Backstage – Talete vittima di una politica codarda

Backstage – Talete vittima di una politica codarda

Homepage - C'è una differenza sostanziale tra il possesso di un bene e la sua gestione. Una differenza che sfugge (chissà quanto involontariamente) ai soci di Talete, la società che gestisce il servizio idrico integrato in quasi tutta la Tuscia. Che l'acqua debba essere di proprietà pubblica, è un fatto assodato sul quale nessuno ha qualcosa da ridire. Ma sulla gestione da anni ci sono problemi che mai sono stati risolti e che, talvolta, hanno addirittura portato l'azienda sull'orlo del fallimento,

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C’è una differenza sostanziale tra il possesso di un bene e la sua gestione. Una differenza che sfugge (chissà quanto involontariamente) ai soci di Talete, la società che gestisce il servizio idrico integrato in quasi tutta la Tuscia. Che l’acqua debba essere di proprietà pubblica, è un fatto assodato sul quale nessuno ha qualcosa da ridire: un principio fondamentale mai messo in discussione. Ma sulla gestione da anni ci sono problemi che mai sono stati risolti e che, talvolta, hanno addirittura portato l’azienda sull’orlo del fallimento,

Inutile stare a disquisire sulle colpe e sulle responsabilità: il dato di fatto è che la politica nella sua intierezza si è dimostrata incapace di tenere in equilibrio i conti. I manager (di destra, di sinistra, di qualunque colore) che si sono susseguiti alla guida di Talete non sono riusciti a mostrare un minimo di capacità di buona amministrazione: per far quadrare i bilanci e per evitare di chiedere ai comuni (che di fatto sono i proprietari) di mettere mano al portafoglio, si è spesso dovuto ricorrere ad operazioni di maquillage finanziario. Che in sostanza hanno soltanto buttato la polvere sotto il tappeto, evitando di incidere sulle cause di un dissesto che è sempre dietro l’angolo.

Una lunga premessa per entrare nel merito di una questione sulla quale si è perso già troppo tempo e che abbisogna, molto prima che poi, di decisioni serie. Qualche giorno fa era stata convocata dal presidente dell’Ato Mauro Mazzola un’assemblea dei soci per cominciare ad esaminare il dossier Acea, cioè la possibilità che il colosso energetico franco – italiano subentri nella gestione dell’azienda viterbese. C’era da sentire che cosa aveva da dire il presidente di Talete su questa ipotesi e c’erano da fare valutazioni sull’opportunità di proseguire in un percorso che appare ormai ineludibile. La riunione non si è tenuta perché mancava il numero legale: gli amministratori hanno ritenuto opportuno disertare l’incontro. Una non decisione che dimostra pure la pochezza complessiva di chi è chiamato ad amministrare la cosa pubblica. Si può esprimere dissenso, si può non essere d’accordo, si possono indirizzare le scelte: non è consentito invece lavarsene le mani e rinviare a chissà quando.

E qui si torna al quesito iniziale. Chi possiede un bene ha responsabilità alle quali non può sfuggire: o è in grado di mandare avanti la baracca seguendo i principi della buona e sana gestione o deve passare la mano. Si può possedere un ottimo ristorante, ma non essere in grado per le più svariate ragioni di farlo funzionare al meglio, e allora bisogna affidarne la conduzione a gente che conosce il mestiere (magari Cracco o Cannavacciuolo o gli altri campioni di Masterchef. A proposito, vince Cristina: si accettano scommesse). Poiché la storia dimostra che finora la gestione pubblica si è dimostrata fallimentare, bisogna seguire altre strade. Acea? E’ un’idea da non scartare a priori: basta porre paletti seri attraverso un contratto chiaro e un controllo costante sulle tariffe e lasciare la maggioranza nelle mani dei Comuni. A Roma funziona così e il Campidoglio incassa parecchi utili nell’ordine di milioni di euro. Acea non è il paradiso in terra, ma neppure il diavolo dipinto da qualcuno. L’alternativa starebbe in tante piccole gestioni comunali: nella Tuscia ce ne sarebbero una sessantina. Ma quand’anche fossero la metà, sarebbero troppe. Un’idea un po’ romantica e un po’ utopistica che non fa i conti con il mercato. Che piaccia o no, è un dato di fatto del quale non si può fare a meno.

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