Backstage – Il complicatissimo puzzle delle comunali

Backstage – Il complicatissimo puzzle delle comunali

Homepage - "Un Paese che litiga è un Paese triste, che non cresce". L'analisi di un sociologo? No, lo dice Papa Francesco parlando a Pietrelcina, davanti ai concittadini di Padre Pio, l'umile frate diventato santo. Ma il ragionamento del pontefice non è rivolto evidentemente solo alla gente del posto: si riferisce a tutti, all'Italia, al mondo e quindi anche a Viterbo dove il litigio è il pane quotidiano soprattutto nelle vicende politiche

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“Un Paese che litiga è un Paese triste, che non cresce”. L’analisi di un sociologo? No, lo dice Papa Francesco parlando a Pietrelcina, davanti ai concittadini di Padre Pio, l’umile frate diventato santo. Ma il ragionamento del pontefice non è rivolto evidentemente solo alla gente del posto: si riferisce a tutti, all’Italia, al mondo e quindi anche a Viterbo dove il litigio è il pane quotidiano soprattutto nelle vicende politiche. Dopo il voto del 4 marzo, nulla sarà più come prima: è lampante e la prova di tarda primavera per il rinnovo del Consiglio comunale configura la plastica rappresentazione di una comunità che si avvia al voto all’insegna delle divisioni e degli sgambetti già in fase di presentazione delle candidature. Opportuno quindi dare un’occhiata alla situazione analizzandone gli attuali assetti, soggetti naturalmente a variazioni in corso d’opera.

GLI SVINCOLATI Sono già tre, quasi quattro, i candidati alla guida di Palazzo Priori che non intendono allearsi con chicchessia: il pentastellato Massimo Erbetti, Chiara Frontini (Viterbo 2020) e Filippo Rossi (Viva Viterbo), citati in rigoroso ordine alfabetico. Ai quali probabilmente ci sarà da aggiungere un esponente della lista ispirata da Sergio Pirozzi. Fatta eccezione per il Movimento Cinquestelle, per gli altri le possibilità di vincere o di arrivare almeno al ballottaggio sono praticamente nulle; notevoli invece quelle di condizionare l’eventuale secondo turno. E non è da escludere che, alla resa dei conti, possa spuntare qualche ulteriore lista civica a complicare ancora di più la situazione.

IL CENTROSINISTRA  In area Pd è il momento non solo di leccarsi le ferite, ma soprattutto a rimettere insieme i cocci. Impresa ardua, quasi impossibile se si pensa a tutto quello che è accaduto in questi anni. La spaccatura tra fioroniani e il resto della compagnia è sotto gli occhi di tutti. Il voto delle regionali ha ancor di più ampliato e infettato le ferite precedenti. Basta pensare a democratici di spicco come Serra e Quintarelli (dichiaramente renziani) che hanno appoggiato Panunzi (orlandiano) e non Luisa Ciambella o Egidi, espressione della loro stessa area. Se questi sono i presupposti, complicato ipotizzare una convergenza su un candidato che sia espressione chiara di una delle due fazioni. Dunque, cammino in salita per Francesco Serra o per Alvaro Ricci, personaggi sicuramente credibili e capaci, ma impiombati dai veti incrociati dei rispettivi schieramenti.

Si sarà notato che in queste settimane non si è parlato per niente di Luisa Ciambella come possibile aspirante alla fascia tricolore, nonostante la sua candidatura entri nel novero delle possibilità più naturali: vice sindaco uscente, concreta esperienza amministrativa e buon risultato personale nella corsa per la Pisana. I motivi sono diversi: il primo è la caratterizzazione di esponente di spicco della frangia che fa capo all’ex ministro e ormai anche ex deputato di Pianoscarano e soprattutto che il suo è nome forte per la futura giunta Zingaretti, sempre ammesso che Montalbano de’ Noantri riesca ad insediarsi e che non trovino conferma le voci di dimissioni in massa di 26 consiglieri che farebbero decadere l’intero Consiglio regionale con conseguente ritorno alle urne in tempi ristretti. Si vedrà.

Intanto, dalla situazione di impasse si potrebbe uscire ricopiando lo schema del 2013 e candidando un civico alla guida di una lista sganciata dai partiti e aperta a contributi esterni sul modello di “Oltre le mura” e il nome, in questo caso, potrebbe essere quello di Marco Ciorba, attuale presidente del Consiglio comunale, con il Pd che comunque resterebbe azionista di maggioranza. Si vedrà pure stavolta.

IL CENTRODESTRA Grandissima è la confusione sotto il cielo, per dirla con Mao. Per fare ordine, è opportuno partire da Forza Italia che mette in campo due possibili candidati: Giovanni Arena e Daniele Sabatini, anche loro citati in ordine alfabetico. Il primo ha lanciato la volata da tempo, forse anche troppo, e può contare sul potente appoggio dell’indiscusso capo azzurro nel Lazio (Antonio Tajani) e del suo mentore in loco (il neo senatore Francesco Battistoni); sul piatto della bilancia pesa però il risultato non esaltante della figlia Francesca alle regionali (poche centinaia di preferenze) e un rapporto non più tanto solido con il coordinatore provinciale Dario Bacocco che, nel gioco delle preferenze, a Viterbo città ha raccolto assai poco. Il secondo ha dalla sua parte tutta la corrente mariniana (che, soprattutto nel capoluogo, pesa parecchio) e l’ottima performance che gli ha fatto sfiorare la rielezione in Consiglio regionale, ma anche rapporti non proprio idilliaci con le altre forze della coalizione. Di fatto, un partito spaccato sostanzialmente in due.

Fratelli d’Italia storicamente possiede un elettorato fidelizzato dentro e fuori le mura: senza troppe difficoltà ha mandato in Parlamento Mauro Rotelli e dunque vuole avere voce in capitolo nella scelta del candidato. Puntare però sul tridente composto da Paolo Bianchini, Luigi Buzzi e Claudio Ubertini appare, onestamente, più una mossa tattica che una reale richiesta alla coalizione. Ma nelle mutevole geografia cittadini, al momento sono in deciso rialzo le quotazioni della Lega, primo partito alle politiche e alle regionali, pur se va subito detto che il voto amministrativo ha connotazioni differenti. Si attende l’arrivo in città del lider maximo, Matteo Salvini, che (anche in virtù del fatto che negli altri capoluoghi del Lazio non ci sono suoi sindaci) potrebbe chiedere che a Viterbo concorra un esponente della Lega. E il nome, con Umberto Fusco in volo verso Palazzo Madama, potrebbe essere quello di Enrico Maria Contardo, ex assessore della Giunta Marini, più che quello di Giovanni Bartoletti, noto anche come ex “assessore all’aeroporto che non c’è (e non ci sarà mai…)”. Un’ipoteca pesante alla quale sarebbe difficile opporre argomenti pregnanti.

Infine, la galassia delle liste civiche guidata da Fondazione, la creatura di Gian Maria Santucci, che sornione resta alla finestra in attesa degli eventi. Da buon democristiano lascia che siano gli altri a litigare: alla fine, per ritrovare uno straccio di unità, potrebbe pure esserci convergenza sul suo nome: altrimenti andrà per conto suo, come cinque anni fa. Un’ipotesi tutt’altro che remota perché il rischio è che, senza accordo, possano spuntare 2-3 liste autonome che sottraendo voti alla coalizione metterebbe a rischio anche un eventuale ballottaggio.

A tutto vantaggio dei Cinquestelle e anche di un rientro nella partita del centrosinistra. Si vedrà e ne vedremo delle belle. 

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