Ecco Castel d’Asso, simbolo del fallimento della classe dirigente viterbese

Ecco Castel d’Asso, simbolo del fallimento della classe dirigente viterbese

Politica - Castel d'Asso come uno dei simboli del fallimento di un'intera classe dirigente e di tutto il territorio che questa ha amministrato negli anni. Incapacità? Cecità? Malafede? Cosa ha determinato l'arretratezza della Tuscia? Mette il dito nella piaga Viterbo Civica.

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Viterbo Civica punta i riflettori su Castel d’Asso e rimette in luce quello che in pratica tutti sanno, fingendo quotidianamente di ignorare. Stiamo parlando dello stato di abbandono in cui versa quest’area di importanza storico-archeologica. Ma è un ragionamento più complesso e articolato a muovere questo intervento a mezzo stampa del movimento civico. Perché noi viterbesi non riusciamo a costruire posti di lavoro e ricchezza con un patrimonio importante sugli etruschi, di cui Castel d’Asso è sicuramente un pezzo importante? Non ci resta che seguire il ragionamento e guardare le foto. Ulteriori commenti sono superflui.

 

 

IL COMUNICATO DI VITERBO CIVICA

 

L’avevamo già detto il nostro territorio è un immenso giacimento di diamanti che nessuno si preoccupa di raccogliere. Una delle nostre potenzialità meno sfruttate è l’eredità etrusca, basterebbe guardare cosa fanno le città che condividono le stesse origini, per comprendere quale tesoro stiamo disprezzando.
A Cortona è di scena una mostra: ‘Seduzione etrusca’; che in poco più di un mese ha già abbondantemente superato i duemila visitatori, con tutto l’indotto economico che un flusso turistico di quella portata riversa nelle casse di ristoranti, alberghi e negozi.
D’altronde è facile lasciarsi sedurre dagli etruschi, popolo misterioso di cui ancora si dibatte l’origine, di cui affascinano i culti legati alla morte.

 
Lo sanno bene i Comuni di Perugia, Arezzo, Castiglione della Pescaia, Cerveteri, Chiusi, Cortona, Formello, Grosseto, Montalto di Castro, Piombino, Tarquinia e Volterra, che proprio per intercettare il turismo legato agli etruschi, hanno deciso di unirsi, in nome di un’antica alleanza che sottoscrissero 2.500 anni fa, per realizzare una valorizzazione comune del territorio. Insieme hanno anche deciso di candidare le città dell’Etruria come patrimonio mondiale dell’umanità.

 
Viterbo pur avendo origini etrusche e una storia intrecciata con le città di “Dodecapoli”, preferisce rivolgere la sua attenzione all’Expò di Milano, con amministratori che blaterano di grandi opportunità per la città. Snobbando la vera opportunità che avviene a pochi passi dal nostro territorio. Abbiamo la fortuna di possedere una necropoli come quella di Castel d’Asso, riconosciuta su alcuni siti di etruscologia come una delle aree archeologiche più belle, addirittura citata in un libro inglese ‘The cities and cemeteries of Etruria’ dove è paragonata per importanza alle piramidi egizie.

 
Nonostante ciò decine di tombe rupestri sono lasciate nell’abbandono più totale. In tutta l’area abbiamo contato solo due cartelli con spiegazioni, uno all’entrata del piazzale, l’altro ai piedi della Tomba Grande. Per non parlare dell’impraticabilità dei sentieri, per vedere la Tomba Grande bisogna essere portati all’avventura come Indiana Jones. Senza tacere della segnaletica coperta dalla vegetazione, visibile quasi per caso tra il fogliame e gli arbusti. O dell’inciviltà di quanti hanno trasformato una tomba in un bivacco, oltre ad ubriacarsi lasciando le bottiglie vuote dove capita, giocano a soft air, facendo rimbalzare i piombini tra le pareti.

 

Pensate che una cosa del genere possa accadere nella necropoli di Volterra? O di Populonia? Per fare un confronto, provate a guardare semplicemente l’accuratezza dei siti on line, guardate la fotogallery, notate la pulizia delle tombe, la sicurezza dei sentieri, informatevi sul costo dei biglietti d’entrata, quindici euro a persona, che la gente paga per visitare ciò che abbiamo anche noi.
Già, perché anche noi, oltre alle necropoli abbiamo una splendida passeggiata naturalistica, una vallata che è una meraviglia, un ponte di legno da attraversare, l’affascinante strada verso quello che impropriamente è definito castello e che ha finito per imporre il nome all’intera zona. Si tratta di resti di fortificazioni medievali, costruiti nel punto in cui si ergeva l’acropoli dell’antica Axia.

 

Della città etrusca è ancora visibile la porta d’accesso, anche questa una meraviglia ingiustamente ignorata. Per quale motivo non riusciamo a far fruttare tutta questa ricchezza? Eppure in un sito di questa grandezza ci sarebbe possibilità di lavoro per molti, dalle guide turistiche agli operai per la manutenzione. Si potrebbe pensare a un punto di ristoro, a un negozio di souvenir, nientemeno che a Populonia si sono inventati la possibilità di far svolgere delle attività per bambini, tipo fabbricazione di vasi e monili etruschi, che si pagano a parte.

 
Siamo più stupidi forse?
Chi si dovrebbe occupare della sistemazione della zona? L’area della necropoli è di proprietà di un privato cui mancano le capacità imprenditoriali, ma quella del castello, è proprietà della Provincia, che nel 1996 ha speso per il recupero della torre svariati milioni di lire, a giudicare dalle attuali condizioni di abbandono si è trattato di un intervento inutile.

 
Noi come associazione, nei prossimi giorni ci occuperemo della pulizia della tomba. Sappiamo che negli anni passati, un’altra associazione, cui era stata affidata la gestione dell’area, ha lavorato duramente per ripulire la zona, creando escursioni domenicali e feste per focalizzare l’attenzione su quella che è una grandissima ricchezza per la nostra terra. Purtroppo non è bastato a smuovere l’apatia e la cecità di chi ci amministra. Probabilmente serve una collaborazione seria tra università, soprintendenza, associazioni, privati e amministrazione. Serve un progetto comune. Serve pubblicità. Servono investimenti. Serve che Roma non accentri tutte le scoperte fatte in terra d’Etruria nei suoi musei. Serve che non dimentichiamo che abbiamo un passato glorioso di cui essere fieri.

 

sicuramente non etrusca

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