Carta di Pisa, la cattiva politica non la vuole. Secondo indiscrezioni a Palazzo dei Priori circolerebbe la “pazza idea” di emendarla e ridurla a Carta dell’Urcionio

Carta di Pisa, la cattiva politica non la vuole. Secondo indiscrezioni a Palazzo dei Priori circolerebbe la “pazza idea” di emendarla e ridurla a Carta dell’Urcionio

Politica - E' il nemico numero uno del momento della cattiva politica. Si chiama 'Carta di Avviso Pubblico', ma per gli "amici" è la 'Carta di Pisa'. Secondo indiscrezioni a Palazzo dei Priori penserebbero di emendarla.

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La Carta di Pisa brancola nel buio di Palazzo dei Priori. Il documento, che altro non è se non un codice etico di condotta per gli amministratori degli enti locali, sembra destinato a un parto travagliato nella sala del consiglio comunale.

E’ atteso proprio in sala d’Ercole, avendo ultimato il proprio cammino nell’apposita commissione. Ma non è ancora chiaro quando sbarcherà. Secondo le ultime indiscrezioni all’interno della maggioranza starebbe circolando la “pazza idea” di portarla ed emendarla in almeno una decina di punti. Quelli che potrebbero dare fastidio a qualche politico attuale.

Chiacchiera che se dovesse concretizzarsi nei fatti dimostrerebbe una cosa su tutte: la profonda confusione e mancanza di conoscenza dei politici nostrani su cosa è la Carta di Pisa stessa. Ma Viterbo è in buona compagnia. Il documento, promosso dall’associazione Avviso Pubblico nel 2012, e ribattezzato nel 2014 Carta di Avviso Pubblico non ha infatti avuto successo nel BelPaese.

Solo una trentina di amministrazioni comunali e provinciali finora l’hanno adottato, molte altre invece hanno avviato un iter che si è arenato strada facendo. In queste ore è uscito un significativo articolo su ‘Il Fatto Quotidiano’ (leggi) che ne parla così: “Non è carta destinata ad accumulare polvere sugli scaffali, come normalmente accade ai “codici etici” in Italia. È un codice esigente sul piano dei comportamenti richiesti agli amministratori politici, eletti e nominati. Per citare solo alcuni punti, impone – prima e in misura più rigorosa delle leggi poi sopravvenute, tra cui la sedicente “anticorruzione” del 2012 – piena trasparenza di redditi, patrimoni, finanziamenti politici, criteri di nomina (improntati al merito dei candidati), conflitti di interesse, rapporti coi mezzi di comunicazione, divieto di accettare regali e di cumulare cariche, specie quelle che creano commistioni incestuose tra controllori e controllati. Nulla di rivoluzionario nei contenuti, solo un elenco “nero su bianco” di elementari regole di buona politica”.

La buona politica, questa sconosciuta.

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