Gloria, il diario della costruzione (giorno 7)

Gloria, il diario della costruzione (giorno 7)

Diario di Gloria - Non hanno paura del caldo, della fatica, di utilizzare macchine e tecniche. Hanno in mente solo una cosa, che esiste già nei loro sguardi: Gloria.

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Settima pagina di ‘Momenti di Gloria’, il diario con cui Bruno Pagnanelli racconta con foto e parole quanto sta accadendo al cantiere della Edilnolo dove un giorno dopo l’altro sta prendendo forma la nuova Macchina di Santa Rosa.

Il diario di Bruno Pagnanelli 

La strada stranamente vuota, il sole di fronte e l’aria condizionata in auto che diventa un beneficio vitale. Mi avvicino lungo la via dritta che porta al mare.

Vedo in lontananza degli eroi che coraggiosamente prendono il sole vicino alle pozze di acqua termale, o almeno quel che rimane, lì nei pressi. Mi immagino la temperatura e metto la mano davanti alla bocchetta del condizionatore, facendo scorrere quel brivido gelido lungo l’avambraccio.

Arrivo presto, stranamente, in questo pomeriggio rovente e
parcheggio su un piazzale che sembra sciogliersi sotto le scarpe.
Da fuori la base è pronta, il primo modulo coricato, pronto per esser portato via. Il secondo modulo dritto e in assemblaggio, praticamente quasi finito e il terzo in fase “giornalistica”, quella fase dove viene riempito di pezzi di giornale che formano il substrato sul quale poggerà la vernice.

I lavori proseguono a ritmi serrati perché il 19 agosto, data del previsto trasferimento della struttura nella sua sede naturale, sembra essere domani. Ormai non esistono sabati e domeniche, non esiste pranzo e cena. Esiste solo il caldo, il tempo che scorre, la pressione che inizia a farsi sentire e la Macchina da finire.

Entro e saluto tutti. Ormai conosco i nomi, so cosa fanno, chi sono. Sono di casa anche se non lo sarò mai, perché di quello che fanno capisco a malapena 5 per cento, delle prove, degli attrezzi, dei cacciaviti, dei fili, delle presse, dei materiali non so e non saprò mai nulla.

Mirko passa e dice di prendere un pezzo di polistirolo e grida che con una panca sopra e il polistirolo reggerà di sicuro. E così succede. Ci rimango male perché volevo raccontare nei dettagli la parte tecnica ma non ci riesco. Un po’ perché sono negato per questi argomenti un po’ perché sono molto più catturato dalle dinamiche sociali, dai ritmi, dal potere della comunicazione paraverbale e non verbale, quella dei gesti, del volume, del tono della voce, ma anche della mimica e della gestualità dei volti.

Tutti vogliono esser parte integrante di ogni azione, si danno da fare, fanno sentire al capo che ci sono, che ci può contare. Muovono il primo modulo su un pianale. Usano le gru, le cinghie e i supporti con la stessa facilità con la quale io scrivo su una tastiera.

Raffaele è impegnato in una intervista all’interno. Tengono tutto chiuso per evitare rumori. Ne uscirà sensibilmente provato dalla temperatura e dall’aria ferma, una maglietta come quella di un fan dei Metallica alla fine del concerto della vita.

Fuori invece è un vero spettacolo. Ci sono tutti. spingono, sbuffano, spostano, inciampano. Il grande capo, Vincenzo, in canottiera è ovunque, dispensa consigli, prende misure, seguito da Damiano, il direttore del cantiere. I figli usano i camion, muovono tralicci, si muovono insieme agli altri in una sorta di isteria silenziosa. No, così non va, non entra, poggia male. Via! Girare, tutto da capo.
Hanno finito la manovra ma non la giornata.

Io però vado via, alla chetichella, non sia mai vogliano far altro. Sono sudato come una bestia e vestito da damerino, ho una scusa sufficientemente buona per andare a vedere ciò che ho scattato.

Foto Fisioterapy Center

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