Gloria, il diario della costruzione (giorno 1)

Gloria, il diario della costruzione (giorno 1)

Diario di Gloria - Bruno Pagnanelli sta raccontando giorno dopo giorno la costruzione della nuova Macchina di Santa Rosa. Abbiamo deciso di rilanciare quanto racconta sul proprio profilo facebook. Una storia di immagini e parole, capace di raccontare i fatti e le emozioni.

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L’avventura della cotruzione di Gloria è entrata nel vivo. Ogni giorno dentro al capannone della Edilnolo si lavora incessantemente, senza neppure stare tanto a guardare l’orologio. E’ la “macchinite”, bellezza.  Bruno Pagnanelli si sta occupando di fotografare il procedere dei lavori e sul suo profilo facebook racconta con grande efficacia le emozioni e i fatti. Abbiamo deciso di rilanciare questo diario a tappe. In attesa di vedere la Macchina arrivare a San Sisto il 19 agosto.

Il diario di Bruno Pagnanelli – giorno 1

Mi viene incontro con una chiazza di sudore più grossa della sua stessa maglietta, la stessa chiazza bagnata che, da lì a 5 minuti, …possiederò anche io.
Mi chiede subito se voglio dell’acqua dal distributore.
Sono palesemente in difficoltà per il caldo e la camicia che si attacca alla schiena e un po’ perchè non conosco nessuno. In cuor mio mi sento anche inadeguato, perché in fondo è un appuntamento al buio che il caso mi ha propinato.

Mirko, uno dei titolari, mi accompagna e fa le presentazioni mentre continua a rispondere a domande, a telefonate e a imprecare. Il capannone bianco è pieno di materiale, di gente sudata, di sigarette, di cacciaviti, trapani, fili, tralicci. C’è Alessio, il fratello di Mirko, seduto, capelli corti, con le mani enormi che gestisce delicatamente con un taglierino il bordo di pezzi cilindrici trasparenti. Immagino siano le coperture dei lumini per l’illuminazione di Gloria. Convenevoli di rito espletati e le gocce di sudore che continuano a cadere sul pavimento.

L’”icebreker” è una battuta di qualcuno durante la conta, ripetuta più volte, di quei circa 600 cilindri trasparenti. Perché interrompere una sequenza logica in una condizione ambientale da forno per panettoni può creare seri problemi anche in un semplice conteggio.
E capisco subito che, nonostante mi guardino di sottecchio, come fossi un intruso nel loro ambiente, il ghiaccio è rotto. Tiro fuori dallo zaino la macchina fotografica. Inizio a scattare. Non mi guardavano con diffidenza. Non capivano solo chi fossi.

La mia storia inizia con una sedia, ci salgo sopra e riprendo le spalle grandi di Alessio, curvo sull’infinita fila di bicchierini da grattare e da ordinare.
Dopo poco ricordo i nomi, capisco chi sono e di cosa si occupano. Vanno veloci, nonostante la temperatura dell’ambiente in questo luglio da ricordare, è una punizione per ogni tipo di peccato.

Franco, nascosto da occhialetti da Dustin Hoffman in “Papillon” è l’elettricista o qualcosa di molto simile. Mi viene in mente il soprannome che in Antartide davo agli elettricisti di servizio: “bruciapile vieni, corri è saltato il gruppo” oppure “spellafili 2 sei desiderato al laboratorio”. Loro ridevano, e mi chiamavano “Brunetto” perchè sapevano che ero un perfetto incapace nel loro settore. Adoravo quelle menti silenziose, quelli che ti salvavano la pelle con un paio di forbici ed un cacciavite. Ora provo lo stesso rispetto per le sue mani che legano rame e spellano cavi, mentre l’escursione termica fra ricordi e realtà mi martella le tempie.

Mi muovo fra loro. E’ la prima volta. Magari sarà l’ultima, mi dico. E invece sono qui, a ricordare quel caffè della macchinetta, mai stato così buono.

Foto Fisioterapy Center

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