

I diari della motocicletta – Da Amburgo a Copenhagen

Homepage - Il risveglio è in treno, a bordo di Obb. Addormentati in Austria e svegliati in Germania. Colazione in cuccetta dove tra casci e borse non ci si gira. La “Poderosa”, così chiamiamo la nostra moto, scende dal treno poco dopo le 9 e mezza. Abbiamo perso un pezzo del casco, importante per renderlo impermeabile e la sua ricerca ci “costringe” ad attraversare Amburgo. Una tappa non prevista.

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Il risveglio è in treno, a bordo di Obb. Addormentati in Austria e svegliati in Germania. Colazione in cuccetta dove tra casci e borse non ci si gira. La “Poderosa”, così chiamiamo la nostra moto, scende dal treno poco dopo le 9 e mezza. Abbiamo perso un pezzo del casco, importante per renderlo impermeabile e la sua ricerca ci “costringe” ad attraversare Amburgo. Una tappa non prevista.

Stupenda, moderna e antica insieme. Spaziosa e tranquilla. La Germania ha il suo fascino. Ripensiamo a un vecchio viaggio in Olanda, alle case di Amsterdam. Dopo tre tentativi troviamo il pezzo del casco. Rubiamo con gli occhi scorci di centinaia di case. Immaginiamo vite possibili parallele qui, immerse nella tranquillità e nella vegetazione. Diverse api sembrano attratte dai nostri caschi, ci piace pensare che siano attratte dal polline rimasto appiccicato dalla nostra partenza, a casa.

Prendiamo il traghetto per la Danimarca, mezz’ora di viaggio e abbiamo raggiunto la terza nazione in due giorni, mai viaggio fu più pieno di confini. Tutto è efficiente e rapido, ripensiamo allo scorso anno e al viaggio in Grecia. Al gran macello di Patrasso. Qui invece non c’è traccia di stress. Primo insegnamento: si può essere diversi da quello che siamo e da quello che crediamo sia la normalità. E’ il momento di due caffè a bordo del traghetto, otto euro.

Scendiamo e ci si apre davanti una lunga pianura, tutta da attraversare. La strada è ipnotizzante, attraversa il verde. Viene naturale il confronto con le nostre strade dissestate. Con le buche e i sanpietrini sconnessi. La superstrada è identica a un’autostrada italiana e scivola alla periferia di Copenhagen.

Ci siamo dentro, è notte. La notte è breve qui. Ciclisti e pedono nel quartiere più vissuto della città sono radi. In pace con il mondo. Ti senti diverso. Ti accorgi di essere lontano da casa. Altri colori, più tenui e che di notte diventano più cupi, si fanno seri. Senti il rispetto della notte, poche luci pubbliche e fioche. Tanto silenzio.

Siamo a Nyhavn, il quartiere storico. Ci sembra somigliare al porto turistico di Pescara. Qui però ci sono i vascelli, barche a vela in stile d’epoca. La memoria di qualche quadro fiammingo ci aiuta a immedesimarci. Sui palazzi in bella vista targhe con la loro data di costruzione. Sono in massima parte edifici del ‘700. La paura del buio e dell’altro che al buio può far uscire il suo lato peggiore si dissolve al riconoscere che chiunque passeggia tranquillo in questi vicoli bui. Secondo insegnamento: imparare a fidarsi o meglio: tornare a fidarsi dell’essere umano.

 

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