Civita di Bagnoregio, viaggio nel miracolo di un angolo di Tuscia

Civita di Bagnoregio, viaggio nel miracolo di un angolo di Tuscia

Homepage - Giapponesi, sudcoreani, cinesi, norvegesi, tedeschi. Benvenuti a Civita. Questa non è la Tuscia è un'altra roba, oppure è la parte di Viterbese migliore dove le idee chiamano idee e il coraggio sta dando frutti buoni. Siamo andati a vedere da vicino e ce ne siamo andati con una domanda rompicapo.

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Sfreccia una navetta e dentro c’è una nuvola di occhi a mandorla. Dopo pochi minuti eccone un’altra e poi ancora una. A schiacciarsi a fessura quindi sono le nostre pupille, piuttosto incredule. Civita di Bagnoregio la conosciamo da tempo. E’ sempre stata lì, fissa sulla rupe.

“La città che muore”, a san Bonaventura piacque chiamarla così. Non certo un vezzo artistico, quello del più importante biografo di san Francesco. Piuttosto la costatazione del dato oggettivo, del corso storico della natura. Il tufo si erode, si sgretola, frana. Tutto intorno un paesaggio unico o comunque raro: i calanchi. Là dove prima c’erano strade e passavano carri e muli carichi oggi non potrebbero attraversare più neanche dei funamboli.

Ma è proprio ciò a fare la magia di questo angolo remoto della Tuscia. Morire e esserci, rinnovarsi. Oggi la casa di san Bonaventura stesso non c’è più, ridotta a scoglio tufaceo. Con un cancelletto che delimita il nulla o il quasi nulla. Qui venivano in pochissimi, l’ingresso era gratis e quando si parlava di turismo si mandava la mente a sparuti gruppi di avventurieri. Poi l’intuizione di quello che è ancora oggi il sindaco di Bagnoregio, Francesco Bigiotti. Ha messo un biglietto di qualche euro per varcare il ponte e avventurarsi in quest’isola. Risultato? 60mila visitatori nel mese di agosto. Tanta gente quanta risiede nel capoluogo Viterbo.

Giapponesi, sudcoreani, cinesi. Ma anche tedeschi, francesi, norvegesi e gite di ragazzini italiani. Non c’è più una cubatura commerciale, neanche a pagarla oro. Ci sono invece piccoli negozietti uno più magico dell’altro e residenze per turisti d’incanto. C’è chi si è inventato anche “l’acqua di Civita”, un profumo da provare.

500mila turisti all’anno, questo si muove oggi a Civita di Bagnoregio. E’ possibile incontrare il mondo e sentirsi nel mondo. La crescita della “città che muore” sta ammazzando la crisi da queste parti. Le tasse comunali vanno via, mentre i restanti comuni del circondario si piangono addosso per i tagli del governo centrale. Si aprono attività, si vende più pizza e i supermercati assumono e i fornai imbarcano aiutanti.

Non riusciamo a capire una cosa: cosa è cambiato rispetto a qualche anno fa? Eppure economicamente quelli passati erano tempi migliori. Eppure Civita è sempre stata lì, su quella rupe dispettosa. Con questa domanda che ci trapana la testa riscendiamo il ponte, ci godiamo i calanchi e pensiamo che il lavoro premia, che le idee pagano, che credere nel futuro costruisce futuro.

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