Cultura, attenti o ci ritroveremo con il MINCUL-POP (il trattino è voluto)

Cultura, attenti o ci ritroveremo con il MINCUL-POP (il trattino è voluto)

Editoriali - Il tema della cultura e delle sottoculture tiene banco nella città dei papi. Nonostante il "palazzo non sia un bancomat", Delli Iaconi dixit, c'è che ci vuole fare e restare in vita.

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Metto le mani avanti, non sono un “acculturato” e non scrivo quanto sta per venire per spocchia o sfoggio. Lo scrivo per allergia all’ipocrisia, alla voglia di “buttarla in caciara” che in questi giorni è andata per la maggiore in città. Il tema è quello della cultura, dei fondi pubblici a sostegno delle iniziative e della guerra sempre più accesa tra realtà culturali e palazzo.

C’è chi dice che sia tutta una roba d’invidie. E’ però questa una lettura troppo semplicistica del quadro. C’è chi dice che sia tutta una questione di soldi e ha tentato in questi giorni di tratteggiare come poveri questuanti i membri delle associazioni che la scorsa settimana hanno tenuto una conferenza stampa simbolica sotto Palazzo dei Priori. Assente l’assessore Tonino Delli Iaconi che ha risposto così: “Il palazzo non è un bancomat’.

Frase legittima, ma che dimostra quanto l’assessore non stia seguendo con la giusta attenzione la delicata questione. In merito alla frase in sé ci piace sottolineare inoltre che se il Palazzo non è un bancomat, cosa che ci trova perfettamente in sintonia, non lo deve essere per nessuno. C’è poi chi ha pensato bene di delegittimare alcune realtà culturali che da anni (con meno fortuna e meno spinte politiche di altre, forse anche meno scaltrezza) cercano di rompere il piattume cittadino. Si ricorre ad argomenti del tipo: che impatto mediatico ha? Quanta gente muove? Che ricaduta ha sul sistema dei ristoranti e dei bar della città? Quante pagine di giornali conquista (la domanda è: nella conta valgono solo quelle gratis o anche quelle a pagamento?)?

Ragionamenti sensati. Infatti come La Fune ci proponiamo di capire i reali impatti delle varie offerte culturali viterbesi. Non certo per spirito di rivalsa verso qualcuno, ma per profonda antipatia verso le tante “baggianate” che ascoltiamo quotidianamente. Crediamo infatti che fare chiarezza, portare i numeri a galla, sia l’unico modo per ripristinare un sistema di verità. 

Ci preme però sottolineare che la cultura non è legata in alcun modo con i numeri. La logica dei numeri, dello share o audience, è una roba televisiva anni Ottanta. Anche perché se cultura è numeri mi candido a realizzare a Viterbo un festival dell’hard. A quel punto però, battendo tutti sulla folla di pubblico, sarei costretto a fare scopa di tutti i fondi del Comune di Viterbo. 

Sulla cultura poi c’è tutta un’altra onda di problemi. I suoi legami con la politica. Quando la cultura diventa strumento di parte, cavallo di troia per battaglie politiche di parte, è giusto finanziarla con i soldi pubblici? Per fortuna a Viterbo non siamo ancora arrivati a questi livelli, ma se si continua con questa superficialità ci ritroveremo con il MINCUL-POP (il trattino è puramente voluto e dopo la M avremmo messo volentieri anche l’apostrofo). Lì sì che sarebbero dolori e la logica diventerebbe una e una soltanto: finanziare gli allineati e punire i diversi. Le sottoculture, è noto, sono destinate a fare una brutta fine.

 

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