Finita la festa, gabbato lo santo

Finita la festa, gabbato lo santo

Editoriali - Il tre settembre ormai è alle spalle e i viterbesi lo sanno bene che il rinvio, anche un po' tattico per allungare un tantinello l'estate, con la rituale formula del "dopo Santa Rosa", non può essere più messo in gioco. C'è da riprendere a correre un po' per tutti, o quasi.

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Il tre settembre ormai è alle spalle e i viterbesi lo sanno bene che il rinvio, anche un po’ tattico per allungare un tantinello l’estate, con la rituale formula del “dopo Santa Rosa”, non può essere più messo in gioco. C’è da riprendere a correre un po’ per tutti, o quasi.

E quando si scavalla la festa, momento in cui viene messe al centro l’unità della città, siamo abituati a rivedere il teatrino delle contrapposizioni. Viterbo sembra infatti essere affetta da grave forma di litigiosità. Tipico elemento presente nei tessuti sociali basati su poca equità e dopati dal privilegio e dal clientelismo. Ora che anche il capoluogo della Tuscia rientri nella tipologia è tutto da dimostrare ma i lettori sono abbastanza grandi da essersi fatti un’opinione negli anni.

E proprio questa litigiosità, sulle cui ragioni si dovrebbe indagare approfonditamente, è sicuramente uno dei più grossi limiti e blocchi alla crescita del territorio. In genere la litigiosità di un tessuto sociale è direttamente proporzionale agli sprechi, alle azioni di rapina e alla pretora degli “unti dei signori” (il plurale è voluto) abituati a portare a casa abbondante pane non tanto per meriti e capacità ma per furbizie e mandrakate varie.

Inevitabilmente questo fa urtare altri “unti” rimasti a secco e inevitabilmente anche chi avrebbe qualcosa da dire o fare, e che magari saprebbe anche fare e direbbe anche bene e con frutto per il territorio, ma viene messo al margine o sotto terra per difetto di amicizie. Nel senso che non ha quelle giuste.

E così “passata la festa, gabbato lo santo”. Aspettando di nuovo Santa Rosa.

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