Dalla Tuscia l’inventore italiano del cinematografo

Dalla Tuscia l’inventore italiano del cinematografo

Homepage - Filoteo Alberini, pioniere del cinema della Tuscia e di tutta Italia. Inventò il proiettore cinematografico contemporaneamente ai fratelli Lumière, ma venne bloccato dalle lungaggini della burocrazia italiana.

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Sono tante le invenzioni dei secoli passati contese da due o più inventori, basti pensare al telefono che per anni è stato al centro di una dura battaglia per la paternità fra l’italiano Antonio Meucci e l’americano Alexander Graham Bell. Solo nel 2002 il Congresso degli Stati Uniti ha riconosciuto ufficialmente a Meucci l’invenzione del telefono, avvenuta cinque anni prima di quella del collega statunitense. Il caso si è ripetuto più volte, anche per quanto riguarda il cinema. Siamo abituati ad attribuire la paternità del cinematografo ai fratelli Lumière, Auguste e Louis, che nel 1894 quasi dal nulla realizzano un apparecchio in grado di proiettare immagini in movimento.

In realtà l’idea dei Lumière arriva direttamente da un’invenzione di Edison, il Kinetoscopio, una cassa con in cima uno spioncino e una maniglia di lato. Facendo ruotare la maniglia si potevano vedere una serie di immagini, montate su una pellicola, in movimento. I due fratelli francesi, capendo la portata rivoluzionaria dell’invenzione la modificarono creando il primo proiettore cinematografico. Ma nello stesso tempo un’altra persona stava facendo esattamente la stessa cosa a qualche centinaio di chilometri di distanza: l’ortano Filoteo Alberini.

Anche Alberini, come i Lumière, era entrato in contatto con l’invenzione di Edison e come loro aveva pensato di modificarla per creare un apparecchio che proiettasse immagini in movimento. Filoteo vide l’apparecchio in un negozio di Firenze e chiese al proprietario di poter vedere come funzionasse all’interno. Al rifiuto da parte del commerciante, Alberini torna a casa con la voglia di costruire un suo personale Kinetoscopio che proietti le immagini su uno schermo. In due mesi progetta, costruisce e sperimenta il suo apparecchio. Lo stesso Alberini parte da Orte e si reca in Francia, in visita ai Lumière, per mostrare loro i progetti: i due rimangono impressionati (alcuni sostengono che la coppia utilizzò le intuizioni dell’italiano per migliorare il loro cinematographe).

Alberini era in netto anticipo sui colleghi francesi, ma allora cosa andò storto? Perché la parte del cinema non è attribuita a un inventore del viterbese? A giocare un tiro mancino a Filoteo fu la burocrazia italiana, anche allora piuttosto macchinosa e lenta, che impiegò un anno a rilasciare il brevetto, nel 1895 mentre i fratelli francesi organizzano le prime proiezioni. Alberini non demorde e decide di scommettere tutto su quella che doveva essere la sua invenzione: apre la prima sala cinematografica italiana nel 1899.

Si sposta definitivamente da Orte agli inizi del 1900, quando fonda la Cines a Roma per la produzione e distribuzione di film. Sempre nella Capitale, Filoteo apre il suo secondo cinema, il Moderno, in piazza Esedra che oggi ospita uno dei multisala The Space. Infine si getta a capofitto nella produzione di film: durante l’arco della sua vita, Alberini è il regista di oltre 130 film a soggetto, 36 documentari e 57 comiche. Fra le altre invenzioni di Alberini vi furono la cinepanoramica (un sistema di obiettivo girevole che allarga l’immagine sullo schermo, un antenato dell’odierno Vistavision), il cineorologio (un disco rotondo di pellicola con tanti fotogrammi che potevano essere visionati con un apparecchio manuale), una pulitrice di pellicole e un accessorio da applicare alle macchine fotografiche, antesignano dello scatto in sequenza.

Ancora oggi la sua città natale lo ricorda con dolcezza, attraverso una targa posta sulla casa in cui è nato in Via Piè di Marmo e il cinema locale, che purtroppo da qualche settimana è chiuso a causa dell’inagibilità dei locali. Negli anni Filoteo Alberini è stato ispiratore di rassegne, concorsi e premi dedicati al cinema, infondendo l’amore per la settima arte in tutte le nuove generazioni del posto. Un mito, quello di Alberini, che ancora non si è esaurito e che, anzi, sta ancora cercando la sua dimensione all’interno del panorama culturale della Tuscia.

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